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Alessandra Grandelis racconta Moravia: l’America degli estremi [INTERVISTA ESCLUSIVA]

Una rilettura dell'America di oggi attraverso gli occhi di Moravia sull'America di ieri

“Pochi Paesi al mondo destano nell’animo del viaggiatore, che non sia disposto ad una paziente comprensione, reazioni così vive e talvolta così ostili come gli Stati Uniti”. Inizia così il saggio intitolato Perché gli Stati Uniti sono il Paese del futuro, scritto da Alberto Moravia durante un viaggio a New York nel 1955. Un argomento più che mai attuale a pochi giorni dall’insediamento del 46° Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, dopo l’attacco al Congresso, quando sono ancora vive le proteste pro e contro Trump.

L’America come “Paese del futuro” ma anche Paese dei conflitti, dei contrasti, degli estremi. L’America come luogo in cui tutto è possibile, in cui lusso sfrenato e povertà estrema convivono. Il Paese in cui libertà e conflitti razziali coesistono (argomento mai così attuale, nell’epoca del Black Lives Matter), e in cui la corsa allo spazio è tornato argomento di stringente attualità.

Proprio in questo momento, in cui i riflettori sono più che mai accesi sugli Stati Uniti, risulta illuminante e pieno di spunti di riflessione il volume L’America degli estremi. Curato dalla ricercatrice dell’Università di Padova Alessandra Grandelis, edito da Bompiani, il libro raccoglie i saggi scritti da Alberto Moravia durante quattro viaggi in America, nel 1935-36, nel 1955, nel 1968 e nel 1969. Tra essi anche un inedito e un articolo disperso. Oltre trent’anni di storia, esaminati dall’occhio lucido e acuto dello scrittore.

Alberto Moravia America degli estremi libro

Da dove nasce la volontà di raccogliere tutti gli scritti di viaggio negli Stati Uniti, realizzati da Moravia?

Era un’idea che mi balenava in testa da molto tempo. Quando ho curato il volume dedicato alle lettere giovanili di Moravia, sono venuta a contatto con i testi riguardanti il suo primo viaggio negli Stati Uniti. Ho notato il grande interesse delle persone verso questi saggi sull’America, così poco conosciuti. Poi con Beatrice Masini, direttore editoriale della casa editrice, abbiamo pensato che, avvicinandosi le elezioni presidenziali americane, valeva la pena puntare su quei testi di Moravia.

Ho scelto con forza e convinzione di affrontare questo lavoro, per il grande valore letterario che i testi hanno. Ho riflettuto sul fatto che esistono grandi reportage americani, come quelli realizzati da Mario Soldati, da Emilio Cecchi, da Guido Piovene. Ebbene, anche Moravia aveva fatto un reportage con lo stesso valore culturale. Un reportage postumo con una qualità in più: copre trent’anni di storia americana nelle sue varie fasi. Se poi pensiamo all’esportazione su larga scala del modello economico americano, capiamo subito come siano testi che parlano anche della nostra società.

Nei suoi scritti Moravia ci accompagna attraverso momenti molto importanti del Novecento, dimostrando una grande visione e capacità di lucida analisi sull’America. Quello che ci presenta è uno spaccato molto attuale degli Stati Uniti…

E’ vero. Anche per chi frequenta abitualmente la scrittura di Moravia, la lettura di questi trenta saggi impressiona proprio per la loro attualità. Come viaggiatore Moravia viaggia sì nello spazio ma anche nel tempo, va a scavare nella storia di un paese e nella sua memoria collettiva. Questo è un ottimo strumento per capire il presente. Questi testi aiutano a comprendere la presidenza di Donald Trump, ad esempio, la cui era non si chiude con l’elezione di Joe Biden.

Gli articoli di Moravia ci aiutano a capire anche la grandezza di una democrazia reattiva come quella americana. Lo abbiamo visto di recente, sia con l’elezione di Biden sia con l’inaugurazione della sua presidenza, dopo l’attacco a un luogo simbolo come Capitol Hill. In qualche modo Moravia ci spiega come gli Stati Uniti gli Stati Uniti riescano ad essere sempre “il paese del futuro”.

Oltre che “il Paese del futuro”, Moravia chiamava l’America “il Paese degli estremi”. Quelli con cui lui si è confrontato, sono gli stessi contrasti di oggi: la convivenza di lusso e povertà assoluta, la totale libertà accanto ai conflitti razziali…

L’espressione è tratta dalla corrispondenza relativa al suo primo viaggio, in cui si accorse di come il Paese fosse fondato sulla ricchezza ma anche sulla povertà più assolute. Questo perché la società americana è completamente basata sul denaro, sulla capacità di produrre e di consumare. Proprio da qui deriva l’altro grande paradosso: nel paese più vitale e attivo del mondo si sente addosso la morte da mattina a sera. Questo perché se l’uomo è ridotto a essere semplicemente il bullone di un immenso sistema, non può più desiderare, quindi non può più vivere.

Riguardo ai conflitti razziali, ricordo che Moravia andò nel 1968 negli Stati Uniti proprio per avere testimonianza diretta di una rivolta che lui definiva “tricuspide”, perché politica, generazionale e, appunto, razziale. Anche in quel caso colse i grandi estremi dell’America, il paese di frontiera per antonomasia. E descrisse gli Stati Uniti come un vulcano etnico sempre pronto a esplodere. Lo hanno tristemente dimostrato anche i fatti più recenti.

In che modo, negli scritti di questo autore possiamo ritrovare delle chiavi di lettura per comprendere meglio l’America di oggi?

