Se è vero che “il lavoro nobilita l’uomo”, come affermava il grande naturalista Charles Darwin, non è detto però che il lavoratore a volte non si serva di scuse improbabili per sfuggire al proprio dovere. Nell’ultimo anno, con l’avvento della pandemia, molti di noi hanno sperimentato un nuovo approccio lavorativo. Il famoso smart working con tutti gli “effetti collaterali” che ne derivano. Tra questi, le scuse “digitali” per non fare al meglio il proprio dovere. Gli impegni professionali, in epoca covid-19, sono composti da una normalità che prevede distanze, nuove abitudini, videochiamate, Didattica a Distanza. Il grande protagonista di quest’anno è il telelavoro, che è aumentato in maniera esponenziale nel nostro Paese passando da circa 570mila impiegati nel 2019 a 6,58 milioni durante il primo lockdown. Infine ha raggiunto circa ben 5,35 milioni di persone secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano.

Scuse digitali più utilizzate: dal microfono in mute, agli sfondi inusuali per nascondere il caos di casa

Tutto ciò ha comportato un nuovo approccio lavorativo nelle relazioni che intercorrono tra datore di lavoro, dipendenti e colleghi. Secondo un sondaggio condotto dal brand di telefonia franco-cinese Wiko, all’interno della sua Instagram Community, con lo smart working sono nate anche nuove “scuse digitali”. Ciò è vero per l’86% degli intervistati, mentre il 42% ha confermato di aver utilizzato almeno una volta una di queste giustificazioni per declinare una riunione o un meeting online.

La tecnologia ha cambiato profondamente le relazioni interpersonali, soprattutto nel lavoro

L’ufficio fisico, così come lo intendiamo, sembra essere un luogo che evoca ricordi lontani. Oggigiorno si lavora prettamente in modalità da remoto, cambia pertanto l’approccio nei nostri rapporti quotidiani. Se, da un lato, la tecnologia ha sopperito all’impossibilità di potersi incontrare ed ha offerto la digitalizzazione degli uffici, dall’altro ha ampliato i confini temporali e il concetto di disponibilità. Per cui il 43% dei partecipanti al sondaggio ammette candidamente di sentirsi sempre più in dovere di giustificarsi se non risponde immediatamente ad un input tecnologico. Così si parte con il repertorio delle scuse più frequenti, tutte in linea con la nostra nuova normalità: le cosiddette scuse digitali.

Le scuse digitali più in voga del momento

Se il meeting, ad esempio, non va come nelle previsioni è ovviamente tutta colpa della connessione (66%). Per evitare invece di rispondere ad una domanda a bruciapelo, secondo il 67% dei rispondenti al sondaggio si ricorre prontamente al microfono in mute. Inoltre è fortemente abusato l’utilizzo di sfondi improbabili per nascondere il caos nell’appartamento. Una soluzione classica e scontata per il 65% degli utenti coinvolti dal sondaggio di Wiko. E ultimo, ma non meno gettonato, i rumori di sottofondo. La causa proviene sempre dal povero partner in call (57%) o dai vicini maleducati intenti a fare pulizie o ad ascoltare musica (43%).

Per non parlare dei corrieri, davvero la categoria che va per la maggiore con cui potersela prendere! I malcapitati citofonano sempre quando si sta per iniziare qualcosa di importante e ovviamente, se facciamo tardi ai nostri impegni quotidiani, è colpa loro (24% dei casi). Ad onore della cronaca va sottolineato però che un 76% di più rigorosi ha resistito alla tentazione di non utilizzare questa scusa!

CHIARA BONI_COLLEZIONE LEISURE

Tra tanti pro e contro, uno dei vantaggi indiscussi dello smart working è sicuramente quello di non doversi presentare in ufficio di persona e di conseguenza quello di poter trascurare il proprio look

Per questa ragione il 72% dei rispondenti ha ammesso di ricorrere, tra le varie scuse digitali, allo stratagemma di tenere spenta la telecamera. Questo avviene soprattutto durante i meeting per evitare di mostrarsi ancora in pigiama o con outfit improbabili. Durante lo smart working predomina quindi il comfy look. Eppure, nonostante le scuse, i dati mostrano un importante incremento della produttività del lavoro svolto da remoto. La connettività e la tecnologia, che in questi mesi ci hanno permesso di restare in contatto e di proseguire efficacemente il lavoro, hanno i loro pro e contro come tutte le cose. La sfida per il futuro sarà quella di salvare il buono, recuperando i propri spazi e cogliendo solo i lati positivi della flessibilità. Scuse digitali permettendo!