“Oriana Fallaci, scrittore” recita l’epitaffio della giornalista al cimitero degli Allori di Firenze. Scrittore perché per tutta la vita non ha potuto fare altro che scrivere; scrivere di ciò che viveva, di ciò che l’appassionava, di ciò che l’angosciava. Oriana Fallaci nasceva il 29 giugno del 1929 inconsapevole di essere una predestinata, di poter diventare la donna da 20 milioni di copie vendute in tutte il mondo, quella che indistintamente ha saputo raccontare la moda come la guerra, l’America come la crisi economica, le donne come la cronaca nera, con una penna potente, in grado di disegnare le parole e renderle vivide, pesanti. Ha sempre avuto il sogno, sin da quando era bambina, di affermarsi nell’editoria e lo ha fatto anche in barba a chi sosteneva che il suo carattere schivo e turbolento caratterizzato da un corredo di parole pungenti e troppo schiette non potesse permetterglielo. Era una donna con le unghie laccate e la mente affamata; elegante nei passi, dura e profonda nello sguardo; come se fosse l’unica a conoscenza di un segreto universale, da condividere con il mondo svelandone solo le ombre. C’è un motivo se è stata ed è ancora, nonostante l’assenza fisica, Oriana Fallaci. Un nome e un cognome che hanno segnato la storia giornalistica e letteraria del nostro Paese.
Oriana Fallaci: dall’amore con Alekos Panagulis al racconto delle donne
Associato al nome di Oriana Fallaci c’è quello di Alekos Panagulis; perché se la scrittura era l’unico modo che avesse per sentirsi viva, l’amore con Panagulis rappresentava lo squarcio, l’imprevisto meraviglioso che la portava oltre il semplice vivere. Un sentimento forte, intenso che le è stato strappato via con forza, come se quella felicità a un certo punto non le spettasse più. Panagulis morì in un misterioso incidente e in lei si fece largo la tristezza di aver vissuto e perso il grande amore; la rabbia prese il sopravvento perché non aveva potuto fare niente per proteggere quel miracolo delicato che la vita le aveva concesso. A lui ha dedicato Un Uomo; romanzo sulla vita di Panagulis, che indaga la scelleratezza dell’umanità, delle questioni politiche più spinose.
Oriana Fallaci aveva la scrittura, quella non l’ha lasciata nemmeno quando la malattia che l’ha portata alla morte le ha tolto il resto. Il suo sguardo sul mondo ha prodotto pagine indimenticabili di giornalismo e letteratura. Non aveva nemmeno 20 anni agli esordi. Era non solo giovanissima, ma anche una donna che aveva tutta l’intenzione di affermarsi in un mondo quasi prettamente maschile. Con la perseveranza di chi non ha mai temuto il giudizio di un estraneo e la consapevolezza dei propri limiti e delle proprie capacità ha conquistato il ruolo che le spettava. Se lo è cucito addosso. Una maledetta toscana – così si è definita in vita citando Curzio Malaparte – che ha preso parte alla Resistenza, trasportando le munizioni da una parte all’altra del fiume Arno. Ha studiato medicina, ma la passione per le parole l’ha portata a lasciare l’università, senza mai terminare gli studi. A soli 17 anni aveva già apposto la prima firma per il Mattino dell’Italia Centrale.
Oriana Fallaci la donna che ha fatto della propria vita un manifesto di indipendenza e speranza
Venne poi licenziata per aver manifestato idee politiche nettamente differenti da quelle professate dalla testata e iniziò a nuotare nel mare magnum dell’informazione, con il solo e dichiarato scopo di arrivare a diventare una scrittrice. Oriana Fallaci ha sempre ribadito che il giornalismo era il mezzo, scrivere un libro il fine. Nel 1962 raggiunse il suo obiettivo, il momento topico della sua carriera: Rizzoli pubblicò Penelope alla guerra. Vanta infatti una carriera fulgida, splendente; interviste a Ali Bhutto, Haile Selassie, Indira Gandhi, Golda Meir, Reza Pahlavi, Yassir Arafat, Henry Kissinger, re Hussein di Giordania, l’Imam Khomeini, Ariel Sharon, Muammar Gheddafi e Deng Xiaoping e tanti altri esponenti politici e volti internazionali di rilievo. Anche sul fronti romanzi non è stata da meno: il successo duraturo di Lettera a un bambino mai nato, Se il sole muore e Quel giorno sulla luna solo per citare i più noti. Gli ultimi anni della sua vita, segnati da problemi di salute, non l’hanno fatta indietreggiare dall’impegno e non hanno scalfito l’immensità di una donna che ha fatto della carriera la propria vita e della vita in sé un manifesto di indipendenza e speranza.