Care lettrici e cari lettori,
andiamo a scoprire insieme, come ogni mese, la copertina di VelvetMag notizia per notizia… Con l’occasione voglio condividere con voi il nuovo restyling della copertina di Velvet sempre di carattere, pulita, elegante e di forte impatto…
1. – Carla Fracci: «Il teatro non può e non deve morire» Giornata Internazionale del Teatro [ESCLUSIVA]
“Il teatro porta alla vita e la vita porta al teatro“- così Eduardo De Filippo si esprimeva in nome della nobile arte. Nonostante il trascorrere delle epoche, le diverse tradizioni e la digitalizzazione incombente, il teatro resiste. A fatica, vista la situazione odierna, eppure la sua aura referenziale e sacrale rimangono immutate. Anzi, oggi più che mai si sente l’incombenza di preservarlo, perché “il teatro non può e non deve morire“. A esprimere questo accorato appello colei che il palco lo conosce fin nelle sue minime sfaccettature: Carla Fracci. In esclusiva per Velvet Mag, la prima ballerina assoluta ha concesso un colloquio in occasione della Giornata Internazionale del Teatro, che si celebra annualmente ogni 27 marzo.
Giornata Internazionale del Teatro, come è nata la ricorrenza
Oggi più che mai è importante far sentire la propria voce a sostegno del Teatro, che si trova, ancora una volta, a dover risorgere dalle proprie ceneri. E quale occasione più adatta, se non nella celebrazione pensata ad hoc? Istituita a partire dal 1961 a Vienna, esattamente 60 anni fa, la Giornata Internazionale del Teatro si festeggia, con cadenza annuale, ogni 27 marzo.
Fu fortemente voluta dal drammaturgo finlandese Arvi Kivimaa, che avanzò la proposta durante il IX Congresso mondiale dell’Istituto Internazionale del Teatro (ITI). Quest’ultima è, difatti, l’organizzazione internazionale non governativa più importante nel campo delle arti sceniche ed è stata fondata a Praga nel 1948 per volere dell’UNESCO. Se il teatro ha lo scopo di unire le persone, attraverso la condivisione reciproca delle proprie esperienze, la ricorrenza diviene dunque una celebrazione di tale volontà. Per l’occasione, un’eminente personalità, su invito dell’ITI, espone le proprie riflessioni riguardo le arti sceniche. Noi di Velvet Mag abbiamo deciso di condividere, in esclusiva, un colloquio con una tra le personalità della danza più importanti di sempre: Carla Fracci.
Carla Fracci, Musa della danza e icona dello spettacolo internazionale
Ripercorrerne le gesta, seppur brevemente, è un’impresa ardua. Annoverata, a ragione, come una delle danzatrici più importanti del ‘900, Carla Fracci è da sempre sinonimo di eleganza, disciplina, talento e passione. Quattro componenti imprescindibili per chi sale sul palco con lo scopo di raccontare e condividere un messaggio: è così che si preserva l’arte scenica. E la leggendaria étoile ne è l’esempio perfetto.
Nata a Milano il 20 agosto 1936, ha studiato sin dall’età di 10 anni alla scuola di ballo del Teatro alla Scala, per poi diplomarsi nel 1954. Tra gli anni Cinquanta e Settanta, Carla Fracci ha eseguito il repertorio nelle più importanti compagnie di ballo internazionali. Ha infatti danzato per il London Festival Ballet, il Sadler’s Wells Ballet ora famoso come Royal Ballet e, nel 1967, è stata ospite all’American Ballet Theatre. Legata notoriamente a ruoli drammatici come Giselle, La Sylphide, Giulietta, Swanilda ha danzato con i più grandi nomi della danza, tra cui Rudolf Nureyev, Vladimir Vasiliev, Henning Kronstam, Mikhail Baryshnikov e Roberto Bolle. Una vita al servizio della nobile arte del ballo, contesa tra i plausi del pubblico e il lavoro costante, sul proprio corpo, in funzione di quel rigore che è stato alla base della sua formazione. Nel 1981, inoltre, il New York Times l’ha definita prima ballerina assoluta, la più alta onorificenza per una danzatrice. Questo è solo uno dei numerosi riconoscimenti ricevuti. Ultimo, tra tutti, è opportuno citare anche il premio alla carriera ricevuto da parte del Senato della Repubblica Italiana lo scorso 19 settembre 2020.
