La moda non segue soltanto le tendenze, ma anche vocazioni e necessità. Vocative è la prima sartoria italiana ecosostenibile al 100%, nata per esigenza di Ciro Pistarino. Insieme al partner nonché amico storico Manuel Zanola, Ciro ha realizzato un progetto ambizioso ed elegante che unisce l’importanza di muovere un passo in avanti senza dimenticare l’importanza del passato.

Vocative è il connubio perfetto di tradizione e innovazione. Un progetto nato alla fine del 2020, un periodo poco avvezzo al lancio di nuove realtà. Tuttavia ha trovato in Ciro Pistarino un valido condottiero, pronto a navigare nelle acque ostili del Covid e della moda poco sostenibile. L’unicità di Vocative ha catturato l’attenzione di Pineider, che ha aperto le porte del suo atelier al brand di nuova nascita per lavorare alla nuova linea di penne Metropolis. Ciro Pistarino è infatti Special Ambassador del progetto. Abbiamo chiacchierato con Ciro Pistarino, che ci ha raccontato com’è nato questo progetto e cosa significa lavorare in modo ecosostenibile.

Intervista esclusiva a Ciro Pistarino di Vocative

Come nasce Vocative?

Vocative nasce soprattutto da un’esigenza. Un’esigenza che ho avuto io personalmente circa un paio di anni fa e cioè proiettare al futuro il mio mestiere, mantenendo però il più possibile tutta la tradizione insita nella sartoria. Per cui ricerca di materiali più sostenibili possibili e tecnologia. Ho iniziato a fare ricerca, perché purtroppo i produttori stessi sono ancora poco avvezzi ad essere veramente sostenibili, perché questo vuol dire costi, vuol dire cambiamenti di procedure ormai fissate. Pochi lanifici riescono ad essere sostenibili oggi.

Dopo tanta ricerca, insieme al mio socio (cresciuto nel mondo dell’IT), abbiamo così pensato a cosa si poteva aggiungere di veramente tecnologico e abbiamo pensato a questo microchip che inseriamo all’interno di ogni capo. Attraverso questo microchip – tramite un’app che stiamo finendo di sviluppare – il cliente potrà visualizzare tutta la filiera di ogni componente. Il progetto nelle nostre teste è nato due anni e mezzo fa. Doveva prendere vita subito prima del primo lockdown, ma ci siamo fermati e abbiamo rimandato alla fine del 2020. Siamo partiti da quattro mesi circa.

Come funziona il vostro lavoro?

Noi siamo una vera e propria sartoria. Una volta arrivato l’ordine, il nostro laboratorio produce il capo in maniera realmente sartoriale. Si taglia il tessuto e lo si cuce o in taglia o sulla base delle misure che il cliente ha avuto modo di inserire nel configuratore al momento dell’ordine.

Qual è il vostro target?

Visto il tipo di capo, sicuramente un uomo giovane, attento e sensibile all’ambiente e alla sostenibilità e amante del gusto, dello stile e della qualità della sartoria italiana.

Quali sono i prodotti che in genere realizzate?

Ad oggi abbiamo due tipi di giacche, una classica d’abito personalizzabile e una seconda giacca più adatta ai tempi che stiamo vivendo, più confortevole nella struttura e con un tipo di collo diverso (coreano) per uno stile un po’ più casual. E un pantalone personalizzabile con tre tipi di cintura differenti.

Hai in mente qualcosa di nuovo per il futuro?

L’idea è quella di partire con un capospalla e pantalone per poi far diventare il brand una sorta di cappello per qualsiasi altro prodotto legato all’abbigliamento ma non solo, anche accessori il più sostenibile possibile. Già l’idea di partire con delle t-shirt con cotone organico oppure inserire un blazer da donna per il prossimo inverno.

Essendo una sartoria ecosostenibile, come selezionate i materiali da utilizzare?

Il principio base è quanto di più sostenibile. Ad oggi, per quanto riguarda i tessuti che sono la componente più importante e inquinante nella loro produzione, utilizziamo lane o tinte con prodotti naturali (bacche o fiori) o addirittura lane delle quali si usa il vello naturale dell’animale. Non sono neanche tinte, sono varie tonalità di beige e marroni, o addirittura lane riciclate, scarti delle lane super fini di altissime qualità che vengono poi rifilate e vengono così prodotti nuovi tessuti.

