Dopo la scoperta nel cuore della Via Lattea di uno dei mattoni della vita, l’etanolammina, altre molecole organiche sono state individuate nella nostra galassia. Questa volta in cinque diverse nebulose planetarie che si trovano nelle regioni periferiche. Si fanno dunque nuovi passi in avanti sul piano scientifico per quanto riguarda le scoperte spaziali. Soprattutto sul grande tema dell’origine della vita dell’Universo e delle forme viventi che possiamo individuare al fuori dell’atmosfera terrestre.

Stelle nei “sobborghi” della galassia

Le ultime novità su questo fronte emergono dalle osservazioni dei ricercatori dell’Università americana dell’Arizona, coordinati da Lucy Ziurys. Studi che sono stati presentati nel Congresso della Società astronomica americana (Aas). Secondo gli astronomi, queste molecole raccontano di stelle morenti nei “sobborghi” più estremi e periferici della Via Lattea.

Nebulose con “archi e lobi”

Grazie al radiotelescopio Alma (Atacama Large Millimeter Array) dell’Osservatorio Europeo Meridionale (Eso) che si trova nel Cile, Ziurys e i suoi colleghi hanno trovato le “firme” di molecole organiche. Come l’acido cianidrico, il monossido di carbonio e lo ione formile. Le hanno individuate in cinque nebulose planetarie: M2-48, M1-7, M3-28, K3-45 e K3-58. I segnali radio emessi da queste molecole organiche, spiegano gli esperti, permettono di delineare le forme delle cinque nebulose. In questo modo ne rivelano caratteristiche finora inedite, come la presenza di getti di materia dalle suggestive forme di archi e lobi. E con un dettaglio senza precedenti, equivalente all’osservazione di una moneta da una distanza di circa quattro chilometri.

Molecole alla base dei pianeti

Le osservazioni presentate al congresso degli astronomi americani, spiega Lucy Ziurys, offrono la possibilità di raggiungere alcune importanti conclusioni. “Rafforzano l’idea – ha spigato la scienziata – che le nebulose planetarie servano come fonti per disseminare molecole nel mezzo interstellare”. In sostanza “molecole che rappresentano alcuni degli ingredienti di base nella formazione di nuove stelle e pianeti.” “La nostra idea – ha concluso l’astronoma – è che le nebulose planetarie forniscano, infatti, il 90% del materiale nel mezzo interstellare”. Con le supernove – stelle che esplodono alla fine del loro ciclo vitale – “che aggiungono il rimanente 10%”.