Un anno di notizie con VelvetMag: il 2020 che non avremmo voluto raccontare [VIDEO]
Un anno di notizie con VelvetMag. Un anno in cui, impossibile negarlo, c’è stato un unico vero protagonista, inatteso ma assoluto: il Covid-19. Ripercorrere questo 2020 porta inevitabilmente a riflettere, ad impressionarsi di fronte al mutamento improvviso, lento e ancora in corso delle nostre vite. Il 1′ Gennaio il nuovo anno si apriva su Piazza San Pietro: tra i fedeli, una donna afferrava Papa Francesco trattenendolo per un braccio. Il Pontefice, con un gesto liberatorio e inaspettato, si divincolava per liberarsi dalla presa. Quel colpetto sulla mano in diretta televisiva mondiale, per cui Bergoglio si è presto scusato, sembrava già la notizia del nuovo anno. Eppure.
Era il 1 Gennaio: è di una manciata di giorni dopo, invece, il primo cenno di un cambiamento storico che stava per invaderci violentemente. «Panico in Asia per un virus misterioso», titolavamo tutti. «Cosa c’è da sapere», azzardavamo a comprendere. «Un virus sconosciuto; si trasmette da uomo a uomo; proverrebbe dalla Cina». Un cambiamento lento, appunto: negli ultimi giorni di Gennaio iniziavano a circolare moniti e parole che, non lo sospettavamo ancora, di lì a poco avrebbero assunto le dimensioni di un mantra per la sopravvivenza. «Lavarsi spesso le mani»; «evitare posti affollati»; «si tratterebbe di un coronavirus, vicino a quello della Sars». E ancora «saliva», «raffreddore»; «contatto». Saliva, raffreddore, contatto. Eppure in quelle prime settimane di Gennaio sembrava non dovesse riguardarci. Era un pericolo dall’eco rassicurante e quasi esotica, niente più che qualche premura da adottare in caso di viaggi all’estero, «da noi al momento non c’è alcun problema, niente da temere».
È stato un anno intenso di notizie forti, difficili. Un 2020 con l’ultima ora all’ordine del giorno: ricoveri, conferenze stampa, dpcm e poi ancora nuovi dpcm, divieti, restrizioni, dirette nazionali, allarmismo, morti. Tante morti. È stato un anno in cui anche VelvetMag ha dovuto spogliarsi spesso dei suoi abiti più glamour, degli sfarzi dello showbiz, del racconto all news frizzante e colorato che da sempre lo caratterizza. Senza però perdere quello spirito che abbiamo riscontrato anche nel nostro Paese, tra lutti, difficoltà e isolamento forzato. Oggi, allora, ripensiamo anche a quell’Italia che ha saputo cantare dai balconi e che ha riscoperto il gusto della tradizione nei sapori da portare in cucina. Che ha trovato una via di fuga nella satira più sana circolata sul web: le parodie sui congiunti e sul lockdown per sconfiggere la solitudine, i meme sulla serialità dell’appuntamento con la conferenza stampa del Premier Conte, il ciuffo umilmente scomposto del Presidente Mattarella. Gli artisti della musica uniti nelle dirette social, a comporre canzoni con i fan, ad improvvisare concerti virtuali. E ancora la farina, la pizza, le videochiamate su Zoom, lo smartworking in camicia e pantaloni del pigiama, andrà tutto bene.
Andrà tutto bene, sì, anche questo è stato un mantra. Il più spontaneo ma probabilmente il più forte di tutti. A conti fatti non è andato tutto bene, ma ancora non smettiamo di ripetercelo. Andiamo avanti. Perché all’Italia che reagisce resteranno comunque addosso le ferite. Quelle del personale sanitario stremato e i segni di chi è sopravvissuto all’intubamento. La perdita, gli affetti strappati per sempre alle famiglie, ché siamo in troppi a dover contare almeno un addio. I nonni. Figli di una generazione quasi scomparsa, ultima erede di un’Italia bellica, la stessa che ha visto il Paese morire sotto le sirene e risorgere col boom economico, il Carosello e il primo Sanremo della storia. E poi il terrore di avvicinarsi, quella paura sotterranea che affiora anche quando guardiamo un film. Capita anche te, quando vedi una scena con assembramenti senza mascherine, di spaventarti? Sì, capita a tutti di non ricordarci com’era prima.
È stato un anno di notizie che non avremmo voluto raccontare e che è stato faticoso raccontare. Non senza ostacoli: in uno scenario nuovo e spiazzante, abbiamo tutti dovuto schiavare la fake news e imparare la parabola di un nuovo lessico fatto di mascherine, zone rosse, bollettino, curva di contagi, pandemia, isolamento domiciliare, terapia intensiva, tampone rapido o molecolare. Certi momenti, però, rimarranno nella memoria di tutti. La sera del 9 marzo 2020: Conte annunciava all’Italia l’inizio del lockdown generale. Per la prima volta nella storia il mondo rimaneva sospeso, silenzioso, inattivo. Angels, l’illustrazione di Franco Rivolli dedicata a tutto il personale sanitario intento a curare, incessantemente, i pazienti affetti da Covid-19. La dottoressa con la mascherina che abbraccia lo stivale rimarrà, per sempre, il simbolo storico della nostra lotta al virus. 18 marzo 2020: un corteo di 70 carri militari trasportava le bare fuori da Bergamo verso i forni crematori di altre Regioni. Non c’era più posto per i nostri morti: è un’immagine di guerra che non supereremo.
Così come la benedizione Urbi et Orbi di Papa Francesco in una Piazza San Pietro deserta e illuminata dal riflesso di una pioggia sottile, quasi apocalittica. E ancora il Presidente Mattarella, da solo con una scorta ridotta, il 25 aprile di fronte all’Altare della Patria a Roma. Soltanto uno squillo di tromba aveva squarciato il silenzio nel giorno della Liberazione.
Aprile, Maggio, Luglio, Agosto, Ottobre e poi, ancora più inclemente, Novembre: abbiamo dovuto dire addio anche ai grandi. Luis Sepulveda, Ezio Bosso, Ennio Morricone, Franca Valeri, Jole Santelli. Gigi Proietti, Stefano D’Orazio. Così la gabbianella sorrise al gatto mentre la signorina Snob guardava al cielo per l’ultima volta, e rideva per l’eco di quella battuta: ar cavaliere nero non je devi… Stop!, bòni col romanesco. Allora prima attacca il piano, ed è un volo d’uccelli. Poi arriva anche il flauto, e sale lento: c’era una volta in Italia… Ed è goool, campioni del mondo! Già, campioni. Oh mamà mamà mamà, sai perché mi batte el corazon…
Certi addii non avremmo voluto dirli, non quest’anno. Ora è il momento di voltare pagina. Domani non sarà un nuovo inizio: la parabola del Covid-19 non finirà a mezzanotte, sostituendo lo 0 con l’1, lo sappiamo bene. Ma è la storia più vecchia del mondo: non può piovere per sempre. Allora aspettiamo fiduciosi: d’altronde siamo pronti. Quest’anno abbiamo imparato ad esserlo.