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Coronavirus, parrucchieri ed estetiste in rivolta: “Pazzesco non farci aprire subito”

In base a quanto annunciato la sera del 26 aprile dal premier Giuseppe Conte, in relazione al nuovo decreto del governo sulla fase 2 dell’emergenza coronavirus, parrucchieri ed estetiste non riapriranno prima di giugno. Il loro mestiere viene considerato troppo a rischio contagio.

Sui social media è rivolta. Molti professionisti postano la propria rabbia, spessa espressa con ironia e sarcasmo. Ma il punto, per loro, è chiaro e si può riassumere così: “Noi siamo in grado di svolgere il nostro mestiere rispettando le misure di sicurezza, su prenotazione. Venire da noi è più sicuro che salire in metro o su un autobus”. Già, perché i mezzi pubblici, mai bloccatisi del tutto, dal 4 maggio ripartiranno a pieno regime.

Barbieri e parrucchieri potranno riaprire invece soltanto dal 1 giugno. “Una follia, non avrei mai pensato di dover dire una cosa del genere”, scrive su Facebook Hiro Vitanza, noto barbiere milanese, secondo quanto riporta il Gazzettino. Il barbiere posta un video condiviso da molte persone: “Migliaia di colleghi mi scrivono dicendo che rispettano le regole mentre assistono ai lavori a domicilio ‘clandestini’ in casa dei clienti…”.

Anche a Roma c’è rabbia. Per Paolo Salomone, titolare dell’azienda Solomon’s, riporta ancora il Gazzettino, ci sono “norme troppo rigide e poco ragionevoli per la nostra categoria. Non puoi dire si chiude solo perché è rischioso. Si poteva riaprire con restrizioni ferree ma almeno potevano continuare a farci vivere. Così si alimenta il sottobosco del lavoro in nero, gente che va a casa a fare i capelli”. “La data del 1 giugno – aggiunge – è un massacro economico, gli affitti dei negozi continuiamo a pagarli e la cassa integrazione per i dipendenti non arriva. Tra i miei ragazzi ci sono persone che psicologicamente, oltre che economicamente, stanno accusando questa situazione”.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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