Una vita intensa trascorsa sempre sotto i riflettori. Un’esistenza avvincente in cui l’anima di una personalità frizzante, ironica e raffinata si esprime in vesti diverse tra loro. Poter parlare con Chiara Boni è un’esperienza davvero unica. Emerge la passione per la moda, ma non solo. L’ attivismo verso le tematiche ambientali, il libro realizzato sull’eleganza, le mascherine fashion in arrivo, insieme ai capi comfy look. Il famoso tubino nero l’ha resa celebre nel mondo. La Boni ha avuto varie esperienze anche in televisione, tra cui “Ballando con le stelle”, in coppia con Samuel Peron. Poliedrica come poche.
Con il marchio Chiara Boni La Petite Robe, ed i suoi abiti realizzati con tessuti stretch innovativi, ha conquistato l’America, oltre la Germania, il Medio Oriente e la Russia. Ha raggiunto nel 2019 un fatturato di 25 milioni di euro. Partendo da Firenze, sua città natale. Da poco ha lanciato anche la linea uomo: Trailblazer. La stilista ha vestito celebrity dal calibro di Sharon Stone, Naomi Campbell, Pat Cleveland, Oprah Winfrey. Cara Kennedy Cuomo, nipote di Bob Kennedy, è la sua ultima testimonial. Il gruppo è la prima azienda italiana di abbigliamento ad aver ottenuto la certificazione PEF (Product Environment Footprint), grazie alla realizzazione di capi di bassissimo impatto ambientale. Con il progetto “Smile For Italy” la designer di fama internazionale, protagonista del Made in Italy, ha dato vita alla speciale t–shirt unisex dedicata alla lotta del coronavirus.
Intervista esclusiva VelvetMag a Chiara Boni
Innanzitutto, come sta a Milano in questo momento?
Bene fortunatamente. Ho cambiato casa da poco e ho una luce incredibile, vedo tutta Milano. Ora non bisogna uscire, soprattutto qui. Lavoro in smart working.
“Smile For Italy”: la t-shirt unisex a favore della lotta al coronavirus
Proprio in questi giorni si è fatta promotrice di un’iniziativa di solidarietà per la lotta al coronavirus. Ce ne parli.
Ho lanciato una t–shirt limited edition unisex intitolata “Smile for Italy”, che può essere acquistata tramite il sito. Sto pensando di realizzare anche la versione “Smile for Usa”, sempre unisex, perché devo molto al mercato americano. Il ricavato delle vendite sarà a favore delle aziende socio sanitarie della Regione Lombardia. Oltre alla maglietta si potrà fare anche una donazione direttamente all’Ente. Il personale sanitario e gli ospedali sono in prima linea nella lotta al Covid-19. Ho sentito l’esigenza di aiutarli.
Gli abiti sostenibili di Chiara Boni
Si parla molto di moda sostenibile. La sua ultima collezione è orientata proprio verso questa tematica. Come nasce questa esigenza?
Nel 2007 ho ricominciato a disegnare dopo un periodo di stasi. Ho subito pensato di utilizzare un tessuto unico, stretch, imprescindibile per i miei vestiti. Già allora avevo la green line. Sono però andata oltre, perfezionando l’intero processo produttivo. Oggi il problema è il sistema di lavorazione dei capi. Conosciamo il nostro prodotto dall’inizio e misuriamo quanto costiamo al pianeta. A parte questi giorni di stasi, dovuti all’epidemia in cui non inquiniamo, impattiamo sempre sull’ambiente. La realizzazione del Melania Dress, tra i modelli più amati, incide come la produzione di 8 kg di pasta.
La nostra realtà è la prima azienda in Italia di abbigliamento femminile ad aver ottenuto la certificazione europea PEF (Product Environmental Footprint), che quantifica proprio l’impatto ambientale dei capi. Il nostro prodotto è tracciato al 100% e vanta una qualità sostenibile.
