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Giampaolo Morelli, 7 ore per farti innamorare: «Per me Napoli è bella come New York» [INTERVISTA ESCLUSIVA]

Dice bene Giampaolo Morelli, quando racconta che esordire alla regia con una commedia romantica non è certo una scelta di comodo. Dopo vent’anni di carriera e una serie di grandi tiri messi a segno come attore (a partire da L’ispettore Coliandro, e poi L’uomo perfetto, Song’e Napule, Smetto quando voglio, Ammore e Malavita, A casa tutti bene, Gli uomini d’oro) Morelli debutta alla regia con 7 ore per farti innamorare. Sarebbe bello poter parlare di esordio in sala – e anche lui, non lo nega, il rumore delle risate al buio lo rimpiangerà per un po’ – ma nella sfortuna del lockdown il film è uscito su Sky Primafila Premiere, Infinity, Chili, Rakuten Tv, Cg Entertainment e TimVision, investendo in un percorso di distribuzione inaspettato ma sorprendentemente emozionante.

Il paradosso, infatti, è che 7 ore per farti innamorare è proprio il genere di film che forse volevamo vedere in quarantena: un omaggio genuino ai sentimenti, una commedia brillante di quelle in cui si ride davvero, e non solo per venti minuti-bonus concentrati nella seconda metà del film. Il merito va anche ad un cast partenopeo riunito in una felice orchestrazione ad opera di Morelli, che è regista e protagonista maschile del film. Con lui Serena Rossi, Fabio Balsamo, Vincenzo Salemme, Massimiliano Gallo, Antonia Truppo e la romana Diana Del Bufalo ma, soprattutto, Napoli.

È qui che probabilmente Morelli riesce nell’obbiettivo che più gli stava a cuore, lui che Napoli l’ha sempre sognata al cinema come Manhattan, e che ora la racconta risparmiandole molti cliché. La città spicca allora nel film come culla romantica e metropoli variegata, fatta di ampie vetrate, di cocktail bar e localini chic in pieno stile europeo, di partite a beach volley e movida leggera. Una Napoli da percorrere in moto, in due, mentre ci si innamora.

Intervista a Giampaolo Morelli, al suo debutto da regista con “7 ore per farti innamorare”

7 ore per farti innamorare è un film giocato su regole di seduzione e strategie di conquista. All’inizio si parte un po’ scettici, poi effettivamente viene voglia di sperimentarle… Giampaolo, tu ci credi a queste tecniche?

Ci credo sì! Tutto è iniziato prima di scrivere il romanzo, perché sono inciampato nel banner pubblicitario di un tipo che sosteneva di poter insegnare regole per rimorchiare qualsiasi donna. Un vero maestro di seduzione. Io ho pensato che fosse impossibile: davvero esiste qualcuno che insegna rimorchio nella realtà anziché in un film, ma questo veramente fa? Allora ho fatto un po’ di indagini e ho scoperto che esistono questi maestri di rimorchio in tutto il mondo. Mi sono messo in contatto con alcuni dei guru più accreditati della seduzione italiana e gli ho chiesto di mostrarmi tutto: le teorie, la frecciatina acida, il test dello zerbino. Hanno accettato di farsi microfonare con un apparecchio nascosto mentre io da lontano li seguivo con cuffie e telecamera.

E immagino che le loro strategie fossero molto simili a quelle che vediamo nel film…

Assolutamente! Se ne andavano in giro a rimorchiare nei supermercati, nelle librerie, nei bar, nei luoghi più insoliti. Per esempio, una delle regole fondamentali è non andare a rimorchiare in discoteca. È il posto peggiore perché non puoi parlare, la musica è alta, le ragazze già sanno che verranno disturbate e quindi sono mal predisposte. I guru andavano invece nei luoghi più insoliti, ed effettivamente queste regole funzionavano. Quindi il rimorchio poteva essere insegnato!

Mi avevano colpito subito anche gli alunni, quando ho seguito qualche lezione insieme a loro. A parte i rimorchiatori seriali, come vediamo nel film, c’erano anche degli uomini insospettabili, simpatici ma timidissimi, paralizzati all’idea di dover approcciare una donna. Ecco, il timore di avvicinare degli sconosciuti è qualcosa che accomuna un po’ tutti. Con queste strategie, invece, affrontavano meglio la loro paura e si davano l’opportunità di farsi conoscere. Da lì mi è venuta l’idea di fondere queste regole di seduzione semplici, vere e sperimentabili con una commedia romantica.

“7 ore per farti innamorare”, dal romanzo al film: l’esordio di Morelli con una commedia romantica

Così nasce 7 ore per farti innamorare, che è il tuo primo film da regista ma anche il tuo romanzo (pubblicato nel 2016). Qual è stato il percorso? Hai scritto il libro per arrivare a farne un film, o il libro è tornato in ballo quando c’è stata l’occasione di girare un film da regista?

