La scuola tema travagliato in questi due anni di Pandemia è balzata in questi giorni al centro del dibattito su come bambini e ragazzi torneranno in aula il prossimo. I rischi della didattica a distanza di incentivare i problemi dell’istruzione sono reali, su tutti la dispersione scolastica. Il fenomeno già presente nel nostro Paese è il risultato di una serie di fattori sociali dai cui consegue la mancata, incompleta o irregolare fruizione dell’istruzione da parte di giovani in età scolare. Ci sono diversi tipologie: dal totale abbandono, al ripetere di uno o più anni di corso, fino all’interruzione temporanea. La dispersione si può verificare in diverse fasi della vita scolastica; tuttavia, è nei bambini che potrebbe causare le situazioni più problematiche. È per questo che associazioni come Società Umanitaria si occupano di contrastare il suo diffondersi sostenendo i più piccoli nel reintegro alle attività scolastiche. VelvetMAG ha raggiunto per voi l’avvocato Milena Polidoro, Direttore Generale di Società Umanitaria.

Intervista esclusiva per VelvetMAG

 

Avvocato Polidoro, come e quando nasce Società Umanitaria?

Società Umanitaria nasce il 29 giugno del 1893 su disposto testamentario di Prospero Moisè Loria, un mantovano considerato una persona straordinariamente avanti per i tempi. Un uomo che decide di mettere a disposizione tutto il suo patrimonio per la costituenda Società Umanitaria, che aveva come scopo quello di mettere i diseredati in condizioni di sollevarsi attraverso l’appoggio, il lavoro e l’istruzione; da qui nascono le prime case popolari a Milano o la prima scuola Maria Montessori di Milano.

La classe operaia è al centro degli interventi sociali promossi dalla Società Umanitaria ad inizio ‘900; le case popolari erano dotate di servizi specifici per le famiglie degli operai, per esempio. I bambini erano assistiti in pieno dalle educatrici e le donne lavoratrici potevano essere tranquille, perché c’era qualcuno che si occupava delle loro famiglie e dei loro figli. Ancora oggi lo spirito a fondamento dell’Umanitaria resta immutato.

Nella vostra mission è espresso un concetto che trovo interessante: “non solo beneficenza, ma assistenza operativa”. Le chiedo, in che modo l’associazione sviluppa tale assistenza?

Sin dalle origini, le cure e l’assistenza fornita da Società Umanitaria erano completamente diverse, rispetto per esempio ai sostegni dati solo per fare l’esempio più presente nel nostro tessuto sociale dalle comunità ecclesiastiche. Non si trattava solo di beneficenza, ma anche della possibilità di avere un lavoro, di imparare un mestiere; esistevano, infatti, scuole per orologiai, per il ferro battuto, per la sartoria: il lavoro insieme alla dignità. Con il tempo tutte queste cose si sono modificate, perché ovviamente si cambia. Oggi ci siamo focalizzati su quello che sappiamo fare: la formazione a 360° (con corsi autofinanziati o finanziati dalla regione).

Ci siamo, però, anche resi conto da principio che c’è tanta gente ha bisogno di non stare sola; così 20 anni fa abbiamo iniziato a creare realtà che potessero “fare compagnia” e occupare il tempo libero. Sono nati, quindi, i corsi Humaniter per la terza età, dal ricamo al teatro e le attività pensate per i giovani e i giovanissimi, fino ad arrivare all’attenzione per il fenomeno della dispersione scolastica. In questo modo, negli anni, le persone hanno iniziato a vivere la Società Umanitaria come se fosse la loro seconda casa.

Tra le numerose attività di Società Umanitaria, ha citato anche una particolare attenzione alla dispersione scolastica. Come si sviluppa il vostro impegno verso questo delicatissimo fenomeno?

Il Programma Mentore contro la dispersione scolastica nasce 22 anni fa. Abbiamo deciso di aiutare i bambini, per questo cerchiamo volontari che “persone normali” che seguano bambini “normali”. Molti hanno, infatti, grandissimi problemi di inserimento, soprattutto nel primo anno di elementari. Entrano in un mondo completamente nuovo e ci sono quelli che non hanno una struttura ancora formata e in grado di poter accettare tutte le novità alle quali possono andare incontro.

In che modo si sviluppa il Programma Mentore?

