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Covid, alla Scala salta la prima con il pubblico: non accadeva dai tempi della guerra

In vista del 7 dicembre il grande teatro di Milano cerca una soluzione alternativa

La seconda ondata del coronavirus che sta colpendo in pieno l’Italia non risparmia i concerti e la lirica. Al Teatro alla Scala di Milano, uno dei più importanti del mondo, salta la prima del 7 dicembre prossimo, festività di Sant’Ambrogio, patrono del capoluogo lombardo. Per essere più precisi: il 7 dicembre 2020 non ci sarà l’inaugurazione della stagione lirica della Scala con il pubblico. Il motivo è ovviamente legato al Covid. Un fatto triste, tanto più se si pensa che una cosa del genere non accadeva dal 1943, dopo i bombardamenti, in piena seconda guerra mondiale.

In cerca di un “piano B”

La decisione di stoppare tutto era già nell’aria ma i dirigenti riuniti in Consiglio di amministrazione, l’hanno ratificata definitivamente. Il sovrintendente Dominique Meyer ha comunque ricevuto il mandato di mettere a punto quello che potremmo definire un “piano B” per il 7 dicembre. Visto che non è possibile inaugurare la stagione lirico-teatrale con la presenza fisica del pubblico, dei vip e delle autorità istituzionali e politiche, a cominciare dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, occorre cercare un’altra strada. L’obiettivo del sovrintendente Meyer è di individuare “una platea più ampia possibile”.

Era in programma la Lucia di Lammermoor

In una nota ufficiale del teatro si precisa come il consiglio di amministrazione della Scala abbia “preso atto che nell’attuale quadro epidemiologico e normativo non sussistono le condizioni per provare e realizzare una produzione aperta al pubblico”. E quindi uno spettacolo “del livello e con le caratteristiche richieste per un’inaugurazione di Stagione. Le rappresentazioni di Lucia di Lammermoor (di Donizetti, ndr.), previste per il 7 dicembre e per i giorni seguenti sono quindi rinviate”. Tramontata l’ipotesi di andare in scena (anche solo in diretta) con la Lucia, che prevedeva artisti del calibro di Juan Diego Florez, si cerca una soluzione alternativa, che sia un modo per far sentire la voce del teatro in Italia e nel mondo.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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