Una pinzetta anti-contagio in ottone per distribuire le ostie al momento della comunione, durante la messa. L’idea, a pochi giorni dal ritorno, lunedì 18 maggio, dei fedeli in chiesa per le funzioni, viene dal passato.

Le pinzette le si utilizzavano infatti fino al XIX secolo in tempi di epidemia, per evitare di trasmettere la malattia insieme al “corpo di Cristo”. E oggi che siamo alle prese con il coronavirus, quell’antico uso torna di attualità. Quella pinzetta era una misura igienica che poi era diventata di uso comune durante le epidemie di peste, lebbra e colera.

Sembra che l’origine di questo strumento risalga al XIV secolo quando, sotto il papato di Clemente V e di Innocenzo VI, venne inaugurato l’uso del supporto metallico per distribuire le ostie consacrate. Quelle pinze assunsero un significato liturgico, tanto che durante la cattività avignonese del Papato erano riservate all’Alto prelato, che trasferiva le ostie da una custodia all’altra.

Oltre alla sacralità però, le pinzette avevano anche un’utilità pratica. Visto che in quei secoli le pestilenze e le epidemie di lebbra, colera o altre malattie si susseguivano, il loro uso evitava il contagio offrendo però ai fedeli la possibilità di ricevere il corpo di Cristo. Nel museo di Gerusalemme ancora oggi si possono vedere le pinze eucaristiche utilizzate per portare le ostie agli appestati. E oggi purtroppo quelle pinze tornano “di moda”. Le ha rimesse sul mercato la ditta Calandrini, azienda attiva in provincia di Bologna, una delle aree più colpite dal Covid-19.