L’Italia prosegue il suo lento percorso verso la normalità: dalle restrizioni dell’ottobre 2020 con grandi sacrifici step dopo step finalmente siamo vicini ad abbandonare le amate e odiate mascherine. Da lunedì prossimo 28 giugno cadrà l’obbligo di indossarle all’aperto in zona bianca. Sostanzialmente, cioè, in tutto il Paese, considerato che proprio da quel giorno anche l’ultima regione “gialla”, la Valle d’Aosta, cambierà colore.
L’ordinanza del ministro Speranza
Dopo alcuni giorni di incertezza e varie ipotesi di possibili date proposte dal Comitato Tecnico Scientifico del Ministero, adesso la decisione è ufficiale: lo ha dichiarato lo stesso ministro della Salute, Roberto Speranza. “Ho appena firmato un’ordinanza che permette di non usare la mascherina all’aperto” dal 28 giugno, ha annunciato a Cartabianca su Rai Tre. Attenzione, però, perché la fine dell’obbligo di metterla quando siamo in strada non è un “libera tutti”. “La mascherina è e resta uno strumento fondamentale – ha ribadito il ministro -. All’aperto va indossata necessariamente solo quando non si può rispettare il distanziamento. Resta un punto fondamentale della nostra strategia”. “È vero che i nostri numeri (dell’epidemia in Italia, ndr.) sono migliori rispetto a un mese fa, ma – ha avvertito Speranza – non dobbiamo considerare chiusa la partita” contro il Coronavirus.
I casi in cui la mascherina serve
In base all’ordinanza, dunque, nelle zone bianche cessa l’obbligo di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie negli spazi all’aperto. Fatta eccezione per le situazioni in cui non possa essere garantito il distanziamento interpersonale o si configurino assembramenti o affollamenti. E anche nel caso in cui si sia “in presenza di soggetti con conosciuta connotazione di alterata funzionalità del sistema immunitario“. In sostanza: se, muovendoci all’aperto, veniamo a contatto o incontriamo persone che sappiamo non essere in buona salute. L’ordinanza è valida dal 28 giugno fino al 31 luglio 2021.
“Variante Delta al 26% dei contagi”
Accanto ai passi progressivi verso una sempre maggiore libertà di azione e movimenti per gli italiani resta però una preoccupazione non da poco: la diffusione della variante Delta del Coronavirus. L’ultimo report dell’ISS (Istituto superiore di sanità) di fine maggio fa attestava tale mutazione a circa l’1% dei casi di contagio. Il punto è che oggi questa percentuale rappresenterebbe una sottovalutazione dei casi reali. Diversi studi compiuti stimano una circolazione del ceppo “indiano” del Sars-CoV-2 su numeri superiori. Secondo un’analisi del Financial Times, la variante Delta in Italia sarebbe presente nel 26% dei casi. E il nostro Paese sarebbe diventato il quinto al mondo per la diffusione di questa mutazione del virus. “La variante Delta va seguita con la massima attenzione – ha sottolineato il ministro Speranza -. Ci aspettiamo una crescita dei contagi causati da Delta perché è una variante più capace di diffondersi. La dobbiamo seguire con la massima attenzione“.