Se ne è parlato già nei mesi scorsi anche se questo tema non è mai davvero rimasto al centro del dibattito. Esiste un collegamento tra il coronavirus e l’inquinamento delle nostre città e dei nostri territori? A rispondere in maniera più certa arriva adesso uno studio della Sima (Società italiana di medicina ambientale) pubblicato sulla rivista British Medical Journal.

Tracce di virus nel particolato

E la risposta è purtroppo affermativa. Esiste un nesso sufficientemente chiaro tra la diffusione del virus e l’inquinamento atmosferico, quantomeno nella Pianura Padana. Ovvero in un ambiente fra i più inquinati in Italia e in Europa. La prova di questa connessione tra lo smog e il coronavirus giunge dalle tracce di Rna virale in campioni provenienti dai filtri di raccolta del particolato atmosferico (l’insieme delle sostanze solide e liquide inquinanti presenti nell’aria) presenti nella provincia di Bergamo.

“Allarme fin da marzo”

“Si tratta della quarta pubblicazione che abbiamo prodotto dal mese di marzo – spiega Alessandro Miani, presidente della Sima -. Ci siamo sentiti in dovere di avvertire i decisori politici, nel pieno dell’emergenza Covid-19, come la distanza di sicurezza di due metri non fosse sufficiente a garantire la sicurezza e che era necessario obbligare all’uso della mascherina tutti i cittadini in ogni luogo aperto al pubblico”.

“Pianura Padana? Un ambiente chiuso”

“Durante l’inverno, in Pianura Padana, è possibile riscontrare anche per diversi giorni consecutivi più di 150.000 particelle per centimetro cubo – precisa Gianluigi De Gennaro, docente di Chimica dell’Ambiente all’Università di Bari -. C’è un impatto mortale sulla salute, anche in termini di mortalità evitabile, ormai acclarato dai rapporti annuali dell’Agenzia Europea per l’Ambiente.” L’esperto aggiunge che in inverno la Pianura Padana diventa assimilabile a un ambiente al chiuso con il soffitto di qualche decina di metri, dove in presenza di una grande circolazione virale le condizioni di stabilità atmosferica, il tasso di umidità e la scarsa ventilazione hanno favorito la circolazione del coronavirus.”