Abbiamo incontrato Greta Scarano, protagonista della serie Chiamami ancora amore – in onda su Rai 1. Lei interpreta Anna, una madre che entra in crisi e che deciderà di lasciare suo marito, perché ormai esasperata da una vita che non sopporta più.

Greta Scarano ci ha raccontato il profondo lavoro che ha fatto su se stessa e sui propri sentimenti, per estrapolare una verità che non siamo abituati a vedere in modo così nitido in tv. La nascita di un figlio stravolge profondamente una donna ed è quasi sempre lei a dover sopportare tutto il peso di questo cambiamento, ma spesso si fa finta di niente.

Intervista a Greta Scarano

 

Parliamo di Chiamami ancora amore, la nuova serie tv su Rai 1, dove tu sei la protagonista Anna Santi. Una mamma, una moglie, ma anche una donna che è in conflitto con sé stessa. Come hai affrontato la complessità d’animo di questo personaggio?

E’ stata un’esperienza molto profonda, perché ho interpretato una madre e io non lo sono, quindi un ruolo molto distante da me. Immaginarsi delle sensazioni, l’idea di avere un figlio e quello che si prova quando si ha un figlio è stato molto complicato. Sono stata fortunata a seguire questo progetto sin da quando era solo un’idea, perché mi ha permesso di poter ragionare su ogni singola scena, cercando di raccogliere più informazioni possibili.

Da questa storia emerge una verità amara, la realtà di una madre dopo la nascita del figlio… è dura, c’è una grande responsabilità. Tu, in Anna, come l’hai vissuta?

La serie racconta la storia di un amore che si trasforma in qualcos’altro, in una crisi e poi in una separazione. C’è una evoluzione e ho dovuto ragionare moltissimo su che cosa significa diventare genitori, su come cambia un rapporto e una madre stessa. Ogni storia è certamente unica, ma comunque la genitorialità diventa un fattore condizionante in qualsiasi coppia. Per interpretare Anna ho fatto una profonda ricerca nei sentimenti, nel tentativo di essere insieme a Enrico (Simone Liberati) estremamente credibili e veri. L’intento è stato quello di dare la possibilità al pubblico di guardare in maniera quasi anatomica quello che accade in una coppia – quando ci si lascia, come ci si è conosciuti, quanto ci si è amati.

Qual è stato il sentimento più difficile da far emergere? E perché?  

La sensazione del mio personaggio di essere stata un ostacolo alla realizzazione della propria madre, il senso di colpa nei suoi confronti e l’idea di non voler fare i suoi stessi errori. Questo è stato un sentimento molto difficile da codificare. Si tratta di una riflessione distante da me. Personalmente ho sempre messo la mia realizzazione personale al primo posto, perché sapevo che questo mi avrebbe reso una persona felice e completa. Quindi, per interpretare Anna in modo credibile, ho dovuto rinunciare a questo aspetto che mi appartiene.

Molto toccante è la scena in cui tu, interpretando Anna, scuoti il bambino appena nato…deve essere stato difficile dare concretezza a un controsenso come questo: una madre che ama il suo bambino, ma allo stesso tempo non lo sopporta…

Sì, sì anche questo sentimento è stato complesso, così come le rinunce di una madre per il figlio, il fare delle scelte che ti condizionano talmente tanto, che poi alla fine ti lasciano inevitabilmente un peso da portare dietro. Nel caso di Anna, la rinuncia mette in crisi la sua storia d’amore e tutta la sua vita, perché comunque non si sente realizzata, perché è tormentata dalle sue rinunce. Questa cosa però, mi sento di dire che è molto comune tra le donne.

Intendi dire che le donne restano un po’ abbandonate a se stesse, non sono preparate alla maternità?

Sono sicura che i temi raccontati in questa serie sfuggono alla maggior parte delle persone. Ho tante amiche mamme e conoscenti, dalle quali ho percepito il fatto che si sentono sbagliate quando sono esasperate dal proprio figlio. A un certo punto arrivi a un momento in cui non ce la fai più – proprio come Anna – e ti senti di conseguenza profondamente sbagliata e forse anche molto sola.

Ecco, quella solitudine della maternità, che in realtà credo e temo sia molto comune, non siamo abituati a vederla in televisione. Perché comunque si preferisce raccontare la maternità con un po’ di “censura”, mettendo in risalto solo il lato positivo. Ma non è più come una volta. Prima i figli crescevano in mezzo a tante persone, i propri parenti, invece in questo periodo storico si è molto più soli. Mi piace pensare che le donne che guarderanno questa serie si possano sentire un pochino meno sbagliate e sole. Mi piacerebbe anche che gli uomini si rendessero conto di cosa significa crescere un figlio e perdere la propria libertà personale.

