La Consulta ha dichiarato incostituzionale l’articolo 13 della legge sulla stampa (n. 47 del 1948) “che fa scattare obbligatoriamente la reclusione da uno a sei anni insieme al pagamento di una multa“. Resta invece il carcere per la diffamazione, ma solo nei casi di eccezionale gravità (principio che vale per tutti i cittadini e non solo per i giornalisti) per la compatibilità con l’articolo 595 del Codice Penale, terzo comma “che prevede, per le ordinarie ipotesi di diffamazione compiute a mezzo della stampa o di un’altra forma di pubblicità, la reclusione da sei mesi a tre anni“. Una sentenza storica e attesa da tempo, almeno un anno, quello concesso al Parlamento dalla massima corte per un intervento normativo riparatore a bilanciamento del rapporto tra la libertà di manifestazione del pensiero e la reputazione del singolo individuo, “anche alla luce dei pericoli sempre maggiori connessi all’evoluzione dei mezzi di comunicazione“.

Il caso dai tribunali di Salerno e Bari alla Corte Costituzionale

La sentenza arriva nel caso di specie su richiesta dei tribunali di Salerno e Bari – che ritenevano la pena detentiva per la diffamazione a mezzo stampa illegittima per contrasto con l’articolo 21 della Costituzione e con l’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. L’effetto è la decadenza in caso di condanna dell’obbligo del carcere da uno a sei anni insieme al pagamento di una multa.

Le reazioni positive delle sigle di giornalisti ed editori

Carlo Verna, presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, che nel corso dell’udienza pubblica di ieri pomeriggio 22 giugno aveva chiesto di dichiarare l’incostituzionalità di entrambe le norme “tagliole” per la libertà di stampa, ha commentato: “La Corte Costituzionale ha fatto la sua parte portando l’Italia nel solco della giurisprudenza di Strasburgo. Siamo soddisfatti la svolta è storica perché l’incubo del carcere in via ordinaria svanisce, mentre l’ipotesi dell’eccezionale gravità è residuale e comincia in concreto a porre dei distinguo tra colpa e dolo che potranno essere meglio definiti quando ci sarà la politica, il Lancillotto di questa vicenda”.

Secondo Raffaele Lorusso, segretario generale della Federazione Nazionale della Stampa italiana Claudio Silvestri del sindacato campano: “La sentenza della Corte Costituzionale ha una portata storica. La Consulta, infatti, sancisce l’illegittimità costituzionale della pena detentiva per i giornalisti così come prevista dall’articolo 13 della legge sulla Stampa (47/48) – così come Altrettanto importante è il richiamo, in riferimento all’articolo 595 del codice penale, alla giurisprudenza consolidata della Corte europea dei diritti dell’uomo. Che ammette la pena carceraria soltanto nei casi più gravi di diffamazione commessa con istigazione alla violenza o hate speech”.