“Sulla risposta sanitaria il governo ha elaborato una strategia in cinque punti. Il primo è mantenere e far rispettare distanziamento sociale, e promuovere utilizzo diffuso di dispositivi di protezione individuale fino a quando non siano disponibili terapia e vaccino“. Così, nel pomeriggio del 21 aprile, il premier Giuseppe Conte ha parlato nel corso dell’informativa al Senato in vista del Consiglio europeo.
Fra i passaggi più significativi dell’intervento del presidente del Consiglio anche quello sulla app da scaricare sui propri telefonini. Chiamata “Immuni”, la app dovrebbe consentire il tracciamento delle persone al fine di prevenire il contagio da coronavirus.
Per Conte: “L’applicazione di tracciamento sarà distribuita su base volontaria e non su base obbligatoria. Chi non vorrà scaricarla non subirà limitazioni di movimento o altri pregiudizi“. Tale passaggio è importante alla luce dei dubbi e delle polemiche già scaturite circa la trasparenza della app. E circa l’utilizzo dei dati di localizzazione e tracciamento sanitario dei cittadini italiani. Dati ipersensibili e riservatissimi il cui deposito e la cui destinazione devono essere chiari, senza, ovviamente, andare a cozzare con le tutele costituzionali del diritto alla riservatezza di ciascun cittadino italiano.
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