È un periodo di bellissima rinascita per Cesare Cremonini, che come ha affermato in questi giorni, dopo aver «sconfitto il mostro» celebra un nuovo inizio con un libro edito Mondadori. Si intitola “Let them talk, Ogni canzone è una storia” e parla della sua vita, della carriera ma anche di quel disturbo che era arrivato ad incrinargli la vita. In una lunga intervista rilasciata a Il Corriere della Sera l’artista ha raccontato il suo rapporto con la schizofrenia.
Cremonini: le ali sotto i piedi del successo
Lo scorso maggio “50 special”, esordio clamoroso dei Lunapop allora capitanati da Cremonini, compiva 21 anni. Era il 27 maggio 1999: alle soglie del 21esimo secolo, che stava per iniziare con un’attesa quasi apocalittica, tutte le radio mandavano in rotazione il primo enorme successo della boy band. L’Italia l’avrebbe cantata per tutta l’estate, l’ultima del 1900. In realtà, però, la hit si apprestava a diventare un evergreen. Tutt’ora un pezzo da viaggio, da karaoke, da discoteca con i dovuti remix ma anche senza, da fine serata estiva, a chiusura di praticamente qualsiasi dj set. «50 Special mi ha regalato una vita intera» aveva commentato Cesare Cremonini con un video ricordo, in occasione dei 21esimo compleanno della canzone. «È impossibile raccontare qui dove mi abbia portato quella canzone e quanti chilometri mi abbia fatto percorrere. Ma oggi tre giovani ricordi mi sono tornati in mente. Le battute di Nicola “ballosballo” Balestri; il gol sotto la Curva Sud allo Stadio Olimpico con commento di Bruno Pizzul, che mi valse mille bevute; e la gioia di cantare assieme a Celentano. Grazie a tutti voi per questi ventun’anni con le ali sotto i piedi».
Il successo e la palla incandescente
All’epoca Cremonini aveva appena 19 anni. «Violavamo tutte le regole dello spettacolo – racconta ancora al Corriere – Entravamo nei camerini altrui a rubare la biancheria intima delle star per regalarla agli amici. Organizzavamo feste invitando le ragazze incontrate per strada. Non vidi mio padre e mia madre per due anni. Fu la scoperta del sesso. E dell’Italia, della sua immensa provincia». Sull’altra faccia di una medaglia chiamata successo, come la storia della musica – ma più in generale quella del divismo – ci insegna, non serve infierire. La fama precoce, e ancor di più quell’ossessione feroce per la musica, lo avevano portato a trascorrere i primi due anni chiuso nello studio di registrazione. Anche la domenica, ricorda oggi. L’entrata in scena di una patologia altrettanto ossessiva, che il cantautore definisce come una «palla incandescente», è arrivata presto. Poco dopo 50 special, …Squerez? e i live in giro per gli stadi. Fondamentale l’incontro con lo psichiatra, avvenuto per caso, quando accompagnando un’altra persona si è ritrovato a parlare di sé.
Il mostro della schizofrenia
«Quasi ogni giorno, sempre più spesso, sentivo un mostro premere contro il petto, salire alla gola. Mi pareva quasi di vederlo. E lo psichiatra me lo fece vedere. L’immagine si trova anche su Internet. È questo?, chiese. Era quello. Braccia corte e appuntite, gambe ruvide e pelose. La diagnosi era: schizofrenia. Percepita dalla vittima come un’allucinazione che viene dall’interno. Un essere deforme che si aggira nel subconscio come se fosse casa sua». Nel frattempo aveva smesso di tagliare barba e capelli, mangiava solo pizza, a pranzo e a cena, ritrovandosi a pesare oltre cento chili. «Non facevo più l’amore, se non da ubriaco. Avevo smesso qualsiasi attività fisica».
Due cose hanno salvato Cesare Cremonini facendogli superare quella che è stata, a tutti gli effetti, la sfida più difficile della sua vita: lo psichiatra e il camminare, racconta a Il Corriere della Sera. La cura era camminare. La causa, ammette, era il lavoro. Ora Cesare i mostri non li vede più; capita che li senta «borbottare», ma li lascia parlare da soli. «Let them talk», lasciali parlare, appunto: il titolo del suo libro.
Let them talk: il libro di Cesare Cremonini
«Ero felice, è vero. Ma a volte non si ha altra scelta» recita la quarta di copertina del primo libro del cantautore bolognese. Così Cremonini rompe il silenzio, squarcia l’alone di mistero che da oltre vent’anni lo accompagna – cronaca rosa a parte, che quella poco importa – e scrive davvero di sé. E se ogni canzone è una storia, qui ogni storia accompagna quella dell’artista, partito ragazzino dai colli bolognesi e oggi uomo di 40 anni, di cui metà vissuti insieme alla sua carriera.
Le canzoni, filo conduttore (ma solo apparente) di Let them talk, stavolta parlano loro eccome. Ognuna è la chiave di un mondo, uno scrigno che Cremonini ci apre per farci attraversare le porte di quel mondo, il suo. Fatto di un’attrazione totale verso il lato poetico della vita, di curiosità verso l’ignoto, di grandi perdite e di sogni ritrovati, di libri letti e immaginati, di film visti e interiorizzati, per spiegarci che l’arte è una sola e ci ricorda chi siamo. Il tutto sullo sfondo vivido dei famosi colli bolognesi. Ma non solo, anche delle strade segrete di un’Emilia Romagna divertente, sexy, generosa di forme e tollerante nell’animo. Fertile vivaio di grandi talenti e campioni. Che sapesse scrivere, Cremonini, l’avevamo capito già dalle sue canzoni. Ma qui il cantautore si conferma scrittore. Buon divertimento.