Ascolti record ma anche qualche critica. La nuova mini-serie della prima serata della domenica di RaiUno “Le indagini di Lolita Lobosco” ha debuttato con uno share del 31% (corrispondente a circa 7,5 milioni di spettatori). Ma anche qualche commento social non proprio positivo, in particolare sull’accento barese non gradito al pubblico pugliese. Un successo che è sicuramente merito della sua protagonista, la bellissima e talentuosa Luisa Ranieri, e di un personaggio carismatico e attraente, non solo in senso estetico.
Liberamente tratta dai romanzi di Gabriella Genisi, la serie in 4 puntate (prodotta dalla Bibi Tv di Angelo Barbagallo e dalla Zocotoco, casa di produzione fondata da Luca Zingaretti insieme alla moglie, in collaborazione con Rai Fiction) mette al centro della scena un vicequestore donna così descritta: «Una poliziotta con la quinta di reggiseno, il tacco dodici, single e con una squadra di maschi da domare».
Una donna determinata, coraggiosa, perspicace, che dopo aver trascorso diversi anni al Nord, torna nella sua città natale Bari. E proprio lì, coadiuvata da una squadra di soli uomini, dovrà gestire omicidi e indagini di vario tipo, e districarsi tra le maglie del pregiudizio e degli stereotipi. Non è la prima volta che Luisa Ranieri affronta personaggi tosti e pieni di carattere: in passato è stata Luisa Spagnoli nell’omonima miniserie, la tenace e volitiva Carmela Rizzo nella serie tv “La vita promessa”, la spregiudicata e decisa Maria Capasso nel film di Salvatore Piscicelli. E anche Lolita Lobosco rientra nel ventaglio di donne non banali da lei portate sullo schermo.
Luisa Ranieri racconta Lolita Lobosco
In che modo Lolita Lobosco è diversa dalle altre donne ambiziose, determinate, toste che lei ha incarnato nel passato, al cinema e in TV?
Come ogni persona è diversa dalle altre, anche i personaggi che raccontiamo sono uno diverso dall’altro. Quello che mi è piaciuto subito di Lolita è la sua modernità e la sua libertà. È una donna che non pensa a come dovrebbe essere, ma a com’è. Segue una sua strada nel mondo, ma questo non le impedisce di comprendere ed entrare in empatia con gli altri. Una qualità che la aiuta molto anche nel suo lavoro. Un sesto senso femminile unico.
Ci racconta la genesi di questo progetto? Come e da chi è stata coinvolta? È stato suo marito (che figura tra i produttori) a suggerirle la storia e il ruolo?
Sì, il primo a parlarmi di Lolita è stato Luca, che ha letto i romanzi di Gabriella Genisi e mi ha detto di leggerlo perché poteva essere un personaggio adatto per me. E così è stato, me ne sono innamorata subito. Con la nostra società di produzione Zocotoco facciamo proprio questo: cerchiamo soggetti, idee e storie che ci piacciano al punto di dare loro vita, che sia teatrale o cinematografica o altro. Siamo una casa di produzione che si occupa solo dell’aspetto creativo dei progetti: individuare le idee e la squadra che le possa mettere a terra.
Come si è preparata per il ruolo? Sapendo che lei è una secchiona magari avrà parlato con qualche vero vice questore, o personale delle forze dell’ordine… Aveva letto i romanzi cui si ispira la serie?
Ho letto tutti i romanzi chiaramente, ma questa volta sono stata meno secchiona del solito. Mi sono molto lasciata andare e ho messo molta pancia in questa mia Lolita. Mi sono divertita moltissimo.
Cosa spera che rimarrà nel cuore dello spettatore che vedrà questa serie?
Spero si diverta, rimanga affascinato dalle storie e dalle persone che raccontiamo, che scopra nuovi luoghi e nuovi mondi. Che regali a tutti un sorriso e un momento di sospensione da quello che ci circonda, ne abbiamo tanto bisogno oggi più che mai.
Petra su Sky, Imma Tataranni, Mina Settembre, ora Lolita Lobosco. Il giallo/crime/noir al femminile negli ultimi anni è diventato sempre più presente sugli schermi della TV. E il pubblico ha risposto decretandone il successo. Come spiega una risposta così calorosa e numerosa degli spettatori?
Il noir è un genere che amo molto e che trovo che da molti anni a questa parte abbia saputo raccontare meglio o quantomeno in maniera efficace il mondo che ci circonda. C’è un’attenzione al contemporaneo profonda. Per quanto riguarda il femminile: era ora, non trova?
Secondo lei il modo di scrivere i personaggi femminili, specie quelli forti e determinati, è cambiato nel tempo? Perché tendenzialmente si vedono più donne così in TV che al cinema?
La televisione ha un rapporto diretto e immediato con il pubblico. Forse è più sensibile e ricettivo in tempi più stretti dei cambiamenti che si consumano nella società. Le donne stanno cambiando e chi le racconta non può che cambiare la sua scrittura in un gioco di avvicendamento tra chi precede e segue che è importante da seguire e analizzare.
Non era la prima volta con Luca Miniero dietro la macchina da presa: da lui (con Paolo Genovese) era stata diretta in “Amiche mie”, un’altra serie TV. Come è stato ritrovarlo e che tipo di indicazioni le ha dato?
Luca è un regista che amo molto. Ha una sensibilità direi quasi femminile per le sfumature specie quelle emotive che è unica.
Che rapporto ha lei con la televisione? Le piace guardare le serie TV? E se sì, cosa le piace guardare e cosa invece detesta?
Mi tengo molto aggiornata su quello che passa in tv e sono appassionata di serie tv che seguo su tutte le piattaforme, anche quelle straniere.
Lavora in TV da oltre 20 anni, dai tempi de “La squadra”. Come sono cambiati i prodotti televisivi negli anni, soprattutto da quando sono entrate in gara realtà come Sky, Netflix, Amazon Prime?
La serie tv in particolare ha avuto un’evoluzione incredibile qualitativamente parlando. È una realtà che non può più essere considerata di serie B rispetto al cinema. Sono due modi diversi ma entrambi affascinanti di affrontare il racconto di una storia.
In un’intervista di qualche anno fa, a proposito dei suoi maestri, ha dichiarato: “Da Capuano ho imparato il valore della genialità, Pupi Avati mi ha insegnato a rispettare i miei tempi. Ferzan Ozpetek è riuscito a farmi accettare la mia fisicità, anzi esaltarla quasi come un’icona”. Che insegnamento le ha dato Paolo Sorrentino, con cui ha girato “È stata la mano di Dio”?
È stata un’esperienza incredibile, ma non ne posso parlare ancora!
A cosa sta lavorando in questo momento? Le piacerebbe tornare a teatro dopo il successo di “The Deep Blue Sea” in cui è stata diretta da suo marito?
Ho appena finito di doppiare l’ultimo film della Disney “Raya e l’Ultimo Drago” che uscirà a marzo, e poi sto leggendo diversi progetti. Con calma, con grande calma!