2. – Fedez e Chiara Ferragni è nata Vittoria! I Ferragnez pubblicano le prime foto della bambina
Con una foto dolcissima e un copy pieno d’amore, Chiara Ferragni e Fedez hanno annunciato l’arrivo della sorellina di Leone: Vittoria! Il nome era rimasto segreto, ma tutti sapevano che l’iniziale fosse V. Ferragni e Fedez hanno pubblicato la stessa immagine, che ritrae la bimba in tutto il suo splendore: “23 marzo, la nostra Vittoria”. Questo momento era attesissimo dai fan, che avevano creato delle pagine ad hoc per il conto alla rovescia.
3. – Luisa Ranieri è Lolita Lobosco, poliziotta single in tacco 12: «Era ora, no?» [INTERVISTA ESCLUSIVA]
Ascolti record ma anche qualche critica. La nuova mini-serie della prima serata della domenica di RaiUno “Le indagini di Lolita Lobosco” ha debuttato con uno share del 31% (corrispondente a circa 7,5 milioni di spettatori). Ma anche qualche commento social non proprio positivo, in particolare sull’accento barese non gradito al pubblico pugliese. Un successo che è sicuramente merito della sua protagonista, la bellissima e talentuosa Luisa Ranieri, e di un personaggio carismatico e attraente, non solo in senso estetico.
Liberamente tratta dai romanzi di Gabriella Genisi, la serie in 4 puntate (prodotta dalla Bibi Tv di Angelo Barbagallo e dalla Zocotoco, casa di produzione fondata da Luca Zingaretti insieme alla moglie, in collaborazione con Rai Fiction) mette al centro della scena un vicequestore donna così descritta: «Una poliziotta con la quinta di reggiseno, il tacco dodici, single e con una squadra di maschi da domare».
Una donna determinata, coraggiosa, perspicace, che dopo aver trascorso diversi anni al Nord, torna nella sua città natale Bari. E proprio lì, coadiuvata da una squadra di soli uomini, dovrà gestire omicidi e indagini di vario tipo, e districarsi tra le maglie del pregiudizio e degli stereotipi. Non è la prima volta che Luisa Ranieri affronta personaggi tosti e pieni di carattere: in passato è stata Luisa Spagnoli nell’omonima miniserie, la tenace e volitiva Carmela Rizzo nella serie tv “La vita promessa”, la spregiudicata e decisa Maria Capasso nel film di Salvatore Piscicelli. E anche Lolita Lobosco rientra nel ventaglio di donne non banali da lei portate sullo schermo.
Luisa Ranieri racconta Lolita Lobosco
In che modo Lolita Lobosco è diversa dalle altre donne ambiziose, determinate, toste che lei ha incarnato nel passato, al cinema e in TV?
Come ogni persona è diversa dalle altre, anche i personaggi che raccontiamo sono uno diverso dall’altro. Quello che mi è piaciuto subito di Lolita è la sua modernità e la sua libertà. È una donna che non pensa a come dovrebbe essere, ma a com’è. Segue una sua strada nel mondo, ma questo non le impedisce di comprendere ed entrare in empatia con gli altri. Una qualità che la aiuta molto anche nel suo lavoro. Un sesto senso femminile unico.
Ci racconta la genesi di questo progetto? Come e da chi è stata coinvolta? È stato suo marito (che figura tra i produttori) a suggerirle la storia e il ruolo?
