Si considera un “cercatore di alberi”. Un “Homo Radix”, secondo il concetto che ha coniato lui stesso. Un “uomo radice” in connessione costante con la natura, le foreste, gli animali, le piante. Soprattutto con il bosco. L’habitat ideale della sua anima. Tanto da parlare di dendro-sofia, da dendron (albero) e sophia (conoscenza, esperienza, saggezza). Tiziano Fratus, 45 anni, piemontese, è poeta, scrittore, viaggiatore, fotografo, cultore di meditazione zen. Non è possibile definirlo. E sarebbe sbagliato tentare di farlo. Meglio provare a intessere un dialogo con lui, a partire da Sogni di un disegnatore di fiori di Ciliegio (Aboca), la sua nuova opera di versi e prose da poco in libreria.
Nelle sue opere, non ultima i Sogni di un disegnatore di fiori di ciliegio, c’è spesso al centro il tema degli alberi. Cosa rappresenta per lei il bosco?
Sono diversi i boschi che si intrecciano nella mia mente e nella mia vita. Ma in fondo in quella di ciascuno di noi. Il bosco che oggi vado a visitare, ad esempio. Ma anche il bosco-foresta: quello cioè più originale, meno antropizzato, fuori dai ‘confini’ della nostra vita quotidiana. C’è poi un bosco tutto pensato, che è il bosco dei nostri ricordi di bambini. Nella nostra mente c’è un bosco dell’infanzia che rappresenta una memoria positiva, oppure un altro che rappresenta un ricordo negativo.
Perché le sta a cuore scrivere di foreste, piante, alberi?
Per quanto mi riguarda, il bosco che prende le mosse dall’esercizio della scrittura si anima di presenze. Cerco lo spirito del bosco. Do vita agli alberi, a una corteccia, al fiume, al ruscello, a una volpe. È l’immaginazione all’opera che si nutre di tutti i diversi boschi cui accennavo.
C’è una storia di vita personale dietro e dentro la sua passione per la natura?
Fin da bambino la natura e il bosco sono per me un ‘ricordo’ positivo. Mio padre era falegname, la nostra casa era immersa nella natura. Ho passato estati intere accanto al fiume, a cercare i pesci, a camminare. Da adolescente ho abbandonato tutto questo. Ho cercato il fascino della città, del mondo dell’uomo. Poi al bosco sono ritornato, in età matura. Adesso vivo nella campagna.
Chi è l’Homo Radix?
È la nostra identità. È l’uomo, la donna, che crea connessioni estetiche, spirituali e sentimentali con la natura. Noi non siamo qualcosa di diverso da essa, ne siamo una parte importante.
Rispetto a tempo fa, oggi c’è una diffusa, e apparentemente maggiore, sensibilità ai temi della lotta ai cambiamenti climatici; perfino il Papa ha scritto l’enciclica Laudato si’ sulla Terra, casa comune di tutti gli uomini. Qual è il suo punto di vista?
Apprezzo la retorica di Papa Francesco su questo tema. Sì oggi esiste una maggiore sensibilità. Ma porterà al cambiamento? Da ragazzo ricordo bene l’infinito conflitto israelo-palestinese. Esiste ancora. Se non rimuoviamo dal mondo le guerre, la violenza, i conflitti cronici temo che a tutto questo ansimare nei confronti del clima non seguirà una mutazione dei nostri comportamenti. E quindi la salvaguardia della Terra. Speriamo di vivere in un mondo meno martoriato. La lotta ai cambiamenti climatici è solo una parte del discorso che va fatto.