La nipote di Bob Kennedy testimonial del brand
Perché ha scelto proprio Cara Kennedy Cuomo, nipote di Bob Kennedy, come ambassador dell’iniziativa?
Conosco Cara fin da quando era piccola. Volevo una testimonial giovane. Lei si è occupata fin da sempre di sostenibilità, essendo un’attivista. Desideravo un nome bipartisan, come quello di Cara.
L’impegno sociale di Chiara Boni
A proposito di politica, c’è stato un momento della sua vita in cui si è stata attiva anche su questo fronte. Che ricordi ha?
Anche qui ritorna il tema della sostenibilità. Sono stata cinque anni in Regione Toscana, dal 1999 al 2004, con Vandana Shiva, attivista ed ambientalista indiana. Una mia cara amica, Marialina Marcucci, mi segnalò per collaborare come assessore nella giunta. È stato un lavoro appassionante. Non essendo però una politica non sono rimasta, anche perché sarei dovuta entrare in un partito. In quel periodo non facevo moda, poi ho ripreso con il mio marchio.
Il libro sull’eleganza scritto da Chiara Boni
Oltre alla politica lei ha scritto anche un libro: ”Vestiti usciamo, l’eleganza femminile e la seduzione”. Cosa è per Chiara Boni elegante e cosa invece seducente?
Il volume andò molto bene, lo scrissi nel 1986 con Luigi Settembrini, che faceva parte dell’organizzazione del Pitti. Lui dava dei consigli di stile maschili, io femminili. L’eleganza è molto difficile da definire. Una persona per essere seducente deve avere fascino. A vent’anni è facile essere piacenti, c’è la carta della giovinezza e della bellezza naturale. Dopo arriva il fascino, che nel corso degli anni si affina. Ci sono donne che sono eleganti in pantaloni e camicia, altre in maniera più stravagante, altre in modalità sexy. È la personalità che fa da padrone e l’eleganza diventa un modo di essere.
A quale target si rivolge la sua moda?
L’età va dai 37 ai 55 anni. Da uno studio americano è emerso che la mia cliente è una donna autonoma ed economicamente indipendente.
Le sfilate a New York
Sfila due volte l’anno a New York. Come mai hai scelto questa piazza anziché Milano o Parigi?
Volevo andare a Parigi, ma oggi lì è impensabile proporsi, c’è troppa concentrazione di stilisti. I nostri clienti e buyers per l’80% sono americani. È chiaro che desideriamo omaggiarli organizzando da loro i fashion show, anche perché non tutti si muovono. La sfilata diviene quindi il modo più agevole per raggiungerli. Gli appuntamenti nella Grande Mela seguono il calendario ufficiale: settembre e febbraio.
Armani ha dichiarato che le collezioni andrebbero proposte con ritmi più lenti. È dello stesso avviso?
Assolutamente, anche perché la merce invernale nei negozi a luglio serviva soprattutto ai turisti di passaggio in Italia. Questo settore sarà purtroppo fermo per un bel po’. È chiaro che bisognerà puntare sui connazionali, che difficilmente acquistano un cappotto in estate. Le stagioni non sono più come prima, anche il meteo è cambiato. Riguardo al fast fashion la gente vuole vedere e comprare. Molto spesso si guarda la sfilata, anche online, e si desidera acquistare subito il capo. Vent’anni fa non era così. Le sfilate erano viste solo dagli addetti ai lavori. Tornare indietro su questo aspetto mi sembra più complicato.
Chiara Boni: no alle sfilate unicamente via streaming
Non è favorevole quindi alle sfilate via streaming?
Il fashion show ha più fascino con le persone, perché è uno spettacolo live.È come andare al teatro o allo stadio. Nel futuro utilizzare lo streaming andrà bene, perché se la sfilata si svolge a New York la posso vedere contemporaneamente anche in Italia. Ma non deve essere una scelta unica, perché la gente desidera vivere l’emozione del momento. Sfilare in una sala vuota è freddo, non ci sono gli applausi. È come una trasmissione in tv senza pubblico.