Sì, il primo a parlarmi di Lolita è stato Luca, che ha letto i romanzi di Gabriella Genisi e mi ha detto di leggerlo perché poteva essere un personaggio adatto per me. E così è stato, me ne sono innamorata subito. Con la nostra società di produzione Zocotoco facciamo proprio questo: cerchiamo soggetti, idee e storie che ci piacciano al punto di dare loro vita, che sia teatrale o cinematografica o altro. Siamo una casa di produzione che si occupa solo dell’aspetto creativo dei progetti: individuare le idee e la squadra che le possa mettere a terra.
Come si è preparata per il ruolo? Sapendo che lei è una secchiona magari avrà parlato con qualche vero vice questore, o personale delle forze dell’ordine… Aveva letto i romanzi cui si ispira la serie?
Ho letto tutti i romanzi chiaramente, ma questa volta sono stata meno secchiona del solito. Mi sono molto lasciata andare e ho messo molta pancia in questa mia Lolita. Mi sono divertita moltissimo.
Cosa spera che rimarrà nel cuore dello spettatore che vedrà questa serie?
Spero si diverta, rimanga affascinato dalle storie e dalle persone che raccontiamo, che scopra nuovi luoghi e nuovi mondi. Che regali a tutti un sorriso e un momento di sospensione da quello che ci circonda, ne abbiamo tanto bisogno oggi più che mai.
Petra su Sky, Imma Tataranni, Mina Settembre, ora Lolita Lobosco. Il giallo/crime/noir al femminile negli ultimi anni è diventato sempre più presente sugli schermi della TV. E il pubblico ha risposto decretandone il successo. Come spiega una risposta così calorosa e numerosa degli spettatori?
Il noir è un genere che amo molto e che trovo che da molti anni a questa parte abbia saputo raccontare meglio o quantomeno in maniera efficace il mondo che ci circonda. C’è un’attenzione al contemporaneo profonda. Per quanto riguarda il femminile: era ora, non trova?
Secondo lei il modo di scrivere i personaggi femminili, specie quelli forti e determinati, è cambiato nel tempo? Perché tendenzialmente si vedono più donne così in TV che al cinema?
La televisione ha un rapporto diretto e immediato con il pubblico. Forse è più sensibile e ricettivo in tempi più stretti dei cambiamenti che si consumano nella società. Le donne stanno cambiando e chi le racconta non può che cambiare la sua scrittura in un gioco di avvicendamento tra chi precede e segue che è importante da seguire e analizzare.
Non era la prima volta con Luca Miniero dietro la macchina da presa: da lui (con Paolo Genovese) era stata diretta in “Amiche mie”, un’altra serie TV. Come è stato ritrovarlo e che tipo di indicazioni le ha dato?
Luca è un regista che amo molto. Ha una sensibilità direi quasi femminile per le sfumature specie quelle emotive che è unica.
Che rapporto ha lei con la televisione? Le piace guardare le serie TV? E se sì, cosa le piace guardare e cosa invece detesta?
Mi tengo molto aggiornata su quello che passa in tv e sono appassionata di serie tv che seguo su tutte le piattaforme, anche quelle straniere.
Lavora in TV da oltre 20 anni, dai tempi de “La squadra”. Come sono cambiati i prodotti televisivi negli anni, soprattutto da quando sono entrate in gara realtà come Sky, Netflix, Amazon Prime?
La serie tv in particolare ha avuto un’evoluzione incredibile qualitativamente parlando. È una realtà che non può più essere considerata di serie B rispetto al cinema. Sono due modi diversi ma entrambi affascinanti di affrontare il racconto di una storia.
In un’intervista di qualche anno fa, a proposito dei suoi maestri, ha dichiarato: “Da Capuano ho imparato il valore della genialità, Pupi Avati mi ha insegnato a rispettare i miei tempi. Ferzan Ozpetek è riuscito a farmi accettare la mia fisicità, anzi esaltarla quasi come un’icona”. Che insegnamento le ha dato Paolo Sorrentino, con cui ha girato “È stata la mano di Dio”?
È stata un’esperienza incredibile, ma non ne posso parlare ancora!
A cosa sta lavorando in questo momento? Le piacerebbe tornare a teatro dopo il successo di “The Deep Blue Sea” in cui è stata diretta da suo marito?
