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Rosamund Pike e il finale a sorpresa sono le due cose migliori di “I Care a Lot”

Il regista ha raccontato che per il film era previsto un finale diverso

I Care a Lot è uscito da pochi giorni e già fa molto discutere (questo è già un merito? forse). Il nuovo thriller con Rosamund Pike diretto da J Blakeson è ipnotico, inverosimile, riuscito e criticato: tutto questo insieme. E mentre è proprio il finale a sorpresa a mettere d’accordo un po’ tutti, il regista ha confessato che il film avrebbe potuto concludersi in maniera diversa.

Rosamund Pike interpreta Marla Grayson, donna in carriera spietata che ha messo in piedi un sistema di truffa brillante (uno dei punti forti del film). Creando una fitta rete di contatti, tra persone eticamente compromesse nel personale medico ed ospedaliero, Marla riesce a truffare anziani bisognosi di cure e senza parenti disposti ad occuparsi di loro. Prima li punta, poi diventa loro tutore legale facendoli internare, e infine li deruba di tutto il possibile. Con un’idea geniale e ripugnante, negli anni ha creato un piccolo impero: finché non mira all’anziana signora sbagliata. Jennifer Peterson è una ricca pensionata in incognita e perfettamente sana di mente, che nasconde un segreto familiare scomodo. È infatti madre di un boss della malavita in esilio che scoprirà presto la truffa, dando il via ad una vera e propria guerra contro Marla Grayson.

Rosamund Pike sexy e glaciale in I Car a Lot

Gli elementi del thriller ci sono tutti, a partire da un motore narrativo accattivante e frenetico, e da un’interprete glaciale e sexy anche nel suo riprovevole cinismo. Rosamund Pike torna ancora più inquietante di come l’avevamo lasciata in Gone Girl (David Fincher, 2014): la sua sprezzante avidità qui non è neppure messa in discussione. Marla è un bad character fin dall’inizio e ci costringe a stare al suo gioco perverso. Ci piace? In realtà sì, anche se ci disgusta. I Car a Lot forse non è un film perfetto ma è un prodotto di genere riuscito che tiene incollati allo schermo. Anche nelle sue scivolate sopra le righe, marcando un po’ troppo l’iperbole del woman power e trasformando Marla-Rosamund in un’anti eroina invincibile che scampa torture, incidenti e risorge perfino da morte quasi certa.

Ma è qui che entra in gioco il finalone a sorpresa. Se nella seconda metà del film iniziamo a dubitare che qualcuno al mondo possa sconfiggere Marla (e su questo passaggio I Care a Lot tira la corda fino all’inverosimile) il punto di rottura arriva. L’anti-eroina muore per mano di qualcuno che neppure era sceso in battaglia nell’ultima ora e mezza di film. Gli ultimi attimi della vita di Marla hanno il sapore della tragedia mossa dall’ossessione, alla Kennedy o alla John Lennon: un omicidio inatteso, stridente, talmente assurdo nella sua facilità di messa in scena da ridefinire il quadro generale. Mentre la protagonista era intenta a combattere i suoi antagonisti principali, sullo sfondo un personaggio irrilevante preparava la sua vendetta. E la morte definitiva di Marla sarà ridicola in confronto a tutti i finali epici che ha scampato finora.

Un finale alternativo? No grazie

È questo il secondo punto di forza del film, che ci porta a perdonargli, forse, anche una serie di scene inverosimili collezionate fino a quel momento. Eppure I Care a Lot avrebbe potuto concludersi in maniera diversa. A raccontarlo è stato proprio il regista J Blakeson, intervistato da Cinemablend: «Durante la post-produzione si provano diverse cose in maniera diversa […] Abbiamo provato a concludere il film nell’altra maniera, e ci è sembrata troppo strano. Avremmo probabilmente mostrato un finale realistico, perché il mondo funziona così, no?» ha spiegato J Blakeson, ipotizzando un finale in cui Marla sarebbe rimasta impunita. «Ma quello che mi piace del finale è che penso sia ciò che il pubblico crede di volere, e si gode quel momento. Tuttavia spero che cinque minuti dopo senta un sapore amaro in bocca: ‘Avrei dovuto veramente sperare in un finale simile? Dovrei essere contento? Cosa significa?’».

«Esistono delle convenzioni cinematografiche – ha continuato – regole sul fare il tifo per delle persone e provare empatia. Ed è interessante il fatto che queste regole siano tutte nel film, è ciò con cui giochiamo. Senza quel finale, chiudendo la storia senza una sorta di punizione, sarebbe stato più semplice ma il pubblico si sarebbe messo meno in discussione». E probabilmente il pubblico avrebbe messo ancora più in discussione il film: volevamo assistere alla disfatta di Marla dopo aver parteggiato involontariamente per lei durante tutta la vicenda? Sì. Perché un buon cattivo ci piace sempre, ma vederlo perdere ci piace ancora di più. 

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