Variante Delta: Sydney torna in lockdown
I numerosi focolai hanno costretto le autorità australiane a imporre nuove restrizioni
La variante Delta preoccupa non solo l’Europa; le autorità australiane hanno disposto un nuovo lockdown, al momento dalla durata di poco più di una settimana, per tutti coloro che risiedono in alcuni dei quartieri più vivi e frequentati di Sydney. Durante le ultime settimane, la città australiana ha registrato numerosi casi; contestualmente è aumentato anche l’indice di mortalità. L’obiettivo è evitare che la nuova variante possa diffondersi a macchia d’olio e intervenire con celerità per contenere i focolai sembra essere l’unica opzione disponibile. È stato inoltre richiesto alle aziende di riprendere lo smart working e considerare la presenza negli uffici solo in caso di assoluta necessità. Diversi casi segnalati dovrebbero fare capo a un autista di limousine. L’uomo si sarebbe infettato a causa del contatto diretto con l’equipaggio di un volo internazionale dall’aeroporto di Sydney.
Preoccupa la variante Delta: in Italia aumentano i casi
Durante la conferenza stampa, tenutasi ieri 25 giugno, al termine del Consiglio Europeo, il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha sottolineato che: “la pandemia non è finita, non ne siamo ancora usciti” e in effetti l’incidenza della variante Delta sull’aumento dei casi non fa ben sperare. Prosegue la campagna vaccinale e l’Italia dal prossimo lunedì, 28 giugno, sarà zona bianca.
Tuttavia, come si legge sulla circolare diramata dal ministero della Salute, la contagiosità della variante (B.1.617.2) è superiore del 40%-60% rispetto alla Alpha. Si specifica inoltre che: “In Italia segnalati focolai di varianti del virus Sars-CoV-2, in particolare della variante Delta, che presentano una maggiore trasmissibilità o potenzialità di eludere parzialmente la risposta immunitaria. La circolazione di queste varianti ha portato ad un inatteso aumento dei casi in altri Paesi europei con alta copertura vaccinale, pertanto è opportuno realizzare un tracciamento e sequenziamento dei casi“. Ciò comporta che se non gestita nella maniera corretta, potrebbe portare all’ospedalizzazione, anche chi ha già ricevuto la prima dose del vaccino. A tal proposito, per alcune fasce d’età – dai 40 ai 60 anni – la campagna vaccinale è pressoché ferma; le complicanze associate ad Astrazeneca e i dubbi legati al mix di vaccini hanno comportato un rallentamento.