Scrutinati nella notte fra ieri 21 e oggi 22 settembre i voti in tutte le 61.622 sezioni italiane per il referendum costituzionale. Secondo i dati ufficiali del ministero dell’Interno il “Sì” al taglio dei parlamentari ottiene 17.168.498 voti pari al 69,64%, mentre il “No” totalizza 7.484.940, pari al 30,36%. I votanti sono stati 24.993.020, pari al 53,84% degli aventi diritto. Le schede nulle erano 128.397, le bianche 210.862. Le schede contestate, 323. Lo scrutinio si è concluso poco dopo l’1.40 del 22 settembre.
Tagliati 345 parlamentari fra Camera e Senato
La vittoria del sì al referendum costituzionale cambia radicalmente la composizione del Parlamento italiano, i cui membri passeranno dagli attuali 945 ai futuri 600. La riforma costituzionale taglia 345 parlamentari. L’approvazione definitiva della legge di riforma è arrivata nell’ottobre del 2019, con il via libera della Camera. E con la nascita del governo giallorosso M5S-Pd è stata appoggiata per la prima volta anche dal partito democratico, sinistra e Italia viva di Matteo Renzi. Hanno votato a favore anche le forze di opposizione, Forza Italia, FdI e Lega. La netta vittoria dei Sì al referendum conferma la riforma. Ora serviranno circa due mesi per ridisegnare i collegi.
La questione dei risparmi
Il taglio degli eletti è pari al 36,5% e porterà certamente dei risparmi. Il punto è quale sia l’entità degli stessi. Stando ai detrattori della riforma, la riduzione dei costi si limiterebbe allo 0,007%. Per i Cinque Stelle, che della riforma hanno fatto un cavallo di battaglia, si risparmierebbero invece circa 500 milioni di euro a legislatura, ovvero 100 milioni annui.
Oltre duecento deputati in meno
I deputati complessivi, ora 630, saranno 400. Tagliati anche gli eletti all’estero, dagli attuali 12 a un futuro massimo di 8. A seguito della modifica costituzionale cambia anche il numero medio di abitanti per ciascun parlamentare eletto. Per la Camera dei deputati tale rapporto aumenta da 96.006 a 151.210.
Oltre cento senatori in meno
I senatori passano dagli attuali 315 a un totale di 200. Viene modificato anche il numero degli eletti all’estero, che passano da 6 a 4. Il numero medio di abitanti per ciascun senatore cresce, a sua volta, da 188.424 a 302.420. Fino ad ora la Carta stabiliva che “nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due; la Valle d’Aosta uno”. La riforma individua un numero minimo di tre senatori per Regione o Provincia autonoma, lasciando immutata la previsione vigente dell’articolo 57, terzo comma della Costituzione, relativo alle rappresentanze del Molise (2 senatori) e della Valle d’Aosta (1 senatore). Viene però previsto, per la prima volta, un numero minimo di seggi senatoriali riferito alle Province autonome di Trento e di Bolzano.
Senatori a vita: non più di 5
La riforma modifica anche l’articolo 59 della Costituzione, prevedendo espressamente che il numero massimo di senatori a vita non può essere superiore a 5, chiarendo un equivoco che andava avanti dall’inizio della storia della Repubblica, con un testo che era suscettibile di diverse interpretazioni.
Da quando scatta la riforma
La riduzione dei parlamentari, dispone la riforma, ha effetto dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore della legge costituzionale e, comunque, non prima che siano decorsi sessanta giorni. La previsione del termine di sessanta giorni è volta a “consentire l’adozione del decreto legislativo in materia di rideterminazione dei collegi elettorali”, che attualmente sono così suddivisi: per la Camera dei deputati sono 232 collegi uninominali e 63 collegi plurinominali; per il Senato 116 collegi uninominali e 33 collegi plurinominali.