Nei giorni in cui fa molto parlare di sé il docufilm di Netflix sul “Divin codino” ritorna nelle librerie italiane il “sacro testo” che racconta la vita di Roberto Baggio. Si tratta di Una porta nel cielo, pubblicato da Limina vent’anni fa e oggi riedito da Tea. Una porta nel cielo è il ritratto forse più autentico di uno dei più grandi calciatori italiani dal Dopoguerra a oggi, anche sotto il profilo umano. Fu scritto a un paio di stagioni dal ritiro del mito Baggio dai campi di gioco. Offre ancora oggi ai lettori una fotografia dai colori brillanti, una testimonianza preziosa, una storia sportiva che non si può dimenticare.
Un testo divenuto un classico
Da tempo introvabile, e circondata da un alone di culto, torna dunque finalmente disponibile un’autobiografia da non perdere. Merita leggerla o rileggerla anche perché è l’unico testo cui il grande campione ha affidato senza reticenze le sue “confessioni”. Lo stile è quello del “Divin codino”: compassato, sobrio. Baggio narra i ricordi, le confidenze, le rivelazioni, gli “sfoghi gentili” della sua strepitosa carriera di calciatore. Il lettore potrà ripercorrerne l’esordio precocissimo, la serie A, il tormento senza fine del ginocchio infortunato. Ma anche i rapporti con gli allenatori, con i club, con i colleghi e con i tifosi. E poi l’attaccamento al suo numero 10, alla Nazionale e ai rigori. Non mancano gli affetti, gli amici, le piccole cose di ogni giorno, il richiamo della natura, e soprattutto la scoperta della dimensione spirituale della vita. Uno sportivo capace di sacrifici impensabili, un campione dotato di un talento purissimo, un uomo riservato che non si è mai arreso.
“Il calcio? Un’invenzione continua”
Una manciata di mesi prima del ritiro, alla domanda “Che futuro ti attende?”, Roberto rispondeva: “Non lo so. Allenare professionalmente, al momento, non è in cima ai miei pensieri. Ho una gran voglia di contemplare la natura, di dedicare tempo a me stesso e agli altri. Credo che farò una vita appartata, lontano dal frastuono, dai luccichii ingannevoli. Come sempre ho fatto. Cercherò di essere d’aiuto a me stesso e, soprattutto, ad altri”. Oggi sappiamo che è esattamente quello che ha fatto, e anche da questo si misura la grandezza, oltre che dello sportivo, dell’uomo. “L’aspirazione di chi gioca a calcio con passione, specie se fantasista, non è tanto quella di segnare, ma di segnare in maniera originale, mai banale. Quel momento vale tutto. Questa, per me, è l’essenza del calcio. Un’invenzione continua.”