Il personaggio di Anna si confronta con una responsabilità quasi esclusiva di suo figlio…

E’ molto difficile trovare una coppia perfettamente equilibrata in cui si cresce un figlio in maniera paritaria. Forse è la nostra società, la nostra impronta, ma la madre è quella che si prende a cuore della casa e dei figli, e ad Anna tutto questo la sconvolge, a un certo punto non lo sopporta più. C’è una frase del mio personaggio che mi tocca sempre molto, quando l’assistente sociale, Claudia Pandolfi, le chiede “E’ vero che ha abbandonato il tetto coniugale?”

Perché effettivamente lei se ne è andata e Anna spiegherà bene le sue ragioni. Comunque la risposta che da lì per lì, secondo me è molto forte “Quanti uomini conosce che tutti i giorni e tutto il giorno abbandonano il tetto coniugale? E quanti uomini conosce che siano disposti a rinunciare alla propria realizzazione per un figlio? Perché solo noi donne dobbiamo rendere conto di conto di ogni centimetro di libertà che ci prendiamo?”. Ed è vera questa cosa, è così non c’è niente da fare.

Com’è stato recitare di fianco a un attore giovanissimo, Federico Ielapi, che sappiamo avere un trascorso nel cinema di tutto rispetto. Ma come ti sei posta, considerando anche il tema molto complesso?

Ho cercato di accorciare subito le distanze, creare una complicità, perché comunque dovevamo interpretare madre e figlio, però devo dire che non è stato difficile perché è un ragazzino estremamente precoce, maturo, con una professionalità rara. Sul set ci siamo aiutati a vicenda, l’abbiamo coccolato tutti, Gianluca il nostro regista, Simone Liberati. E’ un piccolo uomo, che mi pare abbia scelto già la sua vita e lo capisco. Se avessi avuto l’opportunità di lavorare alla sua età sarei stata la bambina più felice del mondo.

E con Simone Liberati, che interpreta il marito di Anna, Enrico Tagliaferri, come siete riusciti a mantenere l’equilibrio tra odio e amore – che forse in fondo ancora c’è, perlomeno nei ricordi del passato..

Tra noi c’è una grande affinità, ci vogliamo bene, ci conosciamo da tanti anni. Con Simone è molto naturale stare in scena, perché oltre a essere un attore meraviglioso è anche un uomo di grandissima generosità. Mi ha aiutato fondamentalmente lui, mi sono trovata tante volte in scena a percepire la sua la sua forza, che mi commuoveva. Lui riusciva a trasmettermi la sua rabbia sul set, che veramente mi faceva vibrare. Questa è una storia di sentimenti e dovevamo proprio imparare a usare quelli giusti e con Simone è stato tutto più semplice.

 Si può restare insieme solo per il bene del proprio figlio? Cosa funziona davvero in amore?

Penso che ci voglia molta intelligenza per stare insieme tutta la vita. Forse è la cosa che serve di più. Spesso si permette all’emotività e alle cose negative di prendere il sopravvento e dopo tanti anni mantenere la lucidità credo sia importante. Forse è un po’ questo che può tenere a lungo una coppia insieme. E anche trovare la persona che ti dica la verità. Non è così semplice, perché le persone tendono a edulcorare la realtà, perché magari non vogliono farti soffrire, e invece se trovi qualcuno che ti dice la verità non te lo devi far scappare. Sicuramente non è nella mia idea di felicità stare insieme solo per un figlio. Forse si rischia, non so, di essere infelici e di trasmettere qualcosa di sbagliato.

Come mamma come ti vedresti? Come saresti?

Sicuramente è qualcosa che ti cambia radicalmente, quindi ho rinunciato a immaginarmi come sarò, perché penso che devi comunque viverla una cosa del genere, per poterla capire e concepire. Però sono una persona a cui piace che le persone siano felici attorno a me. Quindi sarei felice di accompagnare un altro essere a capire cosa deve fare della propria vita. E’ qualcosa che mi piace.

Parlando adesso di te, come attrice, qual è stato il personaggio che ti ha insegnato di più tra quelli che hai interpretato in questi anni – penso a Ilary (Speravo de morì prima) e Antonia (Montalbano) anche molto diversi tra loro…

Penso che alla fine le riflessioni più profonde le ho fatte proprio interpretando Anna, sulla dinamica di una famiglia, dei valori e di quello che conta nella vita. Anche se talvolta costretti a scendere a compromessi, è importante cercare di mantenere certi rapporti. Anna, nonostante tutto, vuole bene a Enrico. Dentro a un cuore congelato, comunque rimane qualcosa dentro. Proprio l’altro giorno ho scritto un post su Instagram, “in amore vince chi resta”, proprio per far capire che anche dopo il terremoto, sulle macerie comunque si può ricostruire qualcosa. Non tutto è perduto. E penso che la nostra serie, alla fine darà un messaggio di speranza.

I tuoi progetti futuri?

Più avanti uscirà il nuovo film Supereroi di Paolo Genovese, dove ho fatto parte del cast. Spero un giorno di riuscire a fare un film da regista, però devo capire se si creeranno le condizioni per poterlo concretizzare. Voglio continuare comunque a interpretare personaggi che raccontino delle storie, perché è quello è il significato più importante per me. Raccontare storie attraverso il personaggio.