Il momento della sfilata
Cosa prova un attimo prima dell’uscita delle modelle?
Si gioca tutto il lavoro in quell’istante, in quei 10, massimo 12 minuti di sfilata. Sono sospesa, mi chiedo: andrà tutto bene? Prepari tutto al meglio e sei convinta di fare bene. Prima di uscire sul catwalk non si è più così convinti, a volte subentra l’incertezza. Poi, però, riguardando il lavoro fatto, sono soddisfatta. C’è una bella atmosfera dietro le quinte. Ho dei video in cui balliamo e mi diverto tanto ancora oggi! Non c’è un nervosismo cattivo, anzi.
Si emoziona ancora dopo tutti questi anni?
Non sono una persona che si emoziona molto, riesco a rimanere calma. Nella vita ho avuto momenti di grande successo e di fallimento. Sono molto forgiata dagli avvenimenti. L’entusiasmo però è immutato, mi accompagna sempre alla stessa maniera. È uguale al primo giorno in cui ho iniziato a disegnare.
“Regina di cuori” è il titolo del suo penultimo lavoro. Perché questo nome?
È una collezione con stampe animalier, un po’ wild ed eccentrica. Compaiono anche gli stivali ed i cappelli da cowboy. “Regina di cuori” era anni fa un mio marchio di jeans. Questa volta il nome parte dal racconto di Gianni Farinetti: “Regina di cuori: la donna che Vittorio Emanuele amò tutta la vita”, trasposto poi nell’invito.
La sua ultima presentazione di febbraio a New York invece a cosa è ispirata?
Alla Spagna, in passerella c’è una donna molto estrosa. Le pettinatura ed il trucco seguono questo fil rouge.
Pat e Anna Cleveland testimonials del brand
In passerella hanno sfilato Pat e Anna Cleveland, come mai ha scelto proprio loro?
Pat è stata un grande sogno fin da sempre. Ho collaborato negli anni con grandi top model: Clarissa Burt, Marpessa, Naomi Campbell. Pat all’epoca stava uscendo di scena. Tempo fa rivedendo lei e sua figlia Anna, le trovai perfette. Pat aveva avuto un tumore da poco. Immaginavo che collaborare per noi le avrebbe fatto piacere. Nel corso della carriera ho fatto sfilare generazioni diverse tra loro. Persino una signora di 80 anni! Le donne possono essere belle a qualsiasi età.
La collaborazione con Giovanni Gastel
Che esperienza è stata lavorare con Giovanni Gastel, il grande maestro della fotografia?
Tra di noi c’è un sodalizio di ben sette anni. È iniziato collaborando insieme ad una sua mostra fotografica nel 2013, in cui avevo esposto una capsule di abiti in omaggio a Mondrian. Da allora non ci siamo più lasciati. In genere arrivo in studio da lui alle 9:00, il tempo di preparare la modella e alle 12:00 il servizio fotografico è finito. Entrambi sappiamo bene cosa vogliamo. Vediamo le cose allo stesso modo. Anche con il mio stylist, Simone Guidarelli, non ci sono mai incertezze. Saper scegliere bene le persone con le quali collaborare lo porta l’esperienza di vita.
Gli esordi nella moda di Chiara Boni
Da quanti anni fa moda?
Iniziai il 1971 a Firenze aprendo insieme a tre amiche la boutique “You Tarzan, me Jane”. All’epoca, a 16 anni, ci si vestiva ancora da ragazzine, poi è arrivata la tendenza di un look diverso. Avevamo allestito all’interno un enorme tendone da circo, era un posto pop. Ci si cambiava tutti insieme in un unico camerino. Tutti volevano venire a trovarci.
