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Serena Vittorini, “En ce moment”: un piccolo film su una storia d’amore in lockdown [INTERVISTA ESCLUSIVA]

Ha attraversato il turbinio del Festival del Cinema di Venezia nella sezione ‘Notti veneziane, Isola degli autori’. ‘En ce moment’ è un cortometraggio di 15 minuti, pensato, scritto e diretto da Serena Vittorini. Una giovane donna, che dopo aver concluso gli studi in Psicologia, ha scelto di impugnare la sua macchina fotografica.

Il cortometraggio con cui Serena si è fatta spazio a Venezia 77 racconta in forma poetica e ruvida la parabola di una storia d’amore ai tempi della clausura indotta dall’emergenza sanitaria che ha consacrato l’inizio del nuovo decennio. I dialoghi e le gesta di Serena e Ophélie si svolgono nel piccolo perimetro delle mura di casa, che isolano la coppia dal caos che il mondo sta vivendo. In ‘En ce Moment’ la relazione è nata da poco e sviscera gli aspetti più intimi di un amore e di una convivenza inevitabile. Le parole e i silenzi sovrastano il corpo delle giovani donne, coscienti che il lungo lockdown le avrebbe messe rapidamente sul punto di un confronto-scontro. E la domanda a questo punto è: basta sul serio dirsi che andrà tutto bene? 

Il film, un lavoro tutto al femminile, è stato girato da Serena Vittorini, fotografa italiana che vive e lavora in Belgio. L’artista ha raccontato il rapporto sentimentale con un’altra donna, Ophélie Masson, durante l’era del lockdown, nella quale si è trovata per la prima volta davanti ad un obiettivo sempre acceso. Prodotto da Renata Ferri, montato da Esmeralda Calabria e con la produzione e promozione esecutiva di Raffaella Milazzo, ‘En ce moment’ è un progetto finanziato dal Festival Internazionale di Visual Narrative ‘Cortona On The Move’.

Serena Vittorini racconta “En ce moment”

Dall’Istituto Superiore di Fotografia e Comunicazione Integrata ti sei ritrovata al Festival di Venezia con ‘En ce moment’. Com’è stato vivere questa esperienza? 

Travolgente. Penso sia la parola giusta. Chiaramente è stato tutto nuovo per me. Ho vissuto per la prima volta in questo contesto e devo dire che mi ha fatto crescere ed evolvere come autrice, e non come fotografa. Mi spiego: con questo non voglio dire che abbandonerò la fotografia. Ma semplicemente che, in base ai progetti realizzati, se si sente la necessità c’è bisogno a volte di uno strumento diverso per poter comunicare.

Un’esperienza inaspettata… 

È stato tutto molto inaspettato. Questo lavoro non aveva la pretesa di diventare un corto e neanche di arrivare a Venezia. Ma il fatto che ‘En ce moment’ è stato girato senza la consapevolezza che potesse diventare qualcosa di più, beh, questo ha permesso che il risultato fosse crudo, naturale e vero. Ciò è avvenuto anche grazie alla collaborazione con Esmeralda Calabria, montatrice di una sensibilità unica. Lei ha saputo interpretare il lavoro e mettere insieme i frammenti necessari per rendere tale il corto. Renata Ferri ha curato e prodotto il lavoro. E Raffaella Milazzo la produzione esecutiva e la promozione. È stato davvero un lavoro di squadra. 

Il virus ha cambiato molte cose. E l’amore? Quanto ha cambiato secondo te l’amore? 

Ci sono due lati da analizzare, secondo me. Innanzitutto vivevamo in una staticità in qualche modo forzata, in quanto chiusi in un perimetro ben definito che era quello delle nostre abitazione. Nonostante questo però, nelle nostre case succedeva qualcosa. C’era del movimento oltre alla crisi mondiale, ed era la relazione che stava avvenendo tra me e Ophélie Masson. Come ti dicevo ho scelto il video come linguaggio comunicativo proprio per questo, è stato lo strumento migliore. Tuttavia sono rimasta pur sempre legata alla fotografia. Anche durante l’esecuzione del prodotto: l’immagine infatti è statica e sul cavalletto. Le inquadrature invece sono molto strette. Ma a me interessava raccontare il movimento, quel dialogo che c’era tra me e la scena. Dunque, da un lato mi sono ritrovata a documentare il Covid, dall’altro una storia in qualche modo universale che accomuna tutti; ovvero il sistema di proiezione delle aspettative irrealizzabili che si creano quando incontriamo una persona con cui ci relazioniamo, con la quale cerchiamo di creare e vivere una storia d’amore. 

Pensi che la quarantena abbia in un certo modo esasperato o amplificato la condizione del rapporto? 