Per quanto riguarda le fodere, sono o in poliestere riciclato al 100% oppure in una viscosa che viene ricavata dagli alberi del parco del Ticino dove c’è un’economia circolare sostenibile con tutte le certificazioni più alte presenti oggi. I bottoni per esempio sono in un composito di carta pressata e poliestere riciclato. Tutti i materiali degli interni – parliamo di un abito intelato – sono certificati anch’essi con le più alte certificazioni di sostenibilità.

L’unico passaggio dove non riusciamo ad essere sostenibili come vorremmo, anche se è un mercato che si sta evolvendo molto in fretta, è quello del trasporto. Laddove non riusciamo ad essere sostenibile andiamo a compensare con dei progetti. Ad oggi stiamo ultimando un progetto di apicultura in un terreno alle porte di Milano dove faremo anche dei progetti scolastici, oltre ad installare delle arnie con delle api. Se tutto va bene, entro un paio di mesi dovremmo essere operativi.

Che rapporto ha Vocative con la tecnologia?

La utilizziamo sia nel processo di vendita che avviene tramite e-commerce sia con il microchip, che andiamo ad installare all’interno di ogni capo che produciamo. Tramite un’app che stiamo ultimando (sarà pronta tra due/tre settimane) il cliente potrà visualizzare tutta la filiera di ogni componente proprio a dimostrazione della sostenibilità. E tutti questi dati vengono immagazzinati tramite la tecnologia di Blockchain, che è il futuro dell’immagazzinaggio dei dati di oggi e di domani.

Mi racconteresti del tuo rapporto con Manuel Zanola?

Ci siamo conosciuti vent’anni fa al militare. Da lì siamo rimasti amici, con due carriere completamente diverse e opposte. Negli ultimi anni continuavamo a ripeterci ‘sarebbe carino fare qualcosa insieme’ unendo le professionalità di ognuno. L’idea è partita da me perché si parla di un capo d’abbigliamento, ma poi l’abbiamo sviluppata insieme. Tutta la parte tecnologica – dall’e-commerce al microchip – è assolutamente frutto del lavoro di Manuel. Vocative è il frutto dell’unione delle nostre professioni.

Per chi vorrebbe acquistare un prodotto Vocative, dove può farlo?

Ad oggi, il prodotto è acquistabile soltanto sul nostro sito e-commerce. Abbiamo un configuratore sul nostro sito tramite il quale il cliente può scegliere il tessuto, il bottone, la tasca, fare gli abbinamenti del caso e poi ordinare il prodotto. Stiamo parlando con più distributori in questo momento per cercare di capire quale sia il più adatto a Vocative proprio per essere presenti in alcune boutique selezionate d’Italia innanzitutto e poi anche all’estero e atterrare su almeno una delle più importanti piattaforme di e-commerce.

Il brand con cui ti piacerebbe collaborare una volta nella vita?

Tutto quello che è il mondo del lusso per me, per noi è sicuramente interessante. Ad oggi noi abbiamo una collaborazione importantissima con Pineider che ha scelto me e di conseguenza anche Vocative come testimonial per il lancio di un nuovissimo prodotto: una penna che ha un livello di personalizzazione. Nel cappuccio della penna si può inserire un’iniziale o un simbolo.

Un’altra collaborazione che sta prendendo forma è con un importante brand dell’automotive per il lancio di una loro auto elettrica.

Credi che la moda riuscirà a diventare ecosostenibile al 100%?

Forse con troppa poca lungimiranza faccio davvero fatica a crederlo. L’industria dell’abbigliamento è la seconda più inquinante del nostro pianeta dopo quella del petrolio. Ad oggi siamo veramente molto lontani dall’essere sostenibili. Poi se un giorno, chissà quando, forse se veramente il pianeta ce lo imporrà allora sì che potrà veramente diventarlo. Ma sarà un giorno molto lontano.