Il Cinema non si Ferma: Ruggero De Virgiliis e la follia contagiosa
Proseguono a ritmo serrato le riprese del docufilm a episodi di Il Cinema Non Si Ferma, che racconta scene di “quotidiana quarantena” ai tempi del Covid-19. Un progetto scaturito da un’idea del produttore e organizzatore Ruggero De Virgiliis, in apparenza un po’ “folle”, che in realtà ha conquistato professionisti che mai avrebbero pensato, un giorno, di poter fare un film restando ognuno a casa propria.
Immaginate un set cinematografico: c’è il regista, l’aiuto, il fonico, il direttore della fotografia. E poi il cameramen, colui che batte il ciak, il truccatore e parrucchiere, il costumista, gli attori. Ecco: ora fate un piccolo sforzo e ponete ognuno di questi professionisti del grande schermo a casa propria, in isolamento causa pandemia, a fare il proprio lavoro collegato con gli altri in videoconferenza su computer, smartphone, webcam. Sembra una follia. Ma una follia molto contagiosa se personaggi come il regista Marco Serafini, che ha diretto, tra le tante cose, cinque stagioni della fiction di successo “Rex”, i produttori della DeltaDue Media Daniele Fioretti e Daniele Muscolo, uno sceneggiatore come Stefano Piani hanno accettato di trasformare in realtà questa idea bizzarra.
E’ nato così Il Cinema Non Si Ferma, il primo docufilm interamente girato rispettando le norme di distanziamento sociale imposte dal Governo per contenere il contagio del Coronavirus. Un progetto partorito dalla creatività di Ruggero De Virgilis, produttore e organizzatore che negli anni si è fatto conoscere anche come location manager e regista di documentari, con la mente aperta ai cambiamenti che oggi è orgoglioso di questa “creatura”.
Come è nata questa idea quantomeno “bizzarra?”
“E nata al ritorno dal festival del cinema di Berlino dove sono andato per seguire il mio lavoro e portare avanti alcuni progetti. Una volta a casa infatti è esplosa la situazione “coronavirus” in tutta la sua gravità: i miei amici mi chiamavano uno dopo l’altro dicendo che i set cinematografici avevano fermato la produzione, che i Carabinieri stavano chiudendo tutti i set. Marco Serafini, regista mio amico, mi ha telefonato per dirmi che chi stava lavorando nel cinema era stato costretto dal Covid 19 a tornarsene a casa. A quel punto ho pensato che il cinema non poteva fermarsi, doveva reagire perché a lui toccava il compito riaprire la strada all’ottimismo. Il modo più semplice, e anche l’unico, di tornare a far sognare la gente era proprio fare un film”.
Si, ma come se ognuno doveva restare a casa propria?
“Oggi la tecnologia ci mette a diposizione telefonini, computer con cui parlare anche in dieci o venti persone contemporaneamente. E poi webcam, smartphone sempre più sofisticati. Ci saremmo adattati con quello che avevamo a disposizione, con tutti i limiti del caso ma rispettando tutta la filiera del cinema. Con un regista, il suo aiuto, uno sceneggiatore, un direttore della fotografia, un capotecnico, una costumista, un operatore, trucco parrucco e via dicendo. E poi con una finalità benefica, perché in un periodo triste come questo, con tanta gente che soffre, persone che muoiono, dal punto di vista etico non sarebbe stato possibile fare diversamente”.
Quindi che è successo?
“Che ci ho rimuginato un po’ sopra perché anch’io non avevo ben chiara la fattibilità di questa idea. Poi ho chiamato Marco Serafini, regista, e Daniele Fioretti, produttore, e glie l’ho comunicata. All’inizio ho notato un certo spiazzamento. Marco è un regista eccezionale che lavora dai primissimi anni ottanta, un grande del cinema con la “C” maiuscola. Eppure tutti e due si sono fatti coinvolgere in questa “lucida follia” e abbiamo cominciato a lavorare subito. Abbiamo fatto diventare le regole della quarantena un dogma di produzione cinematografica”.
Con che tempi?
“Immediati. Siamo passati dalla fase del concept a quella operativa nel giro di un istante. L’orizzonte temporale era chiaro a tutti, dovevamo mettere su una produzione a tempi di record. Abbiamo contattato le persone di cui più ci fidavamo e abbiamo ufficialmente dato il via al progetto. Siccome non c’era tempo per concepire una storia lunga, abbiamo optato per un docufilm a episodi coordinati nella sceneggiatura dall’ottimo Stefano Piani. Abbiamo iniziato a preparare le riprese e scegliere il cast prima ancora di avere le storie in mano. Tutti abbiamo imparato a fare cinema “di nuovo” per la prima volta con una tecnica diversa”.
Poi tutto e’ cresciuto a dismisura.
“Infatti. Da un sassolino il progetto è diventato una valanga. Il Cinema Non Si Ferma oggi conta tanti professionisti, tra cui gli attori Kaspar Capparoni, Karin Proia, Paola Lavini, Jane Alexander. Con orgoglio io ne sono produttore creativo, il mio ruolo è quello di favorire il meglio del lavoro di tutti, di fare in modo che tutto questo abbia un senso dal punto di vista produttivo”.
E lo fai stando comodamente a casa tua, in Germania
“Sono i “potenti mezzi” della tecnologia moderna che ce lo consentono. In effetti vivo a Stolberg, una cittadina vicina ad Aquisgrana. Ma anche se fossi dovuto venire in Italia per le riprese non mi sarebbe certo pesato: da bambino, per il tipo di lavoro che faceva mio padre mi sono spostato parecchio con tutta la famiglia. La mia praticamente è da sempre una vita in valigia anche adesso che per lavoro viaggio moltissimo. Mi è capitato di prendere otto aerei in una settimana. Questo però mi ha consentito di assorbire immediatamente il nuovo contesto in cui mi trovo a vivere, sviluppando una grande empatia con gli altri. Ho imparato ad adattarmi alle situazioni, e la cosa mi è tornata utile: non a caso Il Cinema Non Si Ferma è l’adattarsi di un’arte eccelsa come il cinema, che ha le sue regole, a una situazione d’emergenza in cui ce ne sono di nuove. Ma non è forse l’adattarsi al cambiamento a garantire la sopravvivenza?”.
Photo Credits: Il Cinema Non Si Ferma Press Office