Pierpaolo Spollon è uno dei protagonisti di “Doc – Nelle tue mani” serie televisiva di enorme successo che sta appassionando milioni di italiani. Nel medical drama nostrano, Spollon interpreta Riccardo Bonvegna un giovane specializzando il cui obiettivo è diventare un medico vero e salvare vite, con tutte le storie e gli imprevisti che la vita comporta.
Spollon è un attore dinamico che ha preso parte a produzioni seguitissime e di alto livello come “La porta rossa” e “L’Allieva”, al fianco di Alessandra Mastronardi e Lino Guanciale. La sua carriera è iniziata quando era ancora molto giovane e con caparbietà, dimostrando di essere sempre all’altezza, ha inseguito il sogno di diventare un attore. Quando lo abbiamo contattato, ci ha raccontato dei golosi retroscena su “Doc – Nelle tue mani” e di alcuni altri progetti speciali come l’internazionalissimo “Leonardo” e “Dio ci aiuti” a cui ha preso parte nell’ultimo anno. Non ha mancato di rassicurarci sul fatto di essere felice del percorso che sta compiendo e ci ha anche confermato di essere una persona tenace e ottimista, anche se a volte, nel privato, «sono molto critico».
Intervista Esclusiva a Pierpaolo Spollon
Photo credits: Francesco Guarnieri
Pierpaolo, partiamo subito così, in medias res: boom di ascolti per la seconda parte di “Doc – Nelle tue mani”: te lo aspettavi?
Io sono uno di quelli che durante le riprese andava in giro a dire “che bomba stiamo facendo” e tutti mi dicevano “ma no, non dirlo”, erano scaramantici. Sono stato certo e sicuro dal primo giorno, con Simona Tabasco ho anche scommesso e vinto. Gli elementi sono buoni. È come per un buon piatto: quando fai un piatto e hai la materia prima di qualità, è difficile fare un capolavoro, ma sei sicuro che sarà buono. Quando ho letto la sceneggiatura ho detto “caspita!”; la sceneggiatura è di Francesco Arlanch e dei suoi collaboratori; quando ho letto le prime tre puntante, ho pensato che per me fossero tre delle sceneggiature di serie televisive più belle che avessi letto. Le prime tre funzionavano da morire, chiaramente sono le prime che mi sono arrivate. Conoscevo i due registi Jan Michelini e Ciro Visco, che si raccontano da soli. C’erano due registi giovani con una visione giovane e innovativa. Quando ho conosciuto i miei colleghi e ho visto che ci si amalgamava bene, ho iniziato a pensare davvero “che bomba”. Su questo progetto sono sempre stato estremamente positivo, che non è una mia caratteristica, solitamente sono molto critico. Qui non ho mai avuto dubbi, gli elementi erano tutti troppo buoni, la produzione ci ha permesso di fare cose che altre non avrebbero permesso, come, ad esempio, due settimane di esercizio all’interno dell’ospedale. Ci hanno messo nelle condizioni di fare un buon lavoro. Quindi sì, me lo aspettavo.
Bene che si respiri quest’ottimismo, considerato il periodo…
Ma sì, io sono un baluardo di ottimismo. Nel privato non sono sempre così; sul lavoro, sul set, invece, sono riuscito a portare leggerezza. Sono critico, tiro fuori i problemi che ci sono, ma la risolvo in due battute, son fatto così.
Torniamo a “Doc – Nelle tue mani”, ho una curiosità che immagino sia anche quella di molti telespettatori: come si diventa specializzandi? Come ci si prepara per un ruolo complesso come questo? A me sembra davvero difficile…
Sì, hai ragione. È difficile. L’ospedale è uno di quei posti che conosci, ma non sai effettivamente come funziona. Sai che prima o poi nella vita ci capiterai, ma poi vuoi andartene talmente in fretta che non ti dai il tempo di capire. Diciamo che è anche giusto che sia così. Ci hanno dato la possibilità di stare in un ospedale, di stare con i medici tutto il giorno. Siamo entrati con loro nelle sale, abbiamo visto come funzionano le visite. Questo associato al mio lato da cretino –ride, ndr- mi ha permesso di aggirarmi tra i corridoi di un vero ospedale con il camice e, quando non mi riconoscevano, la gente mi chiedeva informazioni; mi divertivo, poi dicevo loro di non essere un medico e gli indicavo le persone a cui rivolgersi. Faceva parte del mio “addestramento”. È stato bello entrare nel mondo degli specializzandi; questi ragazzi studiano per sei anni, poi vanno a giocarsi il posto fino alla fine per restare in ospedale. In ospedale, poi, si scoprono le carte: o viene fuori un lato umano, o sei un robot che pensa “ok, il mio obiettivo è entrare e chi se ne frega degli altri”. Il mio personaggio, che io ho immaginato come un mio amico che fa lo specializzando, pensa di avere un privilegio: quello di essere un dottore. Si sta giocando il posto in una bella clinica, sa di avere delle opportunità, ma sa anche che comunque andranno le cose questo è quello che vuole fare nella vita.