Non c’era nemmeno modo di venirne fuori. Si stava faccia a faccia chiuse in un piccolo perimetro. Quindi sicuramente sì, è stato tutto amplificato e probabilmente la relazione ne ha risentito in termini di tempistica, di come vanno vissute le cose in un incontro che di fatto era appena nato. Il Covid ha esacerbato un po’ tutta la dinamica e ha contribuito ad acutizzare i problemi. Questo è fuori dubbio. 

‘En ce moment’ è la storia di una relazione tra due donne durante il lockdown, laddove l’intimità di una coppia viene documentata tra forti emozioni e complessi dialoghi. L’obiettivo questa volta te lo sei puntato addosso e Ophélie, per la prima volta, ci si è vista dentro. 

Il film nasce da questa mia necessità: creare un contatto con lei. Ophélie è una persona molto restia a capire e ad esternare le sue emozioni. Al contrario mio, che sono emotiva e altrettanto sensibile. Per cui l’intreccio di prospettive tra il mio con il suo, e quello della camera, è stato un modo per creare un contatto con Ophélie in quanto persona razionale e chiusa. A questo punto penso sinceramente che non ci siamo trovate con le tempistiche. Lei usciva da una relazione e in qualche modo era ancora prigioniera di quella situazione. Io invece ero in un momento laddove, dopo anni di autoanalisi, percorso, terapie e quant’altro, ero pronta a ricominciare. Ad avere una relazione stabile e concreta con una persona presente nella mia quotidianità. Come lei non era. Se la dovessi paragonare a qualcosa sì, la penserei come ad una lotta. 

In una separazione c’è sempre chi esce con più lividi rispetto all’altro, e nella maggior parte dei casi avviene il tutto a telecamere spente. Cosa è successo invece nel corso di ‘En ce moment’? 

Penso sia stato un confronto reciproco. Non metto in dubbio che sia stato coinvolgente per entrambe e che anche lei si sia posta delle domande. Il dialogo nel corto è in parte quello: porsi le domande e cercare delle risposte nonostante fossimo entrambe su due strade della vita diverse. 

Come stai vivendo questo momento così importante dopo l’esordio a Venezia 77? 

Come una grande crisi di identità praticamente! (ride, ndr) No no, sono felice, contenta e molto stimolata. Sai, la stavo cercando da un po’, avevo la necessità di andare oltre, di cambiare mezzo. Di sperimentare nuove forme. Dovrò sperimentare e capire se l’esperienza del video è stata una parentesi dovuta alla natura del lavoro, o se potrà poi rientrare come una frequente attitudine della mia ricerca artistica. Sono in un momento di crisi d’identità ma nel senso positivo delle cose. Lo sento, è un periodo di crescita. 

In ‘En ce moment’ noto la pulizia ricercata in ogni inquadratura, ovviamente frutto di una forte esperienza fotografica. L’essenziale predomina la scena ed è uno stile che ritrovo nei tuoi progetti fotografici. Come anche la forte presenza del bianco, o “chiave alta”, in alcune tue serie fotografiche. Da dove nasce tutto questo per te?

Il mio modo di fotografare e di guardare è dovuto innanzitutto ad un percorso di formazione, e poi professionale, nel campo dello still life. Credo che la “pulizia fotografica” possa concentrare l’attenzione sul soggetto, permettendo in questo modo una lettura a più livelli. Dietro qualsiasi oggetto o persona vi è una chiave di lettura a livello sociale, psicologico e culturale. Insomma, mi piace costruire un ponte tra l’oggetto e il suo significato.

E dopo Venezia?

Beh, ‘En ce moment’ verrà proiettato a Cortona il 25 Settembre per il Festival ‘Cortona On The Move’, che ha appunto finanziato il progetto. Durante l’evento faremo un piccolo talk con Renata Ferri ed Esmeralda Calabria. Mentre le date verranno annunciate volta per volta. Ci sarebbe anche una bella notizia ma che ancora non posso annunciare. Dai, non rimane che aspettare un altro po’…

Serena, cosa fotograferesti in questo momento? 

In questo momento? Non fotograferei. Non sento la necessità di fotografare affatto. Attualmente sono in una fase di ricerca personale e devo capire quale saranno le prossime mosse. 

Teresa Comberiati

Spettacolo, Tv & Cronaca Rosa

Calabrese, a vent’anni si trasferisce a Roma dove attualmente vive. Amante della fotografia quanto della scrittura, negli anni ha lavorato nel campo della comunicazione collaborando con diverse testate locali in qualità di fotografa e articolista durante la 71ª e 75ª Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica. Ha già scritto il suo primo romanzo intitolato Il muscolo dell’anima. Colonna portante del blog di VelvetMAG dedicato alla cronaca rosa e alle celebrities www.velvetgossip.it, di cui redige ogni mese la Rassegna Gossip.

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