Il tessuto stretch per gli abiti
La passione della moda proviene però da sua mamma.
Mia madre era una signora super elegante, si vestiva nelle grandi sartorie. L’accompagnavo in questo mondo fatato. Avevo solo cinque anni e vedevo le premiere che le realizzavano i vestiti su misura. Il prêt-à-porter è stata una rivoluzione. Negli anni Ottanta l’utilizzo delle grandi spalle serviva a dare vestibilità a tutte le donne. Il giromanica perfetto lo ottieni solo con un lavoro di alta sartoria. Da qui mi venne in mente l’utilizzo del tessuto stretch per realizzare i capi, un materiale che si adatta a tutte. Ho fatto una ricerca per ottenere la flessibilità, la possibilità per le donne di potersi muovere con un vestito stretto. Mi piacciono le maniche ed il giromanica giusto.
Il tubino nero, La Petite Robe
Cosa non dovrebbe mai mancare nel guardaroba di una donna?
Sono di parte ma dico un piccolo abito nero! Prediligo questo colore insieme al bianco ed il blu. Nei momenti di incertezza basta avere un abito salvavita, La Petite Robe Noire. Chanel affermava che questo vestito abbatte la differenza tra la principessa e la dattilografa. È un abito rassicurante, ora come non mai c’è n’è tanto bisogno. È donante ed è facile da indossare. Basta cambiare gli accessori ed è come se fosse un altro vestito. È sempre la donna che fa l’abito. Devo vedere prima la donna non il vestito.
Come gestisce i social?
Sono arrivata a questi dopo la nascita de La Petite Robe. Mio figlio mi ha spinto dicendomi: “Se non hai Facebook non sei nessuno!”. Trovo che sia un mezzo molto democratico di espressione. All’inizio gestivo da sola sia Facebook che Instagram. Poi il lavoro aumentava, per cui ho delle persone che mi aiutano, anche se alla mattina presto e alla sera tardi sono io che rispondo in prima persona. Da poco ho trasformato il mio profilo personale in una pagina pubblica.
Le mascherine animalier e il comfy look
Quali saranno i suoi progetti futuri?
Inizierò a realizzare qualche nuova tipologia di maglietta. Sto sperimentando scritte e stampe. Presenterò a breve online la nuova collezione. Sto pensando a cose più comfort, un comfy look per intenderci, visto che prima di riprendere ad uscire ci vorrà del tempo. Sono capi molto eclettici e flessibili. Sono in arrivo le mascherine animalier! Non sono mediche, ma fashion da mettere sopra la mascherina chirurgica. Sono lavabili anche in lavatrice, si asciugano in tre minuti e durano molto di più della mascherina classica usa e getta. Ci metteranno di buon umore, fungono anche da copri mascherine.
Oprah Winfrey e Sharon Stone indossano le creazioni di Chiara Boni
La sua icona femminile?
La mia moda si rivolge a tutte le donne. Non c’è una super donna. Vesto fisici anche con taglie forti, fino alla 52. Soprattutto signore che hanno belle forme ma vita stretta. Ammiro molto per la sua storia Oprah Winfrey, con cui collaboro da anni. Curo i look di tante anchorwoman della Fox. Attualmente lavoro con un’influencer orientale, taglia 54, che assembla i miei abiti in maniera spiritosa. Mi piace chi esprime la propria personalità.
Queste donne sono vincenti perché rivelano se stesse. Mi piacerebbe vestire Charlize Theron, una donna molto affascinante, così come Sharon Stone, che ha indossato invece i miei capi anni fa. Le icone vere ormai non ci sono più. A volte vedo i red carpet e mi chiedo chi siano le donne che incedono sul tappeto rosso. Oggi un’icona è Lady Gaga: mi piacerebbe collaborare con lei. In generale ammiro chi abbia qualcosa da raccontare ed un suo stile definito. Un look preciso in cui rispecchiarsi.
Elena Parmegiani