Credo sia interessante esaminare l’insieme delle analisi che riguardano innanzitutto la società. Moravia ha sempre detto che Russia e Stati Uniti lo interessavano sotto il profilo sociale. In tutti i testi contenuti nel libro, si ricompone quella che è la storia dell’America e del sistema americano che poi l’occidente ha adottato. Moravia va al cuore della società americana, descrive perfettamente chi è l’uomo medio dell’American way of life, la via che rende grandi gli Stati Uniti, come recita lo slogan con cui Trump vinse le elezioni nel 2016. Leggendo Moravia si comprende perché Trump sia riuscito a imporsi.

Nel momento in cui il sogno americano è evaporato, la classe media si è sentita tradita, messa ai margini, e aveva bisogno di identificarsi in qualcuno capace di riversare la paura e la rabbia verso le minoranze. Ma lo scrittore, ripeto, ci mostra anche quanto e come la democrazia americana sia reattiva. Proprio per i suoi estremi, gli Stati Uniti sono un paese sempre all’avanguardia e sempre reazionario.

Un altro dei temi di assoluta attualità che Moravia affronta è quello della corsa allo spazio. Moravia si pone un problema di carattere ecologico. Dice: “La corsa allo spazio sembra voler abbandonare l’idea di salvaguardare il nostro pianeta e l’idea che la terra sia il pianeta dell’uomo”. Questo non significa che Moravia fosse contrario alla tecnologia, anzi. Quando si recò negli Stati Uniti nel 1969, rimase stupito proprio dal razzo Saturno 5 che vide da vicino. Disse “E’ incredibile come siano stati assemblati milioni di pezzi ma solo tre diano segni di irregolarità”.

Allo stesso tempo la corsa allo spazio serve a Moravia proprio per chiedersi come e cosa sarà la società del futuro. La immagina come una grande massa di individui dominati da una ristrettissima élite di dirigenti tecnologici. Tutto questo ci racconta molto sul fatto che oggi i privati siano così attenti alla conquista dello spazio, ma ci fa anche interrogare sulla eccessiva tecnologizzazione della vita. In molti casi tutto questo viene esaltato come una rivoluzione, ma attraverso i suoi scritti Moravia ci mostra anche le ombre di quello che noi stiamo vedendo da vicino.

Ho trovato di grande interesse e lucidità le riflessioni di Moravia sulle donne. In un presente in cui Kamala Harris è il primo Vice Presidente donna (per di più di colore), e in un Inauguration Day a tinte rosa, è bello rileggere il saggio intitolato “Le americane” datato 1937. Già allora lo scrittore non è sorpreso dal fatto che “l’America è il paese dove le donne si assicurano gli occhi, le gambe, le mani e non so quante parti ancora dei loro preziosissimi corpi”.  E più avanti Moravia ci fa capire come le americane possano essere delle business woman anche nella scelta del marito giusto…

Moravia torna sul tema della donna più volte: tra l’altro mi è stato possibile recuperare dall’archivio di Moravia anche un suo testo inedito. Innanzitutto parte dal presupposto che gli Stati Uniti possano essere considerati una società matriarcale. Fa risalire questo fatto alle origini stesse del Paese, perché con i primi pionieri le donne erano molto poche ed erano quindi un bene da conquistare e preservare. Forse è per questo motivo, si chiede Moravia già negli anni Trenta con grande ironia, che le donne americane assicurano parti del proprio corpo.

Nel pieno dello sviluppo economico degli anni Cinquanta, Moravia dice: “Noi esigiamo che la donna sia completamente scissa. Da un lato le chiediamo di competere con gli uomini, di essere una business woman. Dall’altro vogliamo che sia l’angelo del focolare, la brava donna di casa, la brava madre di famiglia”. E’ come se l’America imponesse alla donna di selezionare alcune parti del proprio carattere che non vanno bene alla società, e di mantenere invece i lati che sono più funzionali al sistema. Quello che accade è che, alla fine, la donna sarà libera solo dallo psicanalista, cioè nel luogo in cui potrà ricomporre tutte le parti del proprio essere.

In cosa consiste la modernità di Moravia, se guardiamo a tutto il suo corpus letterario?

Alberto Moravia è un autore senza tempo. I suoi testi (e questo lo dicono soprattutto i giovani lettori) continuano a parlare dell’oggi. Questo perché alla base delle sue analisi c’è la ricerca intorno alla tragedia dell’uomo moderno. Moravia ci lascia l’idea di un intellettuale curioso, aperto alla diversità, lucido, razionale. Con questa lucidità ha sempre cercato di difendere l’uomo e l’umanesimo contro qualsiasi altra forma di anti-umanesimo, fosse quello degli autoritarismi o della massificazione. Questo per giungere a un’idea molto bella, quella di una “civiltà vasta come la Terra”, come scrive in un suo saggio molto importante. Moravia, da grande viaggiatore, questa Terra la conosceva molto bene.

Martina Riva

Musica&Cinema

Da sempre appassionata di tutto ciò che riguarda il mondo dell’intrattenimento, mi sono laureata in Conservazione dei Beni Culturali con una tesi di laurea in Storia del Cinema sul film “Lolita” di Stanley Kubrick. Finita l’università, mi sono trasferita a Los Angeles, dove, tra le altre cose, ho ottenuto un certificate in giornalismo a UCLA; nella Città degli Angeli ho lavorato per varie TV tra cui KTLA, dove per tre anni mi sono occupata principalmente di cinema, coprendo le anteprime mondiali dei film e i principali eventi legati al mondo spettacolo (Golden Globes, Academy Awards, MTV Awards e altri). Nel 2005 sono approdata alla redazione spettacoli di SKY TG24 dove ho lavorato come redattrice, inviata ai Festival e conduttrice. Le mie passioni principali, oltre al cinema, sono i viaggi, il teatro, la televisione, l’enogastronomia e soprattutto la musica rock. Segni particolari? Un amore incondizionato per i Foo Fighters!

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