Quando ho scritto il romanzo c’era già una struttura quasi da sceneggiatura, forse l’idea di farne un film, un giorno. Non c’era però l’idea che lo girassi necessariamente io, né tantomeno come primo film da regista. Forse affrontare una prima prova di regia è più facile con un genere più autoriale, ti permette anche di sperimentare e di sbagliare di più, non se ne accorge nessuno. Se affronti il genere puro della commedia romantica, invece, sei di fronte ad un film largo, che si rivolge a tutti. Allora le emozioni e la battuta giusta devono arrivare quando è necessario, non puoi sbagliare i tempi. In questo senso la difficoltà e l’obbiettivo erano quelli di unire la comicità al romanticismo, senza scadere nella sit-com o nel melenso.

Giampaolo Morelli: “Non immaginavo di debuttare alla regia con il mio romanzo”

E come mai hai deciso di iniziare proprio con la tua commedia romantica?

Perché Federica Lucisano ha letto il romanzo, dopo due giorni mi ha chiamato e mi ha detto: “Per me ne possiamo fare un film, io ci sto”. Ero contento, certo, ma anche impaurito. Tutto immaginavo fuorché dover iniziare con questo. Devo dire anche che, da attore, non è che scalpitassi per arrivare alla regia…

Avrei detto il contrario. Oltre alla carriera da attore hai iniziato ad ottenere risultati importanti anche con la sceneggiatura, insieme ai Manetti Bros. (Piano 17 Song’e Napule). Sembrava che la regia per te fosse nell’aria…

Diciamo che scalpitare è un’altra cosa. Certo, qualcosa mi passava per la testa… Sapevo che avrei affrontato una storia, che sia un soggetto, una sceneggiatura, un romanzo oppure un film. Raccontare credo sia una cosa che mi appartiene.

Eppure la commedia romantica sembra essere un genere in cui ti sei trovato a tuo agio da subito: il film funziona, fa ridere sul serio, è ben scritto. Hai trovato la tua dimensione o questo sarà solo un punto di partenza?

Sicuramente non voglio diventa’ un esperto di commedie romantiche (in dialetto, ride: ndr). Conoscendomi, penso che esplorerò diversi generi. Mi terrò sempre sul comico, ma magari con una vena un po’ più rocambolesca…

Serena Rossi è Valeria, un ruolo femminile che colpisce: “Tosta, ironica, pungente”

Sono rimasta molto sorpresa da Valeria, il personaggio interpretato da Serena Rossi. È un ruolo femminile che mancava da un po’, scritto con piglio, articolato, intelligente, ammiccante. Credo sia il più grande merito del film. 

Sono contento che tu l’abbia notato! Ci tenevo molto, perché in Italia penso sia raro un ruolo femminile così centrale, che porta la storia avanti, che è il perno di tutto. Tra l’altro è un ruolo complesso, ed è proprio nella commedia che trovare le sfumature si fa più difficile. Serena ha fatto un ottimo lavoro con un personaggio per niente facile. Quindi eccoci di fronte ad una donna così tosta, che tiene a bada una classe di maschi che, per giunta, sono lì per rimorchiare. È ironica, pungente, ma sempre in progressione, perché ha una sua ferita. E con dolcezza, poco a poco, viene fuori anche questo lasciarsi andare attraverso uno sguardo, un sorriso…

E soprattutto senza contraddirsi mai: non rinnega chi è neanche quando poi si ammorbidisce per amore. Hai pensato subito a Serena Rossi?

In fase di sceneggiatura sì, Serena era secondo me l’attrice più adatta per questa storia. La conosco, so quanto si prepara, è una vera professionista, ha un grande talento. Sapevo che era perfetta per essere Valeria.

Fabio Balsamo è la spalla comica di Morelli: “Volevo lui, sa essere sia attore che comico”

Un’altra scelta delicata e determinante era quella della tua spalla comica. Come mai hai voluto proprio Fabio Balsamo?

Fabio con me aveva fatto un provino, ce l’avevo in testa. La sua abilità è quella d’essere sia comico che attore. Non va sopra le righe, riesce a farti ridere ma sa essere anche molto vero, ci mette del sentimento e mi è sempre piaciuto tantissimo. Non è facile, appunto, il ruolo della spalla comica. È un’enorme responsabilità. Io ho cercato di mettere tutti gli attori nel posto giusto. Ho chiesto ad alcuni di loro anche il sacrificio di provare più personaggi, perché volevo che fossero parte di un’orchestra, avevo bisogno di capire ognuno di loro a quale ‘carattere’ appartenesse di più. Credo che tutti, alla fine, siano usciti con una loro personalità.

