Amedeo Minghi, la Serenella di ‘1950’: fare la storia di Sanremo arrivando ultimissimi
Era il 1983. Due dei brani di quella storica edizione vennero ignorati per poi diventare dei must della canzone italiana
Ah, quel brivido di sadismo lungo la schiena, ogni volta che nella storia di Sanremo un brano ignorato poi diventa un classico della canzone italiana. E tu vorresti urlare: ma che vi diceva la testa?!
Nel festival dell’83 furono due in particolare le canzoni clamorosamente sottovalutate. Era infatti l’anno di Vita Spericolata: alla sua seconda partecipazione all’Ariston, Vasco Rossi si classificò penultimo (sotto di lui, al 26esimo posto, solo i Cieli azzurri di Pupo…). Dopo il danno, con una mossa alla Blasco arrivò pure la beffa: nel pieno della sua ultima esibizione abbandonò il palco svelando al pubblico il trucco del playback.
Ma se l’83 rimane l’anno in cui Sanremo prese uno degli abbagli più paradossali della sua storia, tra le fila dei brani non classificati andò quasi peggio. Escluso dalla serata finale e arrivato ultimo anche nelle votazioni della giuria popolare, 1950 di Amedeo Minghi passò in cavalleria in modo incomprensibile. Era, anche quello, uno dei pezzi più belli degli ultimi anni. E di quelli a venire.
Dal 1950 al 2000
“Quello che ricordo con particolare dolcezza è proprio 1950, che arrivando ultima ci sorprese tutti. Ci fu una grande tristezza per l’esclusione dal festival”, ha raccontato nel 2020 Minghi ai microfoni di All Music Italia. L’occasione era quella del ritorno all’Ariston, dove insieme a Rita Pavone ha cantato la canzone che quasi quarant’anni prima nessuno comprese. Un omaggio ai pezzi immortali della kermesse, per la serie: fare la storia del festival arrivando ultimissimi.
Come nel caso di Vasco, infatti, quello stesso anno Minghi presentò a Sanremo il brano che sarebbe diventato il suo cavallo di battaglia. Una canzone destinata a durare ben oltre il tempo del festival, ma che il festival non seppe intercettare davvero. 1950, title track dell’album omonimo, era la gemma di un progetto discografico in 8 tracce. “Un disco che mi sono fatto praticamente da solo – raccontò lui – c’è un pianoforte, una batteria e nient’altro. Ho tolto basso, chitarra e tutto quello che dava fastidio ai testi, che per me sono di grande importanza”.
Testi che raccontano un viaggio d’amore nel tempo, ambientato tutto nella Roma di Minghi, partendo dal dopoguerra per fare un salto nel futuro, fino al Duemila (quando gli anni Ottanta erano appena iniziati!). “Nel 1950 ero appena nato” raccontò a Maurizio Seymandi nell’83, ospite nella trasmissione Superclassifica show. “Ma era lo sfondo ideale, romanticissimo, per la storia d’amore tra un musicista e questa Serenella“.
Serenella, ti porto al mare
Quando dopo l’esperienza sanremese Amedeo Minghi venne invitato nel programma musicale Discoring, le sorti del brano già iniziavano a prendere una direzione diversa dall’esito della gara. L’accoglienza in studio fu piuttosto calda per una canzone che neppure si era classificata in finale, ma che era stata definita dalla critica “come una delle più romantiche, delle più poetiche e delle più belle di questi ultimi tempi”. ‘Serenella’ era sfuggita a Sanremo, ma non agli italiani.
In un Paese appena liberato dai tedeschi, Roma era il cuore di una nuova era che stava per iniziare. La Serenella che ancora oggi cantiamo in un moto altrettanto liberatorio, era una giovane donna che portava addosso i segni della guerra, ma con gli occhi spalancati sul futuro e lo sguardo acceso dall’amore. Il “vento di mare e di pini”, le attese spensierate, i giri in bicicletta e in vespa nella primavera del nuovo decennio. E poi quella gita a pochi chilometri da Roma, Serenella ti porto al mare e sembra di potersi riprendere il mondo: “La radio trasmetterà la canzone che ho pensato per te. E forse attraverserà l′oceano lontano da noi. L’ascolteranno gli americani che proprio ieri sono andati via”.