Tutto gira intorno alla scuola, l’istituto viene a conoscenza del programma perché Società Umanitaria va a presentarlo. L’ora che il bambino trascorre con il suo Mentore è all’interno della scuola e dell’orario scolastico, non si può uscire dall’istituto. L’attività svolta con il Programma Mentore è tutt’altro che semplice e, infatti, esiste una formazione che consente di comprendere a pieno in che modo va instaurata la relazione con il bambino. Costantemente i mentori fanno formazione, mensilmente hanno una psicologa che li segue. Non è facile fare il Mentore, ma quando poi si crea il rapporto con il bambino, ti cambia la vita. E’ un rapporto diverso da avere un figlio o un nipote; si diventa amici: tu sei amico suo e lui diventa amico tuo. È qualcosa che rimane dentro e che porterai con te sempre.

In che modo i bambini reagiscono al sostegno che viene loro offerto? Esiste sempre un esito positivo o possono esistere delle difficoltà?

I bambini che seguiamo con il Programma Mentore sono bambini dalle difficoltà più varie; dai casi più gravi, di bambini che non parlano, che non riescono ad esprimere i sentimenti neanche dal viso, ai bambini che sono iperattivi. Sono bimbi che hanno bisogno di avere a fianco un amico. Se dovessi dirle quanti bambini abbiamo portato via dalla strada o quanti bambini hanno deciso di ritornare a studiare, io non potrei avere dei dati scientifici.

Ma, abbiamo stipulato un accordo con l’Università Cattolica di Milano e con la professoressa Elena Marta, che ci segue da tanti anni, abbiamo creato dei questionari per i mentori, i referenti scolastici e le scuole per cercare di capire l’andamento del nostro lavoro. Poi è ovvio che dipende dalla personalità del bambino, dal contesto sociale, dalla famiglia, però il riscontro per i bambini seguiti è spesso positivo e la figura del Mentore può essere importante per lo sviluppo della loro vita di adulti.

Attraverso la vostra esperienza con il Programma Mentore, avete individuato le cause principali dalle quali scaturisce il fenomeno della dispersione scolastica?

Di base non esistono delle cause principali o dei contesti specifici dai quali il fenomeno della dispersione scolastica scaturisce maggiormente. Ovvio che molto dipende dal contesto delle famiglie, ma non c’è un presupposto preciso e invariabile. Ci sono scuole in pieno centro che hanno bambini bisognosi di aiuto. La dispersione scolastica può nascere perché un bambino non è capito, perché si sente a disagio, perché è preso in giro dagli altri. È chiaro che può dipendere da maltrattamenti subiti, ma, al contrario, basta anche che il bambino sia troppo viziato. Esistono mille cause, tanti tasselli che si possono unire insieme. Ovviamente in contesti più difficili il fenomeno si amplifica, poiché il problema in alcuni casi può essere, non tanto quello di fare tornare gli adolescenti a scuola dopo un temporaneo abbandono, ma addirittura di fargli iniziare il percorso scolastico.

Uno sguardo alla Pandemia mondiale che negli ultimi due anni ha cambiato le sorti e le regole del nostro Paese, nettamente in ambito scolastico, le chiedo: il Covid 19 ha cambiato lo svolgimento delle vostre attività?

La Pandemia ha stravolto il nostro programma. Ovviamente con le scuole chiuse è stato impossibile andare in sede per seguire il bambino; non potendo avere un contatto diretto (nemmeno il numero di telefono), fuori dal contesto scolastico, i mentori hanno mandato dei messaggi ai bambini, tramite il referente della scuola, per non farli sentire abbandonati e in certi casi è stato possibile fare delle videochiamate, ma sempre attraverso la scuola. Inoltre, abbiamo cercato di organizzare degli incontri mensili online mettendo insieme i mentori di tutta Italia, permettendo a tutti di potersi confrontare. E se anche il lavoro con i bambini non è stato possibile, il blocco della Pandemia ha permesso al Programma Mentore di poter migliorare; oggi, tutti non vedono l’ora di tornare a scuola, ma con una nuova consapevolezza: l’importanza delle relazioni.

Prima di salutarla e ringraziarla per il suo importante contributo, volevo chiederle se c’è un messaggio in particolare che sente di voler lasciare ai nostri lettori

Le cito uno slogan che ho sempre portato nel cuore e fatto mio: “un’ora alla settimana dedicata ad un bambino è un’ora che ti cambia la vita”.