Da attore hai lavorato con registi come Luchetti, Vanzina, Manetti Bros., Muccino… Tu hai già capito che tipo di regista sei?

Un’opera prima è un vortice. Sicuramente – e me lo aspettavo – sono un regista che pensa molto ai colleghi. Il fatto di esserci anche io tra loro a recitare, quasi mi disturbava. Mi piaceva molto invece stare su di loro, pensare a come farli uscire al meglio. Ogni colpo messo a segno su di loro era un colpo messo a segno per il film. Dover entrare in gioco come attore è stata la parte più complicata.

Pensi che 7 ore per farti innamorare sia un film riuscito?

Penso che, per quello che potevo fare, sia un film riuscito. I sentimenti che dovevano venire fuori, ci sono. Le emozioni e le risate, anche. Forse avrei voluto dare di più come attore, ma stavolta sarebbe stato impossibile dare più di così. I miei colleghi invece mi sembrano perfetti.

Giampalo Morelli: “Napoli per me è come New York”

Esteticamente cosa ti premeva curare di più? Napoli è centrale, metropolitana, quasi pop.

Volevo provare a fare una commedia dove tutto risultasse piacevole, dagli attori ai costumi, ma soprattutto i luoghi. Volevo raccontare Napoli per come la conosco io. Chi non è napoletano spesso mi ha detto, dopo aver visto il film: “Ma Napoli veramente è così?!”. Forse molti hanno una visione di Napoli che è sempre ‘o vicariello, ‘e pann stesi, Gomorra, ma anche Song’e Napule, un film molto bello che ho fatto io, un poliziesco neo-melodico ambientato nei vicoli. Molti pensano che Napoli sia quella oppure ‘sole, pizza e mandolino’.  Ecco, per me Napoli poteva essere tranquillamente un set meraviglioso per commedie romantiche. Io ho sempre paragonato Napoli a New York, per me hanno lo stesso potenziale. Anzi, per me Napoli è New York! Quando sognavo di fare il cinema, ogni storia che mi veniva in mente pensavo “come sarebbe bello girarla a Napoli”.

Gli americani sanno tirare fuori nei film la loro cultura e le loro città senza paura, in Italia invece mettiamo sempre dei luoghi-non luoghi, cerchiamo di essere neutri per paura di perderci qualche spettatore. Come a dire ‘se lo ambienti a Napoli, poi a Milano non lo vedono, se lo ambienti a Venezia poi invece non se lo vedono in Sicilia’. Non è che Gli Intoccabili è ambientato a Chicago e allora non se lo vedono a New York! Ecco, io penso che a Napoli si possa fare commedia romantica, bella come quelle girate a Manhattan.

“7 ore per farti innamorare” è su Sky On Demand

Voi avete fatto un po’ da apripista distribuendo il film su Sky On Demand, e inserendovi in un discorso già avviato anche da Netflix e Amazon Prime. Secondo te è davvero così penalizzante?

È chiaro che io il film lo immaginavo in sala, soprattutto perché è la mia opera prima. Non è che dici “vabbuò, ne ho fatti tre, il quarto va così”. Il debutto te lo immagini proprio in sala, vuoi sentire la gente che ride, vuoi vedere che effetto fa il passaparola. Poi con il lockdown Federica Lucisano e Vision Distribution mi hanno fatto questa proposta… Io sono rimasto inizialmente gelato, poi ci ho pensato e ho accettato. Io il film l’ho fatto per il pubblico, e voglio raggiungerne quanto più possibile. Poi proprio in questo momento ho pensato che il cinema potesse essere una vera evasione, soprattutto il mio, che non è un film autoriale ma pensato per far divertire.

Ho pensato che potesse rappresentare un atto di normalità: è l’uscita di un film, con una prima a tutti gli effetti e la gente che dice: “Esce il film di Giampalo Morelli, dove ce lo andiamo a vedere?”. Ho scoperto che molti si danno un appuntamento, magari il giorno del cinema in casa è sabato e allora mi scrivono: “Oggi in famiglia è la serata pizza e cinema”. Non volevo tenere questo film nel cassetto ad invecchiare. Ero partito un po’ abbacchiato, ma l’accoglienza è partita con il botto, Instagram e Facebook si sono riempiti di messaggi di felicità, ringraziamenti, entusiasmo. In qualche modo la sala si fa sentire sempre. È una gioia strana.

È anche una gioia un po’ amara, immagino.

Sì, fa anche un po’ male. Soprattutto perché in tanti mi dicono: “Eh certo, in sala sai come sarebbe stato…”. Ti mangi un po’ le mani. È chiaro che per me i film vanno visti in sala, niente può sostituirla. Ma questa, ora, è una grande alternativa.

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