“Sapevo che sarebbe stata la mia ultima partita in blucerchiato – in riferimento alla Coppa dei Campioni 1992, ndr – quindi c’era, dal punto di vista emozionale, un doppio carico. Anche Roberto Mancini era molto deluso e nello spogliatoio, quando tutti se n’erano andati, abbiamo cominciato a piangere. Boskov entrò e ci disse: ‘Uomini non piangono, quando perdono partita’. Ma io non ci ho mai trovato niente di cui vergognarsi”. Gianluca Vialli sa che nelle lacrime di un uomo non c’è vergogna; se poi c’è di mezzo il calcio e lo si è giocato per una vita, come si può non lasciarsi andare? Come si può pensare che un ciclo vincente ed emozionante giunto al termine, come quello vissuto alla Sampdoria, non lasci il segno? Oggi Vialli, uno dei due gemelli del gol più famosi del calcio nostrano, compie gli anni e lo fa avviandosi, in qualità di dirigente, al fianco del suo compagno di avventure, Roberto Mancini, l’altro gemello, alla finale di Euro 2020. Questo compleanno non è come gli altri; è un compleanno da guerriero: “Sono qua con tutti i miei difetti e le mie tante paure, ma anche con la voglia di fare qualcosa di importante”.
Gianluca Vialli un compleanno azzurro
Sampdoria, Juventus, Chelsea e un po’ anche il mancato sì al Milan; Gianluca Vialli, negli ultimi 57 anni, di ricordi calcistici ne ha raccolti tanti. Dalla finale del 1992 di Wembley contro il Barcellona, quando vestiva la maglia blucerchiata, al 1996 quando con la Juventus salì sul tetto d’Europa. Fatale l’incontro con Mancini; i due si sono conosciuti quando gli anni ’90 non erano ancora iniziati. Insieme erano una certezza; quando si avvicinavano alle difese avversarie non ce n’era per nessuno: un tandem micidiale che spiazzava e portava punti e l’unico magico scudetto della Doria. Oggi sono ancora insieme: uno è dirigente l’altro è allenatore della Nazionale. La prossima domenica, 11 luglio, saranno a Londra e Gianluca abbraccerà Roberto, che l’Italia vinca o perda; perché gli scarpini a un certo punto sono finiti appesi al chiodo, ma la loro amicizia no, mai.
Un compleanno tinto d’azzurro da Coverciano a Londra; un compleanno azzurro sì, considerando anche che 15 anni fa esatti l’Italia di Lippi diventava campione del mondo. Quello di Gianluca Vialli però è anche un compleanno da guerriero, come si diceva, perché in ballo c’è la gioia del calcio, ma anche le sfide brutali che la vita lancia senza avvisare: “Io con il cancro non ci sto facendo una battaglia perché non credo che sarei in grado di vincerla, è un avversario molto più forte di me. Il cancro è un compagno di viaggio indesiderato, però non posso farci niente. È salito sul treno con me e io devo andare avanti, viaggiare a testa bassa, senza mollare mai, sperando che un giorno questo ospite indesiderato si stanchi e mi lasci vivere serenamente ancora per tanti anni perché ci sono ancora molte cose che voglio fare“.
Ma oggi non c’è spazio per il dolore, oggi lo sguardo di Vialli va verso i sogni quelli vicinissimi, a un soffio e quelli che verranno: “Mancini è un leader sereno e sa che non deve dimostrare nulla a nessuno. Questa Italia è un mix tra disciplina e libertà. Con Roberto siamo diventati amici alla Samp, condividevamo gli stessi sogni e continuiamo a farlo”. Inutile sottolineare che il primo pensiero di Mancini, questa mattina, è stato quello di augurare buon compleanno al suo “fratellino“.