Maradona 60: Il Pibe de Oro sogna ancora uno scudetto per il Napoli, e Napoli sogna ancora Maradona

60 volte Diego: il ricordo del ricordo di chi c'era

«Non ho mai visto il Napoli di Maradona» canta con rammarico Anastasio in La fine del mondo, brano con cui ha vinto X-Factor 12. Beh, neanche io. Ma avrei voluto. Perché quando nasci e cresci a Napoli dove tutto è azzurro, come il mare, come il cielo, una delle prime immagini che ricordi è quella di un uomo non troppo alto e riccioluto che indossa la maglia azzurra, con un 10 eterno e perentorio stampato sulle schiena.

Mettiamola così: esiste una Napoli Avanti Diego e una Dopo Diego. È così. Il calcio c’era anche prima di lui, per carità. Ma poi, quando da Barcellona, in quel lontano 5 luglio 1984, Diego è sbarcato a Partenope, qualcosa è cambiato. C’erano 60mila persone al San Paolo ad accoglierlo; doveva essere solo un “benvenuto” è invece diventato un “per sempre”. È come se un concetto, uno sport avessero improvvisamente preso corpo, e per i napoletani, quelli che vedono l’azzurro dove a volte neanche c’è, era arrivato l’alieno che incarnava quel concetto, quello sport: metà calcio, metà uomo. E chi banalmente riduce il suo regno calcistico a una mera serie di grandi vittorie, è fuori strada. Perché se sentite parlare chi lo ha visto giocare, chi con lui ha pianto e gioito allo stadio – non una struttura, ma un tempio – vi dirà che c’era qualcosa di perfetto e magico nel tocco. Vi dirà che c’era una sorta di aurea intorno a lui, vi dirà che ha avvertito con ogni cellula del corpo la vera essenza dell’agonismo e della passione.

Troppo banale parlare di gol e punti in classifica. Gli scudetti, per quanto agognati e festeggiati, non hanno fatto altro che coronare la suggestione di quei palleggi in allenamento, di quei dribbling che non abbiamo visto più, di quelle partite in cui si poteva apprezzare la vera bellezza del calcio. E poi sì, quei due scudetti. Il primo nel 1987, il secondo nel 1990. E poi la Coppa Uefa. E poi la Coppa Italia e la Super Coppa. Il problema è che io sono nata nel Dopo Diego, quando la storia era già stata scritta e ho potuto soltanto leggerla. Che poi, Diego lo saprà, ha lasciato un segno, un’impronta, un solco talmente profondo da aver lasciato tutti impantanati nel suo ricordo. Allora, quando devi ricostruire un ricordo che non è il tuo, non ti affidi a Youtube, ma cerchi di entrare in quelli degli altri. Perché una sensazione arriva diretta, un’immagine resta così, statica, vista e rivista. Forse quel video su Youtube emozionerà chi c’era, chi ha vissuto quelle emozioni dagli spalti.

Io, invece, ho dovuto chiedere per saperne di più: mi hanno raccontato che Diego uomo, quello fuori dal campo, non è stato sempre impeccabile, ma che non importava. Lui era, ed è, il Pibe de Oro. Mi hanno raccontato delle trasferte, di stadi interi a bocca aperta quando Diego si lanciava verso la porta avversaria, del genio improvviso che spiazzava le difese, del riscaldamento sulle note di Live is life. Mi hanno raccontato che Maradona era irriverente, che per le vie di Napoli non poteva camminare, ma che lo faceva lo stesso; che era un idolo in Argentina; che quando si intonava “Oh mamma mamma mamma, Oh mamma mamma mamma, sai perché mi batte il corazon? Ho visto Maradona, Ho visto Maradona! Oh, mammà, innamorato son!” non si trattava di un coro, ma di un preghiera laica, un ringraziamento al calcio per aver fatto brillare un diamante spento. Perché Napoli è così, un diamante spento. Mi hanno raccontato di aver vissuto un sogno e non l’hanno dimenticato più, nemmeno da svegli. Nemmeno dopo trent’anni.

I 60 anni di Diego Armando Maradona

 

Oggi, 30 ottobre 2020, Diego Armando Maradona compie 60 anni e li festeggia in qualità di allenatore; il calcio gli scorre ancora nelle vene e non potrebbe essere altrimenti. Anche se lontano dalla città ne ha fatto una vera e propria divinità, Diego non dimentica. Nel ringraziare per gli auguri e l’affetto ricevuto, al Corriere dello Sport ha dichiarato: «Vorrei che questa pandemia assassina se ne andasse via. Vorrei che lasciasse in pace tutti e soprattutto quei Paesi e quei popoli e quei bambini tanto poveri da non potersi neppure difendere. […]  E se è vero che non c’è due senza tre, vorrei che un altro scudetto lo vincesse presto pure il Napoli. Lo seguo. Mi piace». Chi ama non dimentica. Auguri, Diego. Auguri da chi non c’era e avrebbe voluto esserci.

 

 

 

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