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Covid, le vittime in Italia sono 100mila. Crisanti: “Ma un altro lockdown è improponibile”

Il virologo spiega perché chiudere tutto non basta

Dall’inizio della pandemia del Coronavirus, un anno fa, fino a oggi, l’Italia è costretta a contare quasi 100mila vittime. A ieri 7 marzo i dati ufficiali indicavano in 99.785 i cittadini che hanno perso la vita a causa – o concausa innestatasi su altre patologie – del Covid-19. La soglia terrificante dei centomila morti è a un passo e in queste ore si discute all’interno del governo se il Paese debba o meno tornare in una qualche forma di lockdown nazionale. Come un anno fa. Cosa sta succedendo?

“Peggio di così non si poteva”

È vero che i vaccini sono arrivati ma la campagna vaccinale più grande della storia della nostra repubblica marcia a rilento. Su questo influisce anche il mancato rispetto dei patti da parte di alcune multinazionali farmaceutiche, con l’invio di quantitativi di dosi inferiori al previsto. E, soprattutto, sono esplose le varianti del virus, molto più contagiose del primo Sars-CoV-2. In questo contesto fa impressione il parere del noto virologo Andrea Crisanti. “Si poteva fare meglio? Non lo so. Forse però bisogna chiedersi se si poteva fare peggio – dice il professore all’Adnkronos -. Secondo me difficilmente si sarebbe potuto fare peggio”. “È un disastro – sottolinea -. Ipotizziamo che si faccia un lockdown nazionale. Se poi, una volta usciti, non riusciamo a bloccare le catene trasmissione” del Sars-CoV-2, “ricominciamo daccapo” col contagio.

“Servono tanti tamponi”

“Non si può vaccinare tutti in un mese – spiega Crisanti -. Quindi una capacità ampia di fare tamponi ci serve. E ci servirà anche per il futuro”. Si parla tanto di quante dosi arriveranno o meno nei prossimi mesi ma occorrerebbe anche “investire su una rete di laboratori in grado di fare una grande quantità di tamponi”. Duro il giudizio su un eventuale nuovo lockdown. “Un lockdown nazionale per poter affrontare la sfida di una vaccinazione anti-Covid di massa, con numeri senza precedenti? In realtà penso che la gente sia stufa, non ci crede più. A questo punto facciamo senza. È inutile farlo il lockdown, rimaniamo così. Altrimenti si stressa la popolazione, e li teniamo in casa per 3 settimane senza ottenere nulla. Le persone sono sfinite dalle zone” a colori. Un nuovo stop nazionale “sarà improponibile, a meno a che non sia veramente l’ultimo”.

Laboratori e ricerca: le chiusure non bastano

“Per fare uscire il Paese da questa crisi, serve un progetto con più gambe – insiste Crisanti -. Va senz’altro aumentata la capacità di distribuire vaccini e ci penserà il commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo, ma non se ne esce se mancano due o tre punti fondamentali. Uno è sicuramente avere un progetto nazionale di sequenziamento delle varianti, l’altro è creare finalmente una rete di laboratori in grado di fare una grande quantità di tamponi. Anche il lockdown sarebbe una delle gambe su cui far camminare la strategia” anti-Covid, “ma siamo in un momento in cui la popolazione non ci crede più”.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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