Hannibal Lecter e l’agente Clarice Starling si ritrovano dopo trent’anni a parlare in video-chat. E un po’ questo l’effetto che suscita la reunion virtuale di Anthony Hopkins e Jodie Foster, per la serie di Variety Actors on Actors, presentata da Amazon Studios. L’occasione? Ovviamente il trentesimo anniversario dall’uscita de Il silenzio degli innocenti (The Silence of the Lambs).

Sono passati trent’anni dall’uscita del film nelle sale. Era il febbraio del 1991 e pochi mesi dopo Il silenzio degli Innocenti avrebbe vinto agli Oscar 5 statuette destinate a Hopkins (miglior attore), Foster (miglior attrice) e al grande Jonathan Demme (miglior regista e miglior film). La quinta statuetta? In questo caso la storia inizia un po’ prima, quando tra le mani di Hopkins era arrivata la sceneggiatura il film. L’aneddoto è ormai famoso: pensava fosse una storia per bambini ma poi scoprì tutt’altro: la vicenda del serial killer che farà la storia del cinema era, per Hopkins, la sceneggiatura migliore che avesse mai letto. Non aveva torto.

Durante l’imperdibile video-chat Anthony Hopkins ha ricordato proprio quel primo incontro con il copione del film: «Ricordo che ero a Londra nel 1989, a recitare in una commedia intitolata M. Farfalla. Il mio agente ha inviato uno script. Disse: “Perché non leggi questo? Si chiama Il silenzio degli innocenti”. Dissi: “È una favola per bambini?”. Era un caldo pomeriggio d’estate, è arrivata la sceneggiatura e ho iniziato a leggerlo. Dopo 10 pagine ho telefonato al mio agente. Ho detto: “Questa è una vera offerta? Voglio sapere. Questa è la parte migliore che abbia mai letto”». Poi si è rivolto alla collega: «Non potevo credere alla mia fortuna, e avevo paura di parlarti. Ho pensato: “Ha appena vinto un Oscar”».

E in effetti Jodie Foster, in quell’estate del 1989, era fresca di Oscar. Il primo della sua carriera, vinto per l’interpretazione di Sarah Tobias nel film Sotto accusa. All’epoca lei aveva meno di trent’anni: Hopkins oltre cinquanta. Oggi le due star confessano una sensazione di reciproca ammirazione, o perfino suggestione, durante i loro primi incontri.

«Non siamo riusciti a parlare molto prima dell’effettiva lettura – ricorda l’attrice – Abbiamo solo salutato un po’ dall’altra parte della stanza, e poi ci siamo seduti al tavolo. E quando ti sei lanciato in Hannibal Lecter, ho sentito un brivido entrare nella stanza. In un certo senso, dopo quello era come se fossimo troppo spaventati per parlarci […] Ricordo quella voce specifica che avevi, la sfumatura metallica della tua voce». Sono passati trent’anni ma i brividi nella stanza non passeranno mai.