Ho appena finito di doppiare l’ultimo film della Disney “Raya e l’Ultimo Drago” che uscirà a marzo, e poi sto leggendo diversi progetti. Con calma, con grande calma!
“Ragazzi, non sapete che mazzo mi sto facendo in sala prove”, aveva confidato a Velvet Mag con il fiatone. L’intervista era stata organizzata durante una pausa della sessione di “coreografia”. Tommaso era stanco ma euforico.
4. – Tommaso Zorzi, da Dance Dance Dance all’Isola dei Famosi con la stessa voglia di successo
“Non mi era mai successo di fare così tanto esercizio fisico. Certe volte mi manca il respiro ma non mollo”. Già allora era caparbio. Pur andando ancora in onda “Riccanza”, viveva questa sua preparazione alla “gara di ballo” come una sfida più con sé stesso che con gli altri.
“Non mi sarei mai immaginato un giorno di competere nel ballo. Chi ha mai ballato prima? Solo in discoteca. Ma poi con la mia ballerina, Roberta Ruiu, che è un’amica, mi impegno perché non è che vengo qui a fare figure. Certo, contare i passi è un casino, ma alla fine riesco pure a divertirmi. Mi piace buttarmi in ogni nuova avventura. E pensare che non sapevo nemmeno che fosse una sala prove”.
E ora?
“Ora sono pazzesco pure col conteggio sbagliato. Quando provo e sbaglio, penso che in quel momento vorrei stare a fare shopping o nella spa con mia mamma e con il mio cane. Poi inizia la gara e mi sento pazzesco anche se so che i miei maestri di ballo mi vorrebbero strozzare perché sto toppando i conteggi. Ma alla fine, come diciamo con Roberta Ruiu, noi siamo 10% talento e 90% outfit”.
Però in quella “sala prove, questa sconosciuta” ti impegni davvero.
“In realtà non mi ricordo di essermi mai impegnato così tanto. Perché nella vita in generale non mi piace fare brutta figura. Mi viene ogni tanto da chiedermi: ma chi cavolo me lo fa fare. Una cosa che mi succede anche nella vita reale. Poi però penso: stringi i denti Tommaso, se poi proprio non ce la fai, spara una battuta e buttala in caciara. Perché lo sapevo già ma lo ho sperimentato sulla mia pelle: la danza è disciplina. E per uno che non si voleva alzare dal letto prima di mezzogiorno fino ai 25 anni, andare in sala prove è stata una botta pazzesca. Mi ha messo a nudo. Ma il fatto di imparare un’arte ha fatto sì che valesse la pena”.
In che senso la sala prove ti “ha messo a nudo”?
“Che mi ha fatto capire le mie debolezze ma anche che posso superarle. Perché ogni volta che sono caduto a terra pensando di non farcela più, di mollare, non so come subito dopo mi sono sentito pronto a ricominciare e anche più forte di prima. Ma questo è poi quello che mi capita nella vita. Mi sento quasi schiacciato dalle difficoltà ma in un modo o in un altro vado avanti, e pure a testa alta. Ovviamente, con grande stile”.
Quanto è importante per te vincere, non solo in tv.
“Vincere mi piace ma non sono uno competitivo fino in fondo. Cioè, non pesto i piedi alla gente pur di arrivare allo scopo. Mi sento empatico, tengo conto dei sentimenti delle persone che ho intorno. E poi, se mi guardo allo specchio so che a me piace più divertirmi che vincere”.
In occasione di Dance Dance Dance, Tommaso Zorzi è stato “confinato” a Roma per tutto il tempo delle prove e delle riprese. Proprio come per il GF Vip, che lo ha trattenuto nella capitale per cinque mesi e mezzo. Anche in quel caso, la cosa che gli è mancata di più è una sola. “Il tea-time con mia mamma”.
Buona Santa Pasqua a tutti. Buona lettura per questo e molto altro su www.velvetmag.it
Sara Zuccari