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Il Covid quattro mesi dopo: l’identikit di chi rischia di più

Uno nuovo studio sul Covid-19 arriva dalla Gran Bretagna. E classifica le persone che hanno un rischio di mortalità più alto, una volta contratto il Coronavirus. La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Nature si basa sui dati sanitari completi di 17 milioni di adulti in Inghilterra. Fra essi quelli di 10.926 deceduti, dentro e fuori l’ospedale, collegati al virus.

Queste informazioni sono state gestite con OpenSafely. Si tratta di una piattaforma di analisi  sviluppata da Ben Goldacre dell’Università di Oxford e Liam Smeeth del London School of Hygiene and Tropical Medicine.

L’identikit degli scienziati è il seguente: la persone che rischia di più, ed è quindi maggiormente esposta al pericolo di morire – una volta contratto il coronavirus -, è maschio, ultraottantenne. È anche, sempre secondo lo studio, di colore e di condizione disagiata.

I ricercatori inglesi hanno dichiarato che gli uomini avevano una possibilità 1,59 volte maggiore di morire per il Covid-19 rispetto alle donne. Venti volte più alto il tasso di mortalità per le persone con età pari o superiore a 80 anni. Le analisi hanno evidenziato che le persone di colore e sud asiatiche avevano tra 1,68 e l’1,88 di probabilità di decesso in più rispetto ai bianchi. E in generale le persone più svantaggiate.

Per questo, considerate le condizioni mediche pregresse dei dati di 17 milioni di pazienti adulti, si è potuto costatare che anche i fattori sociali sono determinanti e non solo quelli clinici. Nello studio pubblicato su Nature tutte le condizioni mediche preesistenti sono state associate a un maggior rischio di morte correlata al Covid-19. Tra queste l’obesità (in particolare un BMI superiore a 40), diabete, asma grave e malattie respiratorie, cardiache, epatiche, neurologiche e autoimmuni croniche. In maniera minore, ma incidevano negativamente anche il fumo e l’ipertensione.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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