Storie e Personaggi

Chernobyl, 35 anni fa il disastro nucleare: com’è oggi la “no man’s land” più famosa del mondo

La Zona di esclusione attorno alla centrale popolata di animali selvatici e natura lussureggiante

Non si può, non si deve dimenticare. A Chernobyl, in Unione sovietica, il 26 aprile del 1986 – 35 anni fa – si verificò il peggiore disastro nucleare industriale di sempre. O, quantomeno, il più celebre. Pari per gravità e pericolosità a quello della centrale dell’allora Urss (Unione delle repubbliche socialiste sovietiche) c’è soltanto l’incidente nucleare di Fukushima, in Giappone, dieci anni fa: l’11 marzo 2011 a seguito del terremoto e dello tsunami. Chernobyl, nell’odierna Ucraina, è una località abbandonata dal momento della catastrofe nucleare. Morirono nell’immediato alcune decine di persone, 400mila furono evacuate. Furono milioni i cittadini di Ucraina, Russia e Bielorussia colpiti dalle conseguenze: radiazioni, inquinamento e ricadute molto pesanti sulla salute e sulla vita intera. Migliaia quelli che contrassero, nel corso del tempo, cancro e tumori. Ancora oggi tutti questi effetti non si sono dissipati per sempre.

Come la bomba di Hiroshima

E il luogo del disastro? Dopo 35 anni la natura ha ripreso il sopravvento come non accade mai nelle nostre società iperurbanizzate. Restano le immagini spettrali, come quella che pubblichiamo. Ma ci sono ora anche prati lussureggianti tra le rovine e animali allo stato brado che non si erano più visti. Tutto però è altamente inquinato da un ambiente radioattivo. A Chernobyl, quel 26 aprile di 35 anni, fa, esplose un reattore della centrale nucleare sovietica immettendo nell’aria sostanze radioattive della potenza pari a 500 piccole bombe atomiche. Come la bomba atomica sganciata dagli americani su Hiroshima il 6 agosto 1945.

Prolificano cavalli, lupi e alci

Secondo le autorità ucraine l’area di Chernobyl potrebbe restare non più adatta agli esseri umani per 24.000 anni. Nel 2016 è diventata riserva naturale. La si vuole candidare a diventare patrimonio Unesco. Se il progetto andrà in porto, la Zona di esclusione – una “no man’s land” attorno alla centrale, in un raggio di 30 chilometri –, sarà nello stesso elenco del Taj Mahal in India, Stonehenge in Inghilterra e l’abbazia di Mont Saint-Michel in Francia. Oggi i padroni di Chernobyl sono alci, lupi e cavalli selvaggi, che crescono indisturbati. E si pensa di introdurre il bisonte europeo.

Cosa successe quel giorno

La catastrofe si verificò all’1.23 del mattino. Era in corso un test di sicurezza. Qualcosa non funzionò. Nel quarto reattore dell’impianto ci fu un’esplosione, l’incendio avvelenò l’aria con polveri radioattive. Le autorità cercarono di nascondere l’incidente. Per due giorni nessuno venne informato di quel che era successo. I lavoratori dell’impianto che vivevano nella vicina Pripyat sentirono distintamente il boato dell’esplosione. Ma l’evacuazione venne ordinata solo nel pomeriggio del 27 aprile. Un’operazione imponente che riguardò centinaia di migliaia di cittadini. Le nubi radioattive di Chernobyl spaventarono il mondo. Si pensa che contaminarono fino a tre quarti dell’Europa. Migliaia di persone furono condannate a morire di cancro e altre malattie provocate dalle radiazioni. Ma la vera storia di Chernobyl resta ancora da scrivere.

Tanti turisti dopo la serie Tv

“Uno dei territori più emblematici dell’Ucraina” e monito per il mondo, come è stato definito, dev’essere anche protetto da un flusso inarrestabile di turisti. Nel 2019, anche su spinta di una serie televisiva sul disastro, la centrale nucleare abbandonata e la città di Pripyat avevano registrato un boom di visitatori, circa 120 mila persone. Per il ministro della Cultura dell’Ucraina, Oleksandre Tkachenko, “l’importanza della zona di Chernobyl va ben oltre i confini del paese. Non si tratta solo di commemorazioni, ma anche di storia e diritti delle persone”. Su questo si punta per voltare pagina. E, paradossalmente, come ha osservato Denys Vyshnevsky, capo del dipartimento scientifico della riserva naturale, c’è “un’opportunità unica per preservare la biodiversità”.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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