Diciannovenne studente di Milano, Riccardo Tiritiello ha messo in piedi, insieme a un ristretto numero di amici e parenti appassionati di cucina, un progetto che ha consentito la consegna di pasti a medici e infermieri impegnati a combattere il Coronavirus nei giorni peggiori. I ragazzi hanno consegnato circa 200 pasti al giorno tra Ospedale Sacco, Niguarda e Croce Verde.
Sembra impossibile trovare qualcosa di buono durante un fenomeno così tragico come una pandemia. Eppure, nonostante il Covid-19 abbia mietuto migliaia di vittime in tutto il mondo, tante buone azioni compiute da “cittadini comuni” hanno alimentato la speranza di giorni migliori. Gesta di persone che, autonomamente, hanno deciso di mettersi al servizio degli altri nella convinzione che, quando tutto intorno sembra crollare, i più forti aiutano i più deboli, perché “nessuno si salva da solo”.
Tra i tanti ci sono un gruppo di ragazzi capitanati da Riccardo Tiritiello, diciannovenne milanese, studente dell’ultimo anno dell’Istituto Alberghiero Paolo Frisi con il sogno di diventare chef. Con la scuola chiusa per il Coronavirus, invece di starsene a casa a giocare con i videogames, nella rosticceria di famiglia presso il mercato coperto di Quarto Oggiaro, anche questa chiusa per il lockdown, ha preparato pasti gratuiti per i medici e infermieri dell’Ospedale Sacco di Milano, per il Niguarda, per la Croce Verde.
A “finanziare” questa attività i negozi di zona che hanno fornito le materie prime rimaste invendute, i tanti clienti del “babbo” che spontaneamente hanno fatto donazioni. Grazie al denaro raccolto circa 200 porzioni al giorno sono state cucinate e portate direttamente nelle strutture e nei presidi sanitari. Un progetto, ribattezzato “chef in corsia”, che è durato 100 giorni, visto che dopo il Riccardo Tiritiello e i suoi amici si sono dovuti mettere sotto a studiare per gli Esami di Maturità interrompendo l’atività.
Riccardo Tiritiello, uno chef in corsia
Come è nata questa iniziativa che “sa di buono” in tutti i sensi?
“Tutto è cominciato perché ero a casa da scuola e non potevo fare nulla. Vedevo i bollettini tragici dei malati, dei deceduti, dei medici e infermieri che lavoravano 24 ore al giorno senza darsi il cambio. Allora mi sono sentito in dovere di fare la mia parte perché faccio parte di uno stato, l’Italia, e volevo fare qualcosa per gli italiani. Ho iniziato a preparare da mangiare nella cucina di mio papà”.
E poi?
II giorno dopo sono arrivati anche i miei due migliori amici, perché condividevano sia l’iniziativa che lo spirito, oltre alla stessa passione per la cucina. Sono stati davvero due grandi, si sono buttati con me in questa avventura che ricorderemo. Sono Aurora Cabri, diciannove anni, colei che praticamente si è occupata della parte economica oltre a cucinare, e Ciro De Martino, un mago negli antipasti e nei piatti freddi, bravissimo sia nella presentazione che nella creatività. E loro hanno portato altri rinforzi”.
In che senso?
“Che Aurora ha trascinato con sé il fratello Michael Aloisio e un ragazzo con cui aveva già lavorato in un altro ristorante, Fulvio Di Leo, molto bravi e pratici del mestiere. Anche mio fratello Filippo Tiritiello è entrato nel gruppo e ha fatto egregiamente la sua parte”.
“Chef in corsia”, circa 200 pasti al giorno tra Ospedale Sacco, Niguarda e Croce Verde
Quindi voi avete cucinato gratis e consegnato gratis tanto cibo
“Quello che abbiamo fatto siamo riusciti a farlo grazie alle donazioni arrivate su un fondo aperto su un’app, dove la gente spontaneamente dopo avere letto cosa stavamo facendo, ha deciso di aiutarci. Non solo: tante persone, clienti di mio padre, gente che frequenta il mercato, è venuta direttamente per darci il loro contributo economico. Noi prendevamo queste donazioni e nella stessa giornata acquistavamo la merce, le materie prime. E poi giù a cucinare”.
Lavori con tuo padre, Massimiliano Tiritiello?
“Veramente sono ancora uno studente però nei pomeriggi, e succede spesso, lavoro con lui alla gastronomia del mercato coperto di Quarto Oggiaro. Così oltre alla teoria faccio parecchia pratica”.
Te l’aspettavi un successo così grande?
“Nemmeno per idea. Con Aurora, Ciro, Filippo, Fulvio e Micheal abbiamo ideato una cosa tra ragazzi e noi eravamo già soddisfatti così. Non ce l’aspettavamo un ritorno del genere. Anche perché eravamo talmente felici per il fatto di aver dato realmente una mano a chi ne aveva bisogno o a chi si prodigava negli ospedali”.
Avete ricevuto qualche grazie?
“Innanzitutto qualche grazie dovremmo dirlo noi a tutte quelle persone che ci hanno fatto donazioni senza chiedere nulla in cambio. Ma il grazie più grande lo abbiamo ricevuto dai medici e dagli infermieri a cui la sera portavamo i pasti: quando ci venivano incontro per prendere il cibo, ci facevano sorrisi enormi che non si vedevano, perché erano tutti coperti e avevano la mascherina, ma dai loro occhi si capiva tutto e ci arrivava direttamente al cuore”.