Riservatissima e poco incline alle interviste, Grazia Varisco, classe 1937, ha scelto gentilmente di concedersi a VelvetMag per esprimere “a caldo” le proprie sensazioni e perplessità a proposito dell’arte ai tempi del coronavirus. Le risposte – che pubblichiamo così come ci arrivano da Milano, giocose ed originali – dimostrano una straordinaria abilità creativa non soltanto nella produzione artistica tradizionale, ma anche nella scrittura.

Concludiamo la rubrica 3×3, artisti in quarantena con un’intervista a una figura femminile che rappresenta un capitolo importante della storia dell’arte contemporanea. Per intenderci, Grazia Varisco, agli inizi degli anni ’60, a Milano, è stata tra i fondatori del Gruppo T insieme a Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo e a Gabriele Devecchi. Un movimento basato su un’idea di variazione dell’immagine nella sequenza temporale che di fatto costituisce l’assunto principale della cosiddetta “arte cinetica”.

Concetti teorici che si traducono in opere luminose, geometriche ed ipnotiche al punto tale da catturare la curiosità di chi le osserva. Innumerevoli le mostre alle quali ha partecipato in alcuni dei più grandi musei del mondo; per non parlare dei premi, tra i quali ci limitiamo a ricordare il Premio nazionale Presidente della Repubblica per la scultura, su segnalazione dell’Accademia di San Luca, ricevuto da Giorgio Napolitano nel 2007.

VelvetMag intervista in esclusiva Grazia Varisco

Per quanto possibile, in questi giorni di isolamento è riuscita a produrre opere?

«Io obbedisco e resto a casa, non vado in studio anche se vicino. Questa occasione di costrizione imprevista, mi spinge a un riordino fisico della camera/studio (ex ospite). Trovo in buste separate o sparsi in giro tantissimi ritagli e avanzi di carte diverse in liste corte/lunghe che non so buttare… Perché non fare un grande collage? Non trovo la colla, il barattolo è vuoto. Ma ho la pinzatrice! Di ripiego comincio il mio “pinzage” che è molto più impegnativo, ma un grande rimedio come PASSA-TEMPO! Diventano due grandi pinzage di 80 x 100 cm, senza colla e con 1000 punti + 1. L’arte al tempo del coronavirus, urge come riesce».

Grazia Varisco, Pinzage, senza colla, 1000 punti + 1, 80 x 100 cm, 2020. Courtesy Archivio Grazia Varisco

Le sue opere spesso e volentieri hanno a che fare con lo spazio. Oggi che ne siamo stati privati limitandoci soltanto a quello casalingo, quanto le manca?

«Lo spazio: grande, importante entità… Lo spazio è un po’ mortificato e ridotto da un uso di moda divulgato, a volte a sproposito, anche in arte. Mi interessa cogliere questa occasione per distinguere lo spazio fisico dallo spazio mentale. Lo spazio mentale in questo periodo mi sembra dilatato, favorito forse dal silenzio e dal vuoto che ci circonda. Mi sembra che il pensiero ritrovi un posto più sgombro, più libero dalla confusione in cui mi sento estranea a me stessa».

Lei ha avuto la fortuna di lavorare in gruppo, invece, tra gli artisti di oggi, questa tendenza sembra essersi progressivamente persa per lasciare posto a ricerche artistiche individuali. Cosa ne pensa di questo aspetto?

«Il Gruppo T non ha avuto un luogo comune in cui lavorare, se non a volte, in occasioni di abbinamento per gli ambienti. Il gruppo si è formato nell’elaborazione di premesse e proposte che hanno innovato l’operare artistico nel coinvolgimento del pubblico sul rapporto Spazio/Tempo. Negli anni di insegnamento a Brera ho seguito gli studenti cercando di trasmettere il mio interesse ed entusiasmo per l’arte, con qualche soddisfazione di ritorno, ma non so se la nostra esperienza di Gruppo sarebbe attuale e attuabile».

Se pensa al futuro dei suoi figli, dei suoi nipoti, come lo vede?

«Il mondo è cambiato e davvero chissà cosa ci aspetta adesso che siamo appena entrati in fase uno “e mezzo”? E chissà cosa aspetterà ai figli e ai nipoti viste le condizioni allarmanti a cui per ora sembriamo adattarci».

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