Il mondo della moda dietro la scintillante facciata di glamour e di luccichio, può nascondere a volte storie drammatiche e dolorose. Come quella di Gia Carangi, la prima top model, conosciuta per la sua tragica esistenza, che la porta alla morte all’età di soli 26 anni. La splendida Angelina Jolie, interpreta nel 1998, la storia di questa carismatica ragazza di Filadelpia, nel film “Gia–Una donna oltre ogni limite“, in onda attualmente su Sky fino al 30 dicembre 2025. La pellicola, prodotta per il canale HBO, vince ben due Golden Globe, di cui uno proprio la Jolie, e contribuisce a lanciare l’attrice premio Oscar di “Ragazze Interrotte”, come sex symbol mondiale.
Ma qual è la vera storia di Gia Carangi? Velvet Mag ripercorre insieme a voi i momenti di vita salienti della supermodella, protagonista newyorkese della moda anni Ottanta.
Gia Carangi, da un’infanzia difficile alla conquista del mondo
Gia nasce a Filadelfia il 29 gennaio 1960. Il padre, Joseph Carangi, è un ristoratore figlio di immigrati italiani, la madre, Kathleen Adams, una casalinga irlandese. I genitori si separano quando la piccola ha soli undici anni, a causa delle continue violenze che il padre infligge alla madre. La ragazza rimane a vivere con il papà ed i fratelli e cresce senza riferimenti familiari, assorbendo il clima di dolore. La sua instabilità emotiva la conduce ben presto verso l’irreversibile spirale della tossicodipendenza. Già da adolescente la Carangi manifesta la sua omosessualità, che non viene accettata di buon grado in famiglia. Ma Gia, grazie ai suoi 1,73 cm di fisico statuario, punta tutto sulla carta della bellezza, spinta anche dalla madre. La svolta della sua vita arriva presto. All’età di 16 anni viene notata da un fotografo che porta le sue foto a New York, sulla scrivania dell’agenzia di moda di Wilhelmina Cooper, una guru del settore.
Proprio sul set delle campagne fotografiche incontra Sandy Linter, una make up artist, che diventa la sua compagna. Galeotto è un servizio fotografico in cui Gia posa nuda, dietro una rete metallica, insieme alla Linter. Per Gia Carangi sono gli anni della consacrazione, diventa la prima top model mondiale grazie ai suoi compensi stellari: 100 mila dollari l’anno. Afferma: “Ho iniziato a lavorare con gente ben conosciuta nel settore, molto rapidamente. Io non volevo fare la modella. Lo sono diventata col tempo.”
Occhi e capelli neri, forme prorompenti. Una bellezza così diversa dal modello etereo fin ora proposto. Lo stesso Scavullo, nel suo libro Women del 1982, descrive così Gia Carangi: «Non penso mai a lei come una modella, sebbene sia una delle migliori. Il fatto è che lei non si atteggia da modella; non ti dà quello sguardo hot, cool o grazioso; lei spara scintille, non pose». Ed ancora: «Non ho mai conosciuto nessuna così libera e spontanea, in costante cambiamento, mutevole – fotografare lei è come fotografare un flusso di coscienza». La Carangi ottiene la copertina di molte riviste di moda, tra le quali quelle di Vogue e Cosmopolitan. Appare nelle campagne pubblicitarie di Armani, Dior, Versace, Saint Laurent. Tanta è la fama che diviene nota solo con il suo nome di battesimo, Gia. Ma questo strepitoso e veloce successo è solo la facciata di un castello che mano a mano si sgretola inesorabilmente.
Nel 1980 l’agente nonché tutor di Gia Carangi, Wilhelmina Cooper, a cui era molto legata, muore. Gia è disperata e da quel momento in poi entra in un baratro segnato dalla dipendenza di droga e da condotte autodistruttive. La tossicodipendenza inizia ad influenzare il suo lavoro. Scavullo ricorda un servizio fotografico con la Carangi: “Piangeva, non riusciva a trovare le sue droghe. Dovetti letteralmente sdraiarla sul suo letto finché non si addormentò.” Ben presto le lunghe braccia di Gia sono segnate da pieghe rosse dovute all’uso degli aghi per iniettarsi l’eroina, che appaiono a volte anche nelle riviste di moda. E’ l’inizio della fine. Le case di moda prendono le distanze da questa giovane e fragile ragazza. Anche l’amata Sandy Linter si allontana.
Disperata Gia Carangi si rivolge all’amico Scavullo ed entra a far parte dell’ Elite Model Management. In un’ intervista rilasciata a 20/20 si dichiara fuori dal tunnel della droga. Tiene anche un diario con le sue riflessioni. La sua immagine esterna racconta di una donna forte, ricca e di successo, la realtà è però di gran lunga diversa. Mentre alcuni clienti si rifiutano di lavorare con lei, altri la ingaggiano grazie al suo passato status di top model. Uno dei suoi primi lavori, ma anche l’ultimo di rilievo, è sempre per Francesco Scavullo che la ritrae nella copertina dell’aprile 1982 di Cosmopolitan, un regalo alla modella da parte del fotografo che più di tutti l’aveva supportata e sostenuta. Nel 1983, a soli 23 anni, l’Elite abbandona Gia. Si spegne così la sua carriera strabiliante di modella.
Durante il periodo in riabilitazione, gli esperti riescono a disintossicarla e al contempo, attraverso vari colloqui mirati, si rendono conto di come Gia Carangi ha subito ogni tipo di sopruso, persino violenze fisiche. I deliri indotti dalla tossicodipendenza portano Gia ad espropriarsi di qualsiasi bene che le appartiene e a rubare ai suoi stessi genitori e amici.
Dopo il trattamento Gia lavora come commessa. Lei che era stata celebrata dai più grandi fotografi internazionali e maison di moda si ritrova di punto in bianco nell’anonimato. Nel 1985 riprende a fare ancora uso di droghe. Lasciato l’appartamento che condivide con la compagna, la Carangi ritorna definitivamente dalla madre e afferma: “Le ragazze sono sempre state un problema per me. Non capisco perché mi ci incasino sempre…”. A tormentarla c’è anche il fatto che molti dei suoi amici ed ex colleghi, muoiono di AIDS.
Anni dopo Cyndy Crawford, per la somiglianza con la Carangi, viene soprannominata “Baby Gia” ed inizia a collaborare proprio con alcuni fotografi che avevano reso celebre la top model di Filadelpia. Dopo la morte di Gia viene alla luce il movimento “heroin chic“, in cui alcune modelle si auto celebrano come “Gia’s Girls“. Emulano la sessualità aggressiva di Gia e l’uso dichiarato di droghe. Come accadde con la Carangi, molti nell’ambiente ne incoraggiano, tacitamente, il tipo di condotta, consigliando loro di bucarsi in posti nascosti all’occhio delle fotocamere.
Dalla sua morte, Gia viene considerata una super modella lesbica e un’icona, che ha impersonificato lo stile lesbo chic più di un decennio prima che il termine stesso venisse coniato.
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