Era il 28 dicembre 1895, una fredda giornata parigina sul finire del diciannovesimo secolo. Due fratelli francesi, Auguste e Louis Lumière, esortati dal padre Antoine decisero di rendere pubblici i loro primi esperimenti realizzati con un marchingegno da loro perfezionato, il cinematografo. Fu il genitore, dunque, a mettersi alla ricerca di un locale, nel quale i due potessero proporre le loro “fotografie animate”. L’uomo decise, in fine, di ripiegare su una saletta secondaria, nel quartiere dell’Opera, del Gran Cafè del Boulevard de Capucines. Dietro un compenso di un franco, la gente poteva entrare e assistere alle strane immagini in movimento. Il freddo spinse all’interno del locale trentatré persone in quella che fu la prima proiezione pubblica a pagamento: senza accorgersene, avevano appena assistito alla nascita del cinema.
Cinema: 125 anni di storia, ma non è più (o mai) lo stesso
Da quel momento, nulla sarebbe stato più come prima. Non tanto per la tecnologia del mezzo cinematografico, di cui esistevano già diversi esempi, risalenti anche a prima dei fratelli Lumière. La prima proiezione aveva infatti gettato le basi per la moderna distribuzione nella sala, rendendo il cinema una vera industria, nonché un luogo di consumo ma anche di aggregazione.
Ancora agli albori, tuttavia, il medium appena scoperto subì un primo cambiamento, grazie al visionario Mèlies. Da mezzo tecnico attraverso il quale catturare la realtà, il cinematografo passò dunque a dispositivo in grado di raccontare storie, grazie alla possibilità di creare una realtà “altra”. Fu solo l’inizio di un processo che portò il cinema ad adattarsi e a riscrivere i propri linguaggi. Come ha ricordato Thierry Fremaux: “I cinema sono morti spesso, eppure sono ancora vivi perché il pubblico ha bisogno di esperienze collettive“. Ebbene sì, qualsiasi cambiamento fu, nelle sue fasi iniziali, accolto come un attentato alla “purezza” del cinema in quanto tale, tanto da metterlo in crisi. Dall’introduzione del montaggio, a cui Griffith diede un assetto teorico. Dal sonoro, il cui primo esempio è The Jazz Singer (1927), passando poi per il colore: ogni volta si è parlato di morte del cinema.
Film come Cantando sotto la pioggia (Singin’ in the Rain) e Viale al tramonto (Sunset boulevard, Billy Wilder) ben rappresentano questo passaggio. In particolare, riguardo all’ultimo citato non possiamo non citare l’iconica battuta del personaggio immaginario di Norma Desmond, diva del cinema muto, che afferma: “Lo sono ancora (grande), è il cinema che è diventato piccolo!” Ancora una volta, dunque, il processo di riadattamento del medium al contesto mutato è vissuto in maniera negativa. Con l’introduzione della televisione e, successivamente, dell’home video lo scenario cambia totalmente.
Ha davvero senso parlare oggi di “cinema”?
Proprio grazie all’introduzione del VHS, si riscoprono i grandi classici di cui si era persa traccia. A cavallo tra gli anni ’70 e ’80 si assiste dunque a quella tendenza che viene definita come effetto “nostalgia“, che auspica un ritorno al passato. Ma, per sua stessa definizione, il passato è irripetibile perciò, nonostante la preponderanza dei remake e sequel che si affermano a partire da questo periodo, il cinema va avanti. Talmente avanti che, ormai, ha quasi superato il concetto di sala cinematografica. Il grande schermo ha trovato posto nei nostri device portatili, attraverso apposite piattaforme di streaming video: Netflix, Amazon Prime Video, MUBI, Disney+.
Eppure, nonostante le grandi case di produzione stiano sempre più ripiegando sul mercato home video, a causa principalmente della situazione presente, il fascino della sala rimane immutato. Per quanto il calo economico sia oggettivo, gli spettatori avvertono la necessità del cinema in quanto luogo di aggregazione. Possiamo dunque dire che sicuramente, ora come ora, il cinema non è più lo stesso di prima perché non è mai stato lo stesso. Questo perché, dal momento che riflette il cambiamento sociale, anche noi non siamo più gli stessi. E sì, in quanto produttore di contenuti audiovisivi che hanno lo scopo di rispondere al bisogno di evasione degli spettatori, ha ancora senso parlare di cinema. Anzi, all’alba dei sui 125 anni dimostra di essere più rinvigorito che mai. Auguri alla Settima Arte.