Un venerdì di attesa e proteste questo 26 marzo. Nel pomeriggio si riuniranno gli esperti del Comitato tecnico scientifico (Cts) per delineare gli scenari anti Covid sui colori delle regioni italiane dalla prossima settimana. Ciò mentre in tutta Italia si stanno svolgendo scioperi del trasporto locale ma anche degli studenti che chiedono la fine della didattica a distanza (la Dad) e il rientro in classe.
Italia divisa in zona rossa e zona arancione, con regole più o meno rigide. Al tempo stesso l’ipotesi della riapertura della scuola dopo Pasqua che si fa concreta. Si riuniranno oggi alle 14, come ogni venerdì, gli esperti del Cts per confrontarsi sulla situazione dell’epidemia di Covid in Italia e sul monitoraggio settimanale dei dati. Con 23.696 contagi e 460 morti registrati ancora ieri 25 marzo dal bollettino nazionale quotidiano, la mappa dei colori potrebbe cambiare. Se la Lombardia resterà zona rossa mentre la Valle d’Aosta potrebbe diventarlo, il Lazio potrebbe passare all’arancione. In bilico il Veneto: il governatore Zaia spera nel passaggio da rosso ad arancione.
Venerdì difficile, intanto, nelle città italiane per lo sciopero nazionale di 24 ore del trasporto locale indetto dai sindacati Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uil trasporti, Faisa-Cisal e Ugl-Fna. Orari e modalità sono differenti da città a città. Un secondo sciopero, questa volta per protestare contro la didattica a distanza, è stato proclamato dal comitato Priorità alla scola in concomitanza con lo sciopero della scuola indetto dai Cobas.
“II 26 marzo lanciamo uno sciopero della didattica a distanza: ‘usciamo dagli sche(r)mi’ perché ‘questa casa non è una scuola’. Non collegatevi, non collegate, non fatevi collegare – è l’appello lanciato da Priorità alla Scuola -. È possibile uscire di casa e andare nelle strade e nelle piazze in cui ci saranno le manifestazioni, i presidi, i flashmob, le lezioni all’aperto”. “Il 26 marzo – spiegano gli organizzatori – è il giorno dell’astensione dalla Dad e delle richieste: perché la scuola riapra, perché la scuola torni a funzionare, perché nemmeno noi rivogliamo la scuola del 2019, ma una molto migliore. Questo è in gioco con le risorse del Recovery Fund: questo è il motivo per cui vogliamo e dobbiamo vincere la battaglia per quelle risorse e il modo in cui quelle risorse saranno usate”.
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