Mio padre, Enzo Jannacci, era addirittura elettrizzato. Sembrava che saltasse felicemente sopra i carboni ardenti, dopo aver composto La Rossa, il brano ‘cucito su misura’ per Milva“Elettrizzato sui carboni ardenti”, una definizione da scenario alla Battiato, ma è Paolo Jannacci (in un’intervista ad AdnKronos, rilasciata il giorno della morte della cantante) a ripescare dai ricordi della sua infanzia l’immagine che aveva del padre mentre componeva per Milva uno dei brani più rappresentativi della sua carriera. 

Milva e Jannacci

È il 1980, un anno d’oro per Milva, segnato prima dall’incontro artistico con Jannacci e poi da quello con Franco Battiato. Da entrambe le collaborazioni usciranno fuori alcuni dei suoi più grandi successi. Prima che Alexander Platz si trasformi in un cavallo di battaglia su scala internazionale, Jannacci si dedica completamente, in veste d’autore e produttore, all’album che diventerà per lei una sorta di manifesto musicale e personale: La Rossa. Pubblicato con la Ricordi, interamente scritto e arrangiato da Jannacci e Massara, la consacra ad incarnare quel soprannome che, nell’immaginario collettivo, si imporrà come la sua essenza.

Quando la rossa cominciò a cantar: un ritratto infervorato della sua presenza scenica, della sua potenza vocale ,dell’atteggiamento seduttivo e teatrale con cui dominava il palco, quasi a far l’amore con l’asta del microfono. Janacci eleva a slogan tutto quello che “La rossa” poteva rappresentare: insieme il nome d’arte, la fede politica, il colore di una chioma mai cambiata negli anni, i tormenti sentimentali e la personalità inafferrabile dell’artista. Anche nella sua inclinazione più melò, alla Milord (brano di Édith Piaf che, infatti, Milva ha fatto meravigliosamente suo): Povera rossa, fingi l’allegria“.

La Rossa

Di quel lavoro sartoriale, e non solo discografico, che Jannacci fece con la sua immagine, anni dopo Milva racconterà (in una intervista per Gay.it): “Il rosso è un modo di avere il cuore a sinistra, è un modo di sentire, che è poi la canzone che ho cantato con Enzo Jannacci e che ha mille significati”.

Mille significati che vanno dagli anni della giovinezza (“Venuta su a patate e lenti”) all’approdo sulla scena del teatro milanese, insieme a Strehler (“La faccia con i bigodini”), carezzando con tatto quell’inclinazione all’impeto e poi al rimpianto (“E il trucco passò forse troppo in fretta, la gola che si stringe per dispetto”). Nata come Pantera nel trittico femminile che divideva con la Tigre (Mina) e la cantante della Mala (Vanoni), accomunate da un cortocircuito dei sensi, tra perfezione canora, emancipazione e sensualità scandalosa, da quel momento Milva diventerà definitivamente La Rossa.