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“Trump ha un conto corrente in Cina”, il New York Times infiamma la campagna elettorale negli Usa

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Donald Trump possiede, per il tramite di una società a lui riconducibile, un conto corrente in Cina. Ovvero il Paese che egli accusa di aver diffuso il coronavirus, e col quale gli Usa sono in guerra commerciale e geopolitica. La notizia è clamorosa. La fonte autorevole. È infatti il New York Times, il prestigioso quotidiano della Grande Mela, la stessa metropoli del tycoon-presidente, a far deflagrare come una bomba mediatica il suo ultimo scoop giornalistico.

Una storia, ricostruita nei dettagli, che sta facendo il giro del mondo, con l’effetto di mettere in difficoltà “The Donald” nella corsa alle presidenziali del 3 novembre prossimo. Quasi che il Commander in Chief degli Stati Uniti non abbia già abbastanza grattacapi, a partire, ovviamente, dalla pandemia del Covid.

Stando al Nyt, Trump, come non ha quasi pagato tasse negli Usa negli ultimi anni, le ha invece pagate nel Celeste Impero. Imposte e tasse per 188.561 dollari tra il 2013 e il 2015. Lo scoop del quotidiano liberal è un duro colpo per il tycoon, che della sua ostilità a Pechino ha fatto una bandiera nella campagna elettorale. E che ha più volte accusato lo sfidante democratico Joe Biden di essere troppo debole nei confronti della Cina. Ciò non toglie che sia Biden a essere parecchio avanti nei sondaggi, in termini di preferenze degli americani.

La rivelazione giornalistica è frutto dell’esame dei documenti fiscali di Trump, personali o relativi alle sue attività imprenditoriali. Carte che il New York Times ha ottenuto da fonti qualificate e verificate. In pratica il medesimo materiale che a settembre scorso aveva consentito di svelare che nel 2016 l’allora candidato repubblicano alla Casa Bianca aveva pagato appena 750 dollari di tasse federali. Adesso è la volta delle “relazioni pericolose” con la Cina. In che senso? È Pechino uno dei tre Paesi stranieri al mondo sui cui circuiti bancari Donald Trump possiede ricchi conti correnti.

Oltre alla Cina, spiega il Nyt, ci sono anche Paesi “amici” e non ostili che “ospitano” i depositi del presidente: la Gran Bretagna e l’Irlanda. Il conto cinese del tycoon è controllato dalla Trump International Hotels Management Llc che, come detto, fra il 2013 e il 2015 ha pagato 188.561 dollari di tasse. Rispondendo alla richiesta di chiarimenti del New York Times, un avvocato del Gruppo Trump ha ammesso l’esistenza del conto. E l’ha spiegata con la necessità di pagare tasse locali al fine di “esplorare le potenzialità di business nel settore alberghiero in Asia“. Affari che tuttavia, ha poi precisato il legale, non sono andati a buon fine.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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