La sua temperatura superficiale è leggermente più fredda di quella di Venere. E potrebbe possedere un’atmosfera potenzialmente in grado di ospitare forme di vita al fuori di quella della Terra. Si chiama Gliese 486b. È l’ultimo esopianeta – cioè un pianeta che orbita fuori dal sistema solare, attorno a una stella che non è il Sole – scoperto dagli scienziati. In questo caso dagli astronomi del prestigioso istituto di ricerca tedesco Max-Planck. I quali hanno spiegato diffusamente in un articolo pubblicato sulla rivista Science, le osservazioni che hanno compiuto. Così come le conclusioni a cui sono giunti circa il nuovo corpo celeste adatto alla vita, se così possiamo dire. Gli astronomi hanno utilizzato diversi metodi di osservazione per studiare il pianeta, che orbita attorno a una stella nana rossa a 26 anni luce di distanza dalla Terra.
Il suo Sole è una “piccola stella”
“Gliese 486b – spiega Trifon Trifonov dell’Istituto Max-Planck, secondo quanto riporta Agi – è l’unico esopianeta attualmente noto che orbita attorno a una piccola stella. Con un raggio 1,3 volte più grande rispetto alla Terra. Ma dalla massa 2,8 volte più ingente rispetto al nostro pianeta”. Lo scienziato spiega che la composizione chimica sembra simile a quella della Terra, ma la temperatura superficiale potrebbe raggiungere i 428 gradi Celsius.
Oceani sì, ma non dappertutto
Il team dei ricercatori ha combinato diverse misurazioni per apprendere informazioni sull’oggetto celeste. E ha scoperto che il pianeta ha un periodo orbitale di 1.467 giorni intorno alla stella Gliese 486, una nana rossa che si trova a circa 26 anni luce di distanza. “Questo corpo potrebbe essere adatto a ospitare la vita – sostiene lo scienziato – anche se saranno necessari ulteriori studi per comprovare questa ipotesi. La densità di Gliese 486b è simile alla Terra, ma sembra che non sia ricoperto interamente dagli oceani”. “L’uso della spettroscopia in futuro ci permetterà di determinare con più precisione la composizione dell’atmosfera – conclude Trifonov – grazie a diverse metodologie di osservazione potremo inoltre rilevare la presenza di biomarcatori e stabilire la reale abitabilità del pianeta”.