In famiglia dilaga il “phubbing”: cos’è e perché è nocivo
Se i genitori preferiscono lo smartphone ai figli le relazioni ne risentono
Mamma e papà che restano a lungo concentrati sullo schermo del proprio smartphone in presenza dei figli sbagliano. E di grosso. Il fenomeno che in America chiamano phubbing, peggiora le relazioni familiari. Non solo. Si tratta di un atteggiamento che ha possibili ripercussioni sul benessere psicologico dei giovani.
Uno studio scientifico
Questo è il risultato dello studio di un gruppo di ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca, pubblicato sul Journal of Social and Personal Relationships. Lo studio, dal titolo Mom, dad, look at me: The development of the Parental Phubbing Scale, è il frutto della collaborazione multidisciplinare tra ricercatori del Dipartimento di Psicologia di Milano-Bicocca e di Sociologia e ricerca sociale dello stesso ateneo. Fra i primi: Luca Pancani e Paolo Riva. Fra i secondi: Tiziano Gerosa e Marco Gui.
Da dove viene questa parola
Alla base dello studio il cosiddetto fenomeno del “phubbing”. Il termine anglosassone deriva da “phone”, telefono cellulare, e “snubbing”, snobbare. Un comportamento per cui le persone in un dato contesto sociale ignorano l’interlocutore. E prestano attenzione al proprio smartphone come fosse la cosa più importante per loro.
Campione di 3mila adolescenti
I ricercatori milanesi hanno dimostrato che chi subisce il phubbing ha ripercussioni negative sul proprio benessere psicologico. Inoltre svaluta la relazione con i colleghi o il partner e, nei casi più gravi, arriva a sviluppare sintomi depressivi. Il gruppo di ricercatori ha sviluppato il questionario per misurare il phubbing che i figli subiscono da madre e padre, raccogliendo dati su un campione di oltre 3000 adolescenti (età compresa tra i 15 e i 16 anni).
Fenomeno molto frequente
“Il phubbing è particolarmente importante da studiare perché l’ubiquità dello smartphone fa sì che questo fenomeno possa essere messo in atto da chiunque e in qualsiasi momento“, spiega Luca Pancani. “Pur essendo ormai radicato in molteplici ambiti relazionali, incluso quello familiare – aggiunge Tiziano Gerosa – rimane un fenomeno relativamente recente e non ancora regolato da esplicite norme sociali. La ricerca può incidere molto sulla costruzione di norme sociali che pongano dei limiti al phubbing anziché accettarlo indiscriminatamente”.