In questi 10 anni dalla morte di Amy Winehouse si è detto di tutto. Ma adesso a raccontare chi era davvero Amy e interrogarsi su quel percorso instabile che l’ha portata a scomparire a soli 27 anni, è chi probabilmente la conosceva meglio di chiunque altro. Il libro di Tyler James, amico per la vita della cantante, è disponibile da oggi.
La mia Amy: il racconto di Tyler James
Tyler è cresciuto nell’East End di Londra, Amy nei pressi del quartiere Southgate. È stata la scuola di teatro di Sylvya Young a farli incontrare la prima volta, e da quel momento è nata un’amicizia indissolubile, intima, totalizzante. In fondo con Amy poteva essere solo così: tutto o niente. Tyler ha avuto il lusso di appartenere a quel ‘tutto’, e ora lo racconta in un libro che potrebbe far luce in modo inedito e definitivo sulla vita e la carriera della cantautrice. La mia Amy – questo il titolo – è il primo libro di James.
Scritto e pubblicato proprio in occasione del decimo anniversario della morte di Winehouse (23 luglio 2011), il libro è stato lanciato come “il suggestivo ritratto dell’amicizia indissolubile di una vita – e un’analisi spietata sulla celebrità, la dipendenza e l’autodistruzione“.
Vanity Fair ne ha pubblicato in esclusiva un estratto: bastano poche righe per capire che quello di James è un ritratto commovente e viscerale, denso di aneddoti privati, verità a porte chiuse, confidenze inaccessibili agli altri. Ha tutta l’aria d’essere la testimonianza più fedele sull’universo Winehouse a cui i fan potranno attingere per ricomporre il puzzle della sua vita.
Fino all’ultimo
Si sono incontrati a 13 anni. Entrambi adolescenti insicuri, entrambi caduti poi nel tunnel delle dipendenze, da cui però Tyler è uscito senza più guardarsi indietro. Sempre insieme fino all’ultimo giorno: dal primo tour negli anni più spensierati, e poi attraverso il matrimonio destabilizzante con Blake Fielder-Civil (che un anno dopo la sua morte avrebbe ammesso: “Ho portato mia moglie giù per una strada che non avrebbe mai dovuto percorrere”). E quindi il crollo sfiancante e inesorabile, l’aggressività, le cause legali, la claustrofobia generata dalla troppa fama. Tyler e Amy sono stati insieme fino all’ultimo, veramente. L’uno accanto all’altra verso quel 23 luglio 2011, al 30 di Camden Square, quando il corpo di Winehouse è stato ritrovato senza vita prima di aver tagliato il traguardo dei 28 anni. Entrando di diritto, tragicamente, nell’immortale club dei 27.
Gli album, la dipendenza, la verità
“Piangeva in modo disperato – racconta l’amico nel libro – Facevo appena in tempo a prenderla in braccio per metterla a letto, prima che crollasse. Era sconvolgente. Diceva sempre che scrivere canzoni è come prendere una penna, usarla per tagliarsi un braccio e sanguinare sulle pagine. E in quel periodo si stava davvero tagliando le braccia”.
Tyler James aveva una visuale privilegiata su quello che le stava accadendo. Non a caso, del paragone tra Frank (album d’esordio del 2003) e Back to Black (secondo disco del 2006), sottolinea proprio il passaggio da un registro più irriverente allo strazio personale che, invece, ha attraversato l’ultimo album dell’amica. “Penso che la gente si dimentichi di una cosa: quando Amy scrisse Back To Black aveva solo 22 anni… Per me, non è un disco divertente come Frank: è un album che trasuda dolore”.
“Era tipico di Amy trasformare in una storia divertente una situazione spiacevole come quella: Hanno cercato di mandarmi in rehab, ho detto no, no, no…”, racconta ancora. “Questa è una grande canzone pop! – pensai. Non le ho mai detto quanto mi piacesse, perché l’avrebbe odiata, quindi dissi solo che sarebbe stato un successo. Lei minimizzò. “L’ho scritta in 10 minuti e non è neanche la mia preferita”. Come anticipa la quarta di copertina, se c’è solo una persona che sa davvero cosa è successo ad Amy, quella persona è Tayler James.