Una constatazione ma anche un’accusa. La metà circa dei cittadini dell’Europa che sono morti per coronavirus fino a oggi erano residenti in case di cura. Lo ha detto il direttore, giovedì 23 aprile, il direttore regionale dell’Oms Europa, Hans Kluge, in una conferenza stampa. “Il quadro su queste strutture è profondamente preoccupante”, ha sottolineato Kluge.

“Secondo le stime che arrivano dai Paesi europei la metà delle persone che sono morte di Covid-19 erano residenti in case di cura. Una tragedia inimmaginabile“, ha detto il direttore dell’Oms Europa. “C’è un urgente ed immediato bisogno di ripensare il modo in cui operano le case di cura oggi e nei mesi a venire“, ha aggiunto.

Ha quindi sottolineato che “le persone compassionevoli e dedicate che lavorano in quelle strutture – spesso sovraccaricate di lavoro, sotto pagate e prive di protezione adeguata – sono gli eroi di questa pandemia“.

Il problema coinvolge anche l’Italia. E pesantemente. Si contano a migliaia gli anziani morti nelle case di riposo nelle ultime settimane. Pochi giorni fa l’istituto superiore di sanità (Iss) ha diffuso il terzo rapporto sui contagi nelle strutture residenziali e sociosanitarie. Dal primo febbraio al 14 aprile 2020 sono stati 6.773 i morti fra i residenti delle case di cura italiane: nel 40,2% dei casi le morti sono avvenute per Covid-19 o manifestazioni simil-influenzali.

Dati che iniziano a emergere anche dai tamponi che arrivano dai laboratori. Milano, colpita dallo scandalo del caso Trivulzio, può costituire, purtroppo, un triste esempio. Al Policlinico, dove ogni giorno analizzano 500 test, nell’ultima settimana sono stati un migliaio quelli provenienti dalle case di riposo. All’ospedale Niguarda sono il 20% dei 1.200 processati ogni giorno, circa 250. Gli esperti ricordano che “i dati aumentano ogni giorno”.