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Coronavirus, l’Oms: “Meglio salutarsi con la mano sul cuore che darsi il gomito”

Sarebbe meglio salutarsi portando la mano sul cuore. E non toccandosi i gomiti l’uno con l’altro. È il consiglio dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ripreso dall’economista Diana Ortega (la foto in alto è tratta dal suo account @DianaOrtegaG). Lunedì 14 settembre lo ha replicato su Twitter lo stesso Direttore Generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus.

Secondo Ghebreyesus – si legge sempre nel tweet – con il saluto tramite il gomito “la distanza di sicurezza non viene mantenuta. Il virus può essere trasmesso attraverso la pelle”. In buona sostanza, per quanto sia ormai in voga come saluto comune in tempi di Covid, il gesto del darsi il gomito non consente di osservare, tra i due soggetti, la dovuta distanza di sicurezza, consigliata per evitare il contagio da Covid-19, ovvero il famoso metro di distanza.

A nulla vale, dunque, indossare la mascherina di sicurezza tra le parti, sebbene questa riduca sostanzialmente la possibilità di trasmissione del virus. In realtà, soprattutto in Occidente e in Italia, secondo le statistiche, pare che il tocco con il gomito abbia sostituito di gran lunga la stretta di mano e il più affettuoso bacio in guancia tra i conoscenti.

Ma la mano sul cuore, suggerita dall’Oms, non è l’unica via di saluto che si sta seguendo nel mondo come alternativa sicura. In India è tornato in auge il namastè, espressione di saluto accompagnata dal gesto di giungere le mani al petto. O ancora, a Wuhan e in gran parte della Cina, si era diffuso in piena pandemia il saluto con i piedi, chiamato successivamente “Wuhan shake“.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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