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Coronavirus: sono 1,5 milioni gli italiani che hanno sviluppato gli anticorpi

Sono quasi un milione e mezzo, per la precisione un milione e 482mila, le persone che in Italia hanno sviluppato gli anticorpi al Covid-19. Quelle che sono entrate in contatto con il virus sono il 2,5%, dunque sei volte di più rispetto al totale dei casi intercettati ufficialmente. Lo affermano Istat e ministero della Salute.

Campagna di test

Gli asintomatici “arrivano al 27,3%, che non è una quota bassa”, ha dichiarato il 3 agosto la direttrice dell’Istituto di statistica, Linda Sabbadini. I risultati della campagna riguardano test sierologici effettuati su 64.660 persone. Originariamente il campione previsto era di 150mila soggetti. L’esito dei test è pervenuto entro il 27 luglio.

Valori massimi in Lombardia

Dai dati emerge in particolare che le differenze territoriali nella popolazione sono molto “accentuate”. La Lombardia raggiunge il massimo con il 7,5% di sieroprevalenza. Ossia sette volte il valore rilevato nelle Regioni a più bassa diffusione, soprattutto del Mezzogiorno.

Operatori sanitari, i più colpiti

La prevalenza dello sviluppo di anticorpi al Sars-Cov2 è simile per tutte le classi di età, ma il livello più basso all’1,3% si registra per i bambini piccoli mentre per gli anziani è all’1,8%. La motivazione è forse da ricercare in “un effetto di protezione dei familiari per questi segmenti”. Gli operatori della sanità sono i più colpiti, con il 9,8%, mentre gli addetti alla ristorazione superano il 4%. Non emergono differenze di genere.

Perdita del gusto e dell’olfatto

“È molto importante la responsabilità individuale e il rispetto delle misure”, ha sottolineato Sabbadini. Ha quindi aggiunto che i tre sintomi più diffusi del contagio da coronavirus sono “febbre, tosse e mal di testa. Inoltre, perdita del gusto e dell’olfatto sono più associate” all’infezione.

Occorre stare in guardia

“Il dato 2,5% di sieroprevalenza può sembrare piccolo, ma può trasformarsi in qualcosa di problematico se non rispettiamo la prudenza”, ha dichiarato invece il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo. La percentuale rappresenta “la variazione territoriale, che è l’elemento importante. Ciò vuol dire che probabilità di incontrare una persona positiva è del 2,5%. Se incontro venti persone, ho il 50% di possibilità di incontrare una persona positiva al coronavirus”. Lo studio sulla sieroprevalenza “ci permette di definire in modo più preciso il tasso di letalità, che scende al 2,5%. È un dato in linea con quelli internazionali”, ha commentato il presidente del Consiglio superiore di Sanità, Franco Locatelli.

Le città più aggredite dal virus

“C’è un’enorme variabilità anche intraregionale sui dati di sieroprevalenza: 24% a Bergamo contro, ad esempio, Como e Lecco al 3-5%. Cremona e Piacenza hanno un tasso superiore al 10%, mentre le altre regioni hanno tassi inferiori, soprattutto al Sud”, ha riferito ancora Locatelli.

Le differenze tra le regioni

Il 2,5% della popolazione italiana “ha incontrato il virus con una forte differenziazione territoriale, che si evidenziava anche con dati mortalità e contagio”, ha aggiunto Sabbadini. “La cosa fondamentale che emerge è che tutte le regioni del Sud stanno sotto l’1%, Valle d’Aosta al 4% e Lombardia al 7,5%, mentre un insieme di Regioni sono intorno al 3%”.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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