Le dimissioni le dette nella lingua madre della Chiesa. Perché “una cosa così importante si fa in latino”. Era l’11 febbraio 2013 e quell’annuncio fu colto prima di tutti dalla giornalista dell’Ansa Giovanna Chirri, la prima ad afferrare il significato delle sue parole nella lingua morta più bella del mondo. Era una notizia bomba. Senza precedenti da almeno 600 anni. Papa Benedetto XVI, Joseph Ratzinger, dava le dimissioni dal Soglio di Pietro.

Celestino V e il sacro pallio

Come una scintilla, la notizia percorse la Terra intera. Non furono pochi quelli che riandarono con la mente al 2009, l’anno in cui Papa Ratzinger aveva compiuto a L’Aquila, pochi giorni dopo il terremoto che aveva devastato una delle città più belle d’Italia, un gesto che fece quasi scalpore. Silenziosamente, com’è nel suo stile, si era tolto il pallio pontificio e lo aveva deposto come omaggio sul cristallo della teca sepolcrale di Celestino V, il papa del “gran rifiuto”, dimessosi da pontefice nel 1294. Celestino passò alla storia come un codardo e un incapace. Fu invece rivoluzionario e contro corrente. La sua radicalità evangelica lo spinse a un gesto estremo – le dimissioni da Papa – e diede nuova vitalità alla Chiesa di Roma.

Ratzinger e Francesco

Oggi il Papa emerito, Benedetto XVI, vive non molto distante dal pontefice regnante, Francesco. E questo è uno dei temi più enigmatici e indagati dai vaticanisti di ogni parte del mondo. Ovvero il segreto della convivenza in Vaticano tra “i due papi”. Il “pianeta” Ratzinger con i suoi misteri, non ultimo l’incontro-scontro con Bergoglio, è al centro della biografia Benedetto XVI. Una vita (Garzanti) dello scrittore tedesco Peter Seewald. “L’amicizia personale con Papa Francesco non solo è rimasta”, conferma Benedetto a Seewald, “ma è andata crescendo nel tempo”. Affermazioni che sembrano far giustizia di un turbinio di speculazioni e strumentalizzazioni che, fuori e dentro le mura leonine, si fanno a proposito del rapporto tra Papa Francesco e Papa Benedetto.

Una vita spesa per la Chiesa

Ma la figura del Papa emerito indagata da Seewald risulta particolarmente affascinante per un semplice motivo. Lo scrittore tedesco ha “visto da vicino” Josef Ratzinger per oltre 25 anni. Oggi può raccontare, avendo avuto accesso a materiali esclusivi, gli anni dell’infanzia e della formazione del futuro pontefice. Così come dell’insegnamento universitario e del Concilio Vaticano II. Fino ai momenti decisivi del conclave che lo ha eletto alla cattedra di Pietro e alla scelta senza precedenti delle dimissioni. Benedetto appare quasi un Papa sulla soglia di un mondo nuovo. Dal quale però fa un passo indietro per lasciarlo, il passo, al successore di Pietro “venuto dalla fine del mondo”, come Jorge Mario Bergoglio definì se stesso salutando la folla in piazza San Pietro, la sera dell’elezione, il 13 marzo 2013.

Benedetto, “servo inutile” secondo il Vangelo

Una domanda, tutto sommato, resta in parte misteriosa e non esaustivamente chiarita dalla biografia Una vita. Quali furono davvero i motivi che spinsero Ratzinger alle storiche dimissioni? “Sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino” disse in latino Benedetto quel famoso giorno. “Per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo – aggiunse davanti ai prelati attoniti -, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato”. Parole che, rilette a distanza di quasi 8 anni, fanno pensare al passo evangelico in cui Gesù dice ai suoi discepoli: “Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: ‘Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare’“. Ma “servi inutili” significa una cosa chiara, di certo ben presente al Papa emerito, grande teologo e maestro nell’interpretazione della Bibbia. Vuol dire discepoli di Cristo senza secondi fini, che si donano per portare agli altri il Vangelo. Senza secondi fini. Quelli che più volte il mite ma inflessibile Benedetto XVI aveva denunciato parlando della “sporcizia nella Chiesa” da superare per sempre.