Che poi, proprio a proposito del tuo personaggio, Riccardo Bonvegna, c’è da segnalare un’altra difficoltà: oltre a essere uno specializzando in corsa, Riccardo ha subito anche l’amputazione di un arto. Qual è stato il tuo approccio in merito?
Ho la fortuna di seguire un’associazione, la fondazione I.R.P.E.A., che si occupa di ragazzi con disabilità, con e senza famiglie. Quindi un contatto diretto con chi vive alcune condizioni ce l’avevo. Il problema che ha alla gamba il mio personaggio è camuffabile, mentre se il problema fosse stato alla mano sarebbe stato difficile nasconderlo. Anche questo va considerato, ogni situazione è a sé. Comunque, tramite un amico che giocava a pallone con me, ho conosciuto un ragazzo che ha vissuto il dramma dell’amputazione dell’arto durante il periodo dell’adolescenza. Con lui ho fatto un’analisi delle scene, mi son fatto raccontare come avrebbe reagito lui in determinate circostanze, mi son fatto raccontare la sua storia, ero curioso, volevo sapere tutto, anche il suo approccio con le donne. Poi lui è venuto anche sul set, ha fatto la mia controfigura. Secondo me, a più ‘perché’ risponde un attore e più ha in mano i personaggi che interpreta, io sono un grande risponditore di ‘perché’.
Prima di lasciare “Doc – Nelle tue mani”, ci regali uno spoiler?
Non posso dire molto. Posso dirti che una scena come l’ultima vista con Silvia cambierà il modo di approcciarsi dei nostri personaggi. Ci sarà un Riccardo sorridente con tutti, ma vedrete alcuni cambiamenti nei rapporti.
Bene, non ci resta che attendere la prossima puntata. Ad ogni modo, Sei un attore molto impegnato, dinamico, e in cantiere hai un altro bellissimo progetto: “Leonardo”. Ce lo racconti?
Penso che sia un progetto internazionale meraviglioso: una cooperazione italiana, inglese, spagnola e c’è di tutto. L’abbiamo girato interamente in inglese. È tutto incentrato sulla vita di Leonardo da Vinci. Un progetto ambizioso, una riproduzione del passato, una riproduzione della storia di Leonardo, di Michelangelo, i grandi del passato. Ho visto tutti i posti che sono stati ricostruiti, un lavoro davvero pazzesco. Per intenderci è sulla falsa riga de I Medici. È il primo progetto internazionale a cui prendo parte, per la prima volta ho recitato in inglese. Ho avuto la possibilità di confrontarmi con grandi artisti, sono grato di aver avuto modo di partecipare alla realizzazione di questo progetto. C’è molta attesa, io non vedo l’ora di vederlo, più che altro da spettatore; lo attendo come un fan, voglio vedere la serie. È davvero un prodotto di altissima qualità.
Un anno importante, quindi. Progetti futuri?
In realtà ho alcune cose in cantiere, ma non si possono ancora svelare. Posso dirti che sicuramente ci sarà una seconda stagione di “Doc – Nelle tue mani”, sto lavorando a “Che Dio ci aiuti”; un altro lavoro estremamente divertente, con un regista meraviglioso -Francesco Vicario, ndr-. Gli attori sono divertentissimi, Gianmarco Saurino, Diana Del Bufalo, tutte persone estremamente simpatiche e amanti della vita, sono molto felice quando lavoro così. Quest’anno ho fatto tanta televisione e sono felice.