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Recovery, l’appello del commissario Gentiloni: “Tutta l’Europa ci guarda, l’Italia non può fallire”

L'ex premier mette in guardia dal macigno del debito pubblico e invoca unità tra forze politiche, sociali ed enti locali

Molto dipende da noi italiani, tutti ci stanno a guardare. Abbiamo il debito più alto“. Non gira intorno al problema, Paolo Gentiloni. L’ex presidente del Consiglio ed ex ministro degli Esteri, ora Commissario Europeo all’Economia, fa suo, e al tempo stesso stempera, l’entusiasmo che si respira di fronte alla prospettiva dell’arrivo a breve di 25 miliardi di euro da Bruxelles. Si tratta della prima tranche del Recovery Fund (il piano Next Generation Eu), importantissima per ridare fiato all’economia nazionale, senza però sottovalutare gli oltre 2mila miliardi di debito pubblico accumulati in decenni dal nostro Paese.

Guai a sedersi sugli allori

Il Recovery arriva al momento giusto – riconosce Gentiloni in un’intervista a RepubblicaLa ripresa è in atto. L’ottimismo è giustificato. L’Unione Europea avrà almeno per i prossimi due anni una crescita economica tra il 4% e il 5%. È una cosa senza precedenti“. Però non basta. “Molto dipende da noi italiani – scandisce l’ex premier – tutti ci stanno a guardare. Abbiamo il debito più alto“. Per questo Gentiloni ha auspicato solidarietà tra tutte le forze politiche del Paese. “L’intera classe dirigente ne deve essere consapevole. Con Draghi siamo fortunati. Servirà unità“.

“È come scalare una montagna”

Ma al Commissario Europeo all’Economia non basta, perciò insiste: “È l’insieme della classe dirigente che deve essere consapevole di quanto sia ambiziosa l’operazione. Anche in Parlamento. Ci vuole un’unità fuori dal comune tra forze politiche, sociali, enti locali. Dobbiamo scalare una vetta, non nuotare su un mare di soldi europei. Vale per noi e per gli altri” – e aggiunge “La leadership di Draghi  è un bene per il Paese. Quel che succederà in futuro dipende dalla politica italiana e dagli elettori”.

Indebitati ben oltre il Pil

Tornando ai problemi di indebitamento del nostro Paese, alla fine del 2020 il debito pubblico si era attestato a circa 2.569 miliardi di euro (dati Bankitalia). Una cifra enorme, pari al 157% del Prodotto interno lordo (Pil): la ricchezza prodotta in un anno nel nostro Paese. Un aumento dell’indebitamento resosi necessario per fronteggiare il blocco totale della produzione e dei salari a causa di lockdown e le successive chiusure. Nel 2019, l’anno prima del Covid, il debito pubblico italiano era pari al 134% del Pil. Nell’annata clou della pandemia, il 2020, questo valore è schizzato in alto di 23 punti percentuali. In passato, perché si verificasse un tale aumento, c’erano voluti decenni. La situazione, dunque, è e resta estremamente delicata. Aggravata pesantemente dalle conseguenze della pandemia che si protrarranno nel tempo. Basti pensare che il PNRR è spendibile fino al 2026: 5 anni per tentare di risollevarsi e tornare, quantomeno, ai livelli di benessere – già in calo